giovedì 10 dicembre 2020

La scoperta di Pompei

La giovane Marcella, figlia di Arrio Diomede, “invisibile agli occhi grossolani”, è sensibile al minimo segno di attenzione: lo sguardo del giovane Ottaviano sulla polvere rappresa degli scavi con le forme del suo giovane seno. “Non si è veramente morti”, gli dice una notte di luna, “che quando non si è più amati”. E viceversa: “Il tuo desiderio mi ha reso la vita, la potente evocazione del tuo cure ha soppresso le distanze che ci separavano”.
Una novella romantica, con molta storia, e cose viste. Un incantesimo, una notte di luna, passeggiando per gli scavi dopo avere assistito nel teatro della città sepolta alla commedia “Casina” di Plauto. Del desiderio, o voglia di vivere, che gli dei non saprebbero conculcare o cancellare. Ma sì nel caso di Marcella, che il padre Arrio, neofita cristiano, condanna col peccato alla dissoluzione.
Un racconto modellato sull’esperienza vissuta da Gautier a Napoli nel 1850 - ne fu espulso per motivi politici - ma di più sui “Souvenirs de Pompéi”, di Nerval, 1845. E su alcuni temi dello stesso Nerval, il poeta narratore visionario che sarà un paio d’anni dopo suicida: la morte delle religioni, l’amore che vince la morte, la conoscenza attraverso le passioni.   
Un racconto del soprannaturale, di Pompei dal vivo. Ma di un mondo, Napoli, il Vesuvio, gli scavi, oggi e ieri, tutto declinato al sublime. Che incanta per la malinconia che suscita. Non per Arria Marcella, ma per il mondo che evoca, compresi i “ciceroni” che vi s’impongono, apprezzato, ammirato, rispettato, e non insolentito come ora usa.

Théophile Gautier, Arria Marcella, Flavius, pp. 64, ill. € 12
Livre de Poche, pp.96, ill. € 2

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