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Cnr, centro niente ricerca
Ha trovato il
Cnr nel 2014 con 70 milioni di buco, e lo lascia con 70 milioni di buco. Cioè,
non lo lascia: la presidenza Inguscio al Cnr è come se non ci fosse stata in
questi sette anni, ma il governo la proroga con ogni decreto per l’emergenza
covid, fino a fine luglio, poi al 15 ottobre, poi…
Dopo il 15
ottobre non si sa, ma il presidente del Cnr è stato messo lì da Renzi e quindi
non si tocca. La presidenza Inguscio è scaduta a febbraio, ma tra le tante
pietre d’inciampo che Renzi solleva ogni due giorni al governo, il Mes, la gestione
del Recovery Fund, la direzione Rai, che
pure non è scaduta, il Cnr si segnala per la sua assenza. La ricerca è, come l’energia,
ancora campo chiuso per la vecchia gestione democristiana del potere, cioè
delle università, e il Pd ne perpetua l’infeudamento.
Non è un buon
segno per la ricerca scientifica, si direbbe. Ma il Cnr non fa ricerca: è un
organismo burocratico che si limita a gestire le spese del personale – la Cgil
Ricerca, la direzione Personale e il presidente Inguscio stanno anche fisicamente
insieme, nel palazzo a piazzale Aldo Moro. Gestisce i 70 milioni che ogni anno gli
mancano, da quando il governo Monti gliene ha sottratto la dotazione.
Lo Stato non
fa ricerca. L’Istat dice che l’Italia spende in ricerca lo 0,5 per cento del
prodotto interno lordo. E ha 5,6 ricercatori ogni mille abitanti – cifra assurda,
saremmo un popolo di scienziati. Mentre la verità è che lo Stato non spende
niente nella ricerca pura, necessariamente pubblica. E la capacità italiana di
attirare risorse dall’European Research Council, che finanzia la ricerca in Europa,
con un forte contributo italiano, è tra le più basse. Anche se gli italiani
sono i primi, o secondi, per numero di
progetti vinti in sede europea. Ma sono italiani che lavorano oltralpe. Il Cnr,
che dovrebbe coordinare e promuovere, non sa farlo – non lo ha fatto
specialmente in questa lunga gestione “renziana”.
La ricerca si
finanzia autonomamente, concorrendo ai vari bandi regionali (le Regioni
finanziano la ricerca) e internazionali. Quello che lo Stato spende secondo l’Istat,
lo 0,5 del pil o quel che sia, che è comunque la metà della Germania, lo spende
per l’industria collegata alla ricerca: lo spaziale soprattutto, i poli tecnologici
di Genova e Miano, l’Infn, con i suoi costosi impianti a caccia di particelle.
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