Morire dal ridere, con Eduardo
Un Castellitto strepitoso, che
tira fuori Eduardo dalla napoletanità. Una lettura finalmente giusta di
Eduardo, che ha scritto commedie e non proclami o saggetti. Sia pure commedie
agre o acide, all’italiana. Di cui è l’inventore, insieme con i neo realisti al
cinema, Rossellini, De Sica e i tanti altri. Nella stagione creativa del primo
dopoguerra. Natale è fatale, ma dopo aver riso.
De Angelis e Castellitto hanno provato ciò che per un paio di generazioni almeno, e forse per loro stessi, nel loro intimo, è inosabile: sganciare le commedie di Eduardo da Eduardo, dalla sua fisicità, il suo porgere, garbato e drammatico. Eduardo non è più qui, da tempo (da molto tempo: a Roma negli ultimi anni veniva al Ridotto del teatro Eliseo, il pubblico non era molto). Mentre il suo teatro ha diritto alla ripresa.
C’è molta difficoltà a
rappresentare Eduardo in Italia, se non in copia conforme – cosa non possibile.
Si pretende un certificato di napoletanità, anche se non si sa che cosa sia. E
di impegno sociale e politico – quello che una volta era “la tessera” (del
Pci). Mentre le prime analisi delle sue commedie, anni 1940-1950, in Italia e a
Londra, ne mettevano in luce la morale reazionaria: la tradizione, la famiglia,
la paternità, il rispetto. E Eduardo era rappresentato all’estero già nel 1947,
a Buenos Aires, e poi a Londra, qui con successo enorme, quindi tanto
dialettale, o “napoletano”, non è.
La verità è che Eduardo no, ma la
sua opera è sganciata, sganciabile, dal colorismo napoletano, e dalla sua
stessa figura e parlata. Una stagione teatrale molto fertile degli anni
1940-1950, ligure, veