giovedì 17 dicembre 2020

La Bce contro le banche

È fragoroso il silenzio della Bce sulle banche, nel blocco ormai quasi annuale dell’attività economica. Se non per raccomandare l’aumento della liquidità, con limitazioni ai dividendi e l’esclusione del buy-back a sostegno delle quotazioni. In una situazione in cui le banche galleggiano sulla liquidità – stimata in Italia di ammontare attualmente superiore al pil nazionale.
I problemi della banche sono due. L’inattività, con costi generali che comunque corrono - Intesa, Unicredit e ogni altro istituto, grande e piccolo, hanno soprattutto un problema di inappetenza. E i crediti incagliati o insoluti che tornano a riemergere per l’inattività del sistema produttivo, i famigerati minacciosissimi npl, non performing loans. 
Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha alleggerito questo fardello. Dal lato consumo, facendosi carico dei mutui sui debiti degli studenti, sui ratei automobile e sulle carte di credito. Dal lato produzione acquistando obbligazioni aziendali, seppure di emittenti di rating elevato. In Europa solo minacciosi avvertimenti.
La Bce, orientata da Draghi sulla politica monetaria, un fronte sul quale è finora vincente, è impacciata e quasi indispettita a fronte dei problemi bancari. Anche se è, istituzionalmente, la banca delle banche.
È facile dirsi o porsi contro le banche, e la Bce, bizzarramente, sembra collocarsi su questo fronte.
Nella patrimonializzazione su cui insiste, altra bizzarria, la Bce non cessa di raccomandare alle banche aumenti di capitale. Pagati da chi, dagli investitori che la Bce raccomanda di non remunerare?

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