Lavorare a casa, lavorare di meno e peggio
Ognuno ne ha
fatto l’esperienza in questi mesi con i servizi, la banca, l’assicurazione, il fisco,
l’anagrafe (è impossibile denunciare una morte….), perfino le prenotazioni
online, del treno, dell’aereo, del car-for-rent. Più spesso non c’è
interlocuzione, se non dopo estenuanti tentativi. E quando finalmente c’è,
quasi mai è risolutiva, anche se si chiede solo di effettuare un pagamento. Lo smart working, il vecchio telelavoro, che
si continua a prospettare, su input
delle società di servizi, come un assetto progressivo e quasi miracoloso del mercato
del lavoro (già si prospetta un crollo dell’immobiliare, per gli uffici sfitti…),
molto più agile e redditizio, diventa l’incubo degli utenti.
In Francia,
dove un dibattito è stato aperto un mese e mezzo fa da “Le Monde”, il lavoro da
remoto, all’inizio valutato positivamente come un “incentivo alla produttività”,
ora è visto problematico nella “qualità del servizio”. L’incentivo alla produttività,
peraltro, è atteso per un abbattimento ulteriore delle garanzie salariali e di
orario del lavoratore, senza considerare il rendimento.
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