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La scoperta di Pompei
La giovane Marcella, figlia di
Arrio Diomede, “invisibile agli occhi grossolani”, è sensibile al minimo segno
di attenzione: lo sguardo del giovane Ottaviano sulla polvere rappresa degli
scavi con le forme del suo giovane seno. “Non si è veramente morti”, gli dice
una notte di luna, “che quando non si è più amati”. E viceversa: “Il tuo
desiderio mi ha reso la vita, la potente evocazione del tuo cure ha soppresso le
distanze che ci separavano”.
Una novella romantica, con molta
storia, e cose viste. Un incantesimo, una notte di luna, passeggiando per gli
scavi dopo avere assistito nel teatro della città sepolta alla commedia
“Casina” di Plauto. Del desiderio, o voglia di vivere, che gli dei non saprebbero
conculcare o cancellare. Ma sì nel caso di Marcella, che il padre Arrio, neofita
cristiano, condanna col peccato alla dissoluzione.
Un racconto modellato sull’esperienza
vissuta da Gautier a Napoli nel 1850 - ne fu espulso per motivi politici - ma
di più sui “Souvenirs de Pompéi”, di Nerval, 1845. E su alcuni temi dello
stesso Nerval, il poeta narratore visionario che sarà un paio d’anni dopo
suicida: la morte delle religioni, l’amore che vince la morte, la conoscenza
attraverso le passioni.
Un racconto del soprannaturale, di
Pompei dal vivo. Ma di un mondo, Napoli, il Vesuvio, gli scavi, oggi e ieri,
tutto declinato al sublime. Che incanta per la malinconia che suscita. Non per
Arria Marcella, ma per il mondo che evoca, compresi i
“ciceroni” che vi s’impongono, apprezzato, ammirato, rispettato, e non
insolentito come ora usa.
Théophile Gautier, Arria Marcella, Flavius, pp. 64, ill. €
12
Livre de Poche, pp.96, ill. € 2
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