sabato 19 dicembre 2020

Il mondo com'è (417)

astolfo

Bach – Quando morì non se ne fece l’annuncio. Solo quattro anni dopo, breve, col titolo “Suonatore d’organo di fama mondiale”, che non voleva dire nulla, giusto un “echo” pubblicitario di qualche editore. Con le qualifiche di “compositore di corte” e “maestro di musica”. Senza un cenno alle opere. È per questo che non ci sono autografi: se ne scrive molto, da qualche tempo moltissimo, ma sono congetture. S’era dovuto arrangiare. Accettare un incarico alla corte sassone di Dresda, quasi straniera, snobbato dagli ottimi fabbricanti di organi di quella città, come già a Lipsia, intrattenersi soprattutto con nobili slavi, copiare montagne di musica non tedesca, andare fino a Potsdam a suonare il piano a Federico il Grande, che non si degnò di ascoltarlo, nonché elogiarlo e remunerarlo. Il suo solo viaggio all’estero fu a Carlsbad, a passare le acque, che si trovava in Boemia, terra asburgica. Si capisce che il suo figliolo più giovane abbia presto cercato fortuna in Italia, con Mozart che incrocerà a Milano e Bologna e poi a Londra.
 
Eugenetica - A Mosca il comunismo sperimentò nel 1932 l’accoppiamento di una donna con un orango. Per migliorare la razza dell’orango? Per provare Darwin.
Questo precedente è mancato a Nolte, nel suo sistema della “colpa è sempre degli altri”: qui la colpa è senz’altro degli altri. Ma bisogna dire che in fatto di Aktion T 4 (eliminazione delle “vite indegne di essere vissute”, portatori di handicap mentali o malattie genetiche inguaribili) ed eugenetica Nolte tace su tutti i fronti - l’eugenetica adorna i petti migliori.
 
Freud  - Ebbe una figlia bellissima, Anna, e la tenne chiusa in casa. La figlia amava le donne, e Freud non lo seppe mai. Anna si portò in casa l’amica del cuore, che era la casa di Freud. Una vita a tre di cui Freud non si accorgeva, a Vienna e a Londra. Anna tenne in terapia il figlio dell’amica per 45 anni.
 
Anna era il nome di una sorella di Freud, la prima delle cinque, e fu la sola a sfuggire alla furia hitleriana, essendo emigrata in America giovanissima nel 1889. Le altre sorelle, Rosa, Marie, Adolfine e Pauline, Freud inspiegabilmente lasciò inaccudite a Vienna quando, dopo l’Anschluss, si decise a emigrare, e finiranno in campo di concentramento, tra il 1942 e il 1943. Del loro destino nessuno si è mai occupato, i biografi di Freud tutti sorvolano. Giusto Jones le ricorda, per dire, a proposito della loro fine, che «Freud, per fortuna, non avrebbe mai saputo nulla di ciò che sarebbe accaduto loro», essendo premorto, a Londra, onorato, in una bella residenza, nel 1939. D' altra parte Freud, commenta lo stesso Jones,  “non aveva alcun motivo di preoccuparsi delle sorelle, visto che all’epoca del suo trasferimento a Londra la persecuzione degli ebrei era appena cominciata”. Ma questo non è vero: Norimberga era legge da qualche anno, Freud fu subito importunato dalle SS, Anna fu rinchiusa in camera di sicurezza. Il 13 marzo l’Anschluss fu dichiarato, il 15 marzo Freud  subì una prima irruzione in casa, di attivisti nazisti in divisa, che pretesero una taglia, il 22 marzo la Gestapo fermava Anna.
L’emigrazione si prospettò subito. Si dice che Freud nicchiasse, perché si sentiva vecchio, e non abbastanza ricco per traslocare. Ma non nella corrispondenza: subito con i corrispondenti registra la minaccia. E avvia la pratica per l’emigrazione. Paga le due tasse imposte dal nuovo regime agli ebrei che emigrano, la Reichsfluchtsteuer, per il diritto all’emigrazione, e la Juva, Judenvermögensabgabe (patrimoniale speciale per gli ebrei), conclude rapidamente la complessa burocrazia per l’espatrio, e il 4 giugno parte per Londra, dove abiterà il comodo Maresfeld Garden. Può portare con sé tutto quello che vuole, compresa la collezione di statuette antiche, e i familiari che vuole. Compilò una lista di 17 individui: la moglie, i figli e i nipoti, le due cameriere, il medico personale con la famiglia, e il cane.  Ma non le sorelle.
 
Vittorio Mussolini dirà che la partenza fu facilitata dall’intervento del padre, ammiratore di Freud. Il quale gli aveva mandato copia con dedica del libro sulla guerra, in originale tedesco, “Warum Krieg?”, perché la guerra. La dedica è impegnativa: “A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà” – il libro con la dedica si conserva tra i resti della biblioteca di Mussolini all’Archivio Centrale. Se non che, due mesi dopo aver ricevuto il libro, Mussolini firmava sul “Popolo d’Italia” un articolo di condanna della psicoanalisi come impostura.
La vicenda è analizzata in un libro di Roberto Zapperi, “Freud e Mussolini”. E molto ridimensionata. Il 25 aprile 1933 Freud ricevette per un consulto lo psicoanalista triestino Edoardo Weiss, col suo paziente Gioacchino Forzano, il drammaturgo. Forzano portava in regalo a Freud un volume con i drammi scritti in collaborazione con Mussolini, tradotti in tedesco. Freud contraccambiò col libro sulla guerra e la dedica.
 
