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I romei traditi da madre Grecia
Ritagli, frattaglie. Otto
rimasugli del Camilleri greco – greco di Turchia, trapiantato in Germania. Un
paio del suo “Montalbano” Charitos – sposato, con figlia e genero, e cucina
domestica – svogliati. Gli altri sono appunti - le “rotte dei migranti” che l’editore
vanta nel sottotitolo non ci sono. Ma il racconto lungo “Tre giorni”, che
prende la metà dell’antologia, merita: è una primizia, straordinaria.
Un racconto sui greci di Istanbul
– Costantinopoli, “la Città”. Sui “romei” – romani. Una delle tre o quattro grecità
distinte: di Turchia, della Grecia continentale, di Creta, di Cipro. Un
racconto vivace. Straordinario perché è un mondo di cui non si parla mai. Turchizzato
o meno ma comunque sempre estraneo ai turchi – anche prima dell’islamizzazione
forzata imposta da Erdogan. Straordinario anche perché è colto in un momento in
cui è la grecità a minacciarlo: l’avventurismo del vescovo Makarios a Cipro,
contro i turchi isolani, con la formazione di un gruppo terroristico antiturco,
l’Eoka. Il racconto è una cronaca del 5-8 settembre 1955, dell’attentato alla residenza
di Kemal Atatürk a Salonicco, del tempo in cui vi era stato in esilio, e del
conseguente pogrom antigreco a Istanbul. Che Markaris ha vissuto evidentemente
da vicino, allora aveva 18 anni, non era ancora emigrato in Germania, e sa comunque
rendere vivo.
Con una verità semplice: portano il velo, in Turchia,
le donne, per loro volontà, anche contro la volontà dei mariti.
Petros Markaris, L’assassinio di un immortale, La nave
di Teseo, pp.186 € 12
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