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La sparizione della libido occidentale
“Ero capace di essere felice nella
solitudine”. Senza più desiderio sessuale – se non l’immagine di una ragazza
castana intravista a Al Alquial. Senza più desiderio. Giusto quello di nascondersi,
anonimo, in città. Un Mattia Pascal aggiornato – se non che pretende di avere
cambiato banca in quindici minuti, e domiciliazioni bancarie in poche mail: in
che paradiso? Ma è vero che internet aiuta, non c’è più necessità di un
domicilio fisico.
La storia di un deragliamento,
minimale, urbano, da pianerottolo. Seguito passo passo, come fosse organizzato,
dalla vittima-soggetto della narrazione. Un filo tenue per un reportage in realtà, della Francia,
dell’Europa, come è oggi, come Houellebecq la vede. Una volta creata con poco, il ricorso a uno degli
antidepressivi oggi in gran spolvero, che inducono l’impotenza, una nicchia, un
posto d’osservazione marginale, esterno, comodo, per l’osservatore-soggetto.
Non un romanzo - o allora uno come ora usa, di narrazione documentaria.
Houellebecq capitalizza sulle
proprie fobie, quelle riconosciute o coltivate, che ne fanno personaggio. Il suo narratore, scorretto per principio, fuma, beve, e procede
tematico, per una serie di catilinarie come da scaletta. Il sesso - unico tema
ricorrente, in tutti i modi (obbligato in Francia il successo vent’anni fa di Catherine Millet, già
direttrice della Biennale d’arte di Parigi, con il racconto illustrato della
sua vita sessuale di gruppo). La fine delle albicocche del Roussillon o dei
formaggi di Normandia. Gli amori, uno a uno, storie di quello che è stato o
avrebbe potuto essere. Il governo nazionale delle cose inesistente, quello
europeo impotente. La “libertà di fumo” anch’essa è ritornante, contro “l’oppressione
legale”. Una lunga serie di arrabbiature le prende da Cioran, dai pensieri di
Cioran, dando loro forma narrativa: sul peccato, il futuro, gli ogm, il porno,
le donne, i nerd. Da “perdente, quarantenne”. Contro Blanchot, la scrittura inedibile,
e contro Laurent Bafie (Binet?), la scrittura facile.
Sempre felicemente scorretto, ma
meno spiritoso. Da femminista antifemminista – qui sa di resa dei conti, anche
cattiva: le uniche donne che salva sono le puttane, per la “generosità”. Da bio
antibio. Da (sartriano) razzista antirazzista – disprezza le “identità”, quelle
degli altri, dall’Olanda al Giappone, dal ministeriale al trafficante, dal
cattolico al buddista, mentre lamenta la sparizione della Francia, dell’Europa.
Da consumatore anticonsumista. Da antifranchista, perfino, franchista: il
deragliamento inizia col genio di Franco, che ha creato i paradores – il restauro e riutilizzo degli edifici storici – per i
turisti di lusso, e gli apiari di Benidorm e Torremolinos come seconde case per
i macellai del Nord Europa. Dopo la Francia governata dal mussulmano, “Sottomissione”,
la Francia - l’Europa - dei formaggi e le albicocche impossibili, come degli
amori, scaduti a youporn. Una lettura che deve avere
stancato i recensori – o Houellebecq è antipatico, essendo scorretto? – poiché
nessuna lettura collima.
L’impotenza come una metafora
della Francia, dell’Europa, dell’Occidente. Lo sguardo critico è di uno che si
è voluto impotente e si è cancellato alla società, se non all’anagrafe. Giusto
un amico torna a incontrare, di gioventù: un nobile che vuole preservare l’allevamento
e l’agricoltura biologici, e per questo viene abbandonato dalla moglie e spogliato
da banche e creditori, da cui il narratore si fa insegnare, sempre depresso ma d’un tratto
volitivo, a sparare. C’è anche questo, una sorta di raptus trumpiano. In
parallelo con un curioso straparlare – curioso per un autore solitamente controllato,
misurato. E molto alcol, oltre che sesso, in ogni piega, fino al vecchio
pastis. Un racconto forse da disappetente, più che da depresso.
Il tema non è semplice: è “la sparizione della libido occidentale”. Sotto il “catenaccio ideologico” della mondializzazione. E il personaggio non è antipatico,
benché ci ripensi per quattrocento pagine. È contro le “dittature legali” – niente
fumo, limiti di velocità “ridicoli”, 120 km\h, che sull’autostrada piatta e
diritta inducono il sonno. Per il “turismo di charme”, con frigorifero fornito.
Contro Daikichi Amano, il fotografo lutulento. Ma coltiva la bravura. Per
liberarsi dalla compagna giapponese, che ha invitato da Parigi sulla Costa
Brava in una colonia naturistica, scrive una frase di tre pagine. Bissata, a
seguire, da due pagine per Franco, l’inno alla gloria – ironico ma non del
tutto.
Un Houellebecq sempre più
identitario. Che annienta alla fine Proust e Thomas Mann, i giganti del secolo
– il suo, il Novecento. Solo salvando Conan Doyle…: il più leggibile – page turner - “senza dubbio il migliore
della storia letteraria mondiale”, ma “soprattuyto un animo nobile, di cuore
sincero e buono”.
Michel Houellebecq,
Michel Houellebecq, Serotonina, La Nave di Teseo, p. 332 €
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