Hitler – Se ne può dire molto, fuori dell’anatema. Poi indiscutibilmente la “belva”, fu fino alla Cecoslovacchia onorato più che temuto. Per aver risollevato la Germania, anche se con qualche eccesso manesco. Gli accordi di Monaco trovarono entusiasti i pacifisti, non soltanto l’opportunista Chamberlain - tra essi Simone Weil, politologa per ogni altro verso acuta.
In tutto copia-succube di Mussolini, ne adotta pure il marmo, il travertino, invidiosissimo dell’architettura Novecento colossale, di Speer tentando di fare un Piacentini.
Invade la Russia come a una scampagnata, scrivevano gli inviati di guerra Malaparte e Lino Pellegrini, nelle giornate tiepide dell’Ucraina a giugno.
 
Si rappresentano Hitler e il nazismo come una barbarie soprammessa alla Germania, mentre furono popolarissimi. Brutti ma abili: bambini e ragazzi vissero privilegiati e accuditi, d’inverno e d’estate, in città e nei campeggi, i film luce erano fantastici di luci e avventura, il nemico considerato sempre vinto. Fu una galoppata di cavalli, non di asini.
 
Sartre-Simone de Beauvoir – Furono, fin dagli inizi, una coppia aperta, ma anche adescatori, cioè reprensibili, secondo l’etica odierna. Lei in particolare, essendo bisessuale, ha portato nella coppia giovani che poi hanno lamentato la relazione come un trauma. Tre in particolare, Olga Kosakiewicz, Bianca Bienenfeld (poi Lamblin) e Natalie Sorokin, che il ménage à trois con Sartre e De Beauvoir quando erano al liceo avrebbe danneggiato psicologicamente.
Nel 1939 Simone de Beauvoir è sospesa un prima volta dall’insegnamento per il rapporto con Bianca Bienenfeld, una sedicenne, figlia di un ebreo polacco rifugiato in Francia per sfuggire ai pogrom. Ripreso l’insegnamento, ne sarà definitivamente sospesa il 17 giugno 1943, alla fine dell’anno scolastico, a seguito di un denuncia per “eccitazione di un minore alla dissolutezza” – una denuncia depositata a dicembre del 1941 dalla madre di Natalie Sorokine: il processo si era concluso con un “non luogo a procedere”, ma il ministero dell’Istruzione tenne conto della denuncia. La relazione insegnante-allievo non è infrequente né illegale in Francia – il presidente Macron è uno, che a sedici anni è stato innamorato dall’insegnante di Lettere Brigitte Trogneux, poi sua moglie, allora quarantenne, sposata e madre di tre figli. Ma nel 1943 il ministero tenne conto del precedente. Simone de Beauvoir non contestò il licenziamento. Sarà reintegrata nell’insegnamento alla liberazione, il 30 luglio 1945, ma non insegnò più.
Bianca Lamblin, una cugina di Georges Perec, ebbe anch’essa come insegnante a sedici anni SdB, con la quale intrecciò una relazione. Di cui fu parte presto anche Sartre. Di lei ci sono molte tracce nella corrispondenza tra Sartre e SdB, sotto lo pseudonimo Louise Védrine - nelle “Lettere al Castoro e alcune altre” di Sartre, pubblicate nel 1990. Lamblin reagì polemicamente nel 1993, con i “Mémoires d’une jeune fille dérangée”, mimando un celebre titolo di SdB, “Mémoires d’une jeune fille rangée”.
 
Olga e la sorella Wanda, anch’essa amante di Sartre, e forse di De Beauvoir, erano attrici. Olga sposerà nel 1946 Jacques-Laurent Bost, un vecchio amante di de Beauvoir. La coppia Bost resterà una delle amicizie più consolidate di Sartre e de Beauvoir. Olga e Wanda accudiranno Sartre saltuariamente, accompagnandolo nei viaggi o di notte a casa sua, negli anni 1970. Due delle tanti  amanti che se ne occuparono, nel decennio di decadimento fisico che Sartre visse fino alla morte (morirà il 15 aprile 1980), insieme con altre vecchie relazioni, anche di molti anni: Michèle Vian, ex moglie di Boris Vian, Liliane Siegel. Con l’aggiunta di amiche giovani. E delle figlie adottive della coppia: Sylvie Le Bon, di SdB, e Arlette Elkaïm, di Sartre. Ancora nel 1978, nota Simone de Beauvoir in “La cerimonia degli addii”, benché afflitto da amnesie, incontinenza, frequenti cadute, solitario in casa o per strada, tra gli eccessi di alcol e di fumo, “frequentava sempre molte giovani”: Melina, “la giovane greca” che l’anno prima aveva licenziato, con una piccola somma per le sue spese a Parigi, “e numerose altre”. E di questo si vantava: “Non sono mai piaciuto di più alle donne”. Non senza ragione, commenta SdB, “è a molte di esse che doveva il piacere di vivere”, malgrado le menomazioni fisiche. Donne, giovani e non, che anche manteneva: ancora nel 1978, nota SdB, “versava regolarmente ogni mese somme abbastanza grosse a diverse persone”. Al punto da indebitarsi e non poter spendere per sé nemmeno per la cose minute. 
 
Simone de Beauvoir, oltre che col “giovane Bost”, allievo di Sartre, ha avuto una relazione lunga con Nelson Algren, romanzata nei “Mandarini”, poi testimoniata dalla pubblicazione della corrispondenza.  E, da luglio 1952 al 1958 con Claude Lanzmann, che ritroverà nei sei anni che sopravvisse alla morte di Sartre, fino al 1986. Con Sartre ha continuato a darsi del voi, come usava un tempo, tra vecchi coniugi, non più amanti.

astolfo@antiit.eu



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