Come rivivere in un film, due e tre volte
Una vecchia coppia ritorna agli
anni Settanta, quando si sono conosciuti: un maniera per rivitalizzare il rapporto
– per raccontare la terza età sfuggendo al lacrimevole. Usando i mezzi che lui,
disegnatore, fumettista, rifiuta – non ha neanche il cellulare: le
ricostruzioni storiche su ordinazione, roba da network, da serie che spopolano
sui social.
Un’idea geniale. Di raccontare la
terza età sfuggendo al lacrimevole. E di fare un film su come si fa il film, sulla
sceneggiatura: la rappresentazione dal vivo - dal vero – di come si crea una
storia e un film. Con un’attrice brillante dalle molte carature, Doria Tillier,
che tiene il passo di Diinel Auteuil e Fanny Ardant.
Tillier, attrice già matura, s’illustra
per tre o quattro pellicole, non viste in Italia – una con lo stesso Bedos. Qui
è solo formidabile. Attrice di teatro dai pochi spettatori, che per vivere, e
per l’amore non felice che la lega al produttore, accetta i ruoli degli sceneggiati,
telecomandata dallo stesso nevrotico produttore sullo storyboard tramite
auricolare, più spesso si ribella e recita a soggetto, sdoppiandosi,
triplicandosi, quadruplicandosi, bionda, bruna, rossa, amante turbolenta,
ragazza romantica, madre di famiglia, amica affettuosa. Una presenza ben fisica
ma sfuggente, la sua sedia alla fine storia di ogni storia è sempre vuota, che
invece risolve.
Un film apprezzato all’ultima
Festa del Cinema a Roma da vivo, prima del virus. Che sembra un altro modo, ma
era appena ieri.
Nicolas Bedos, La Belle Époque, Sky Cinema 2
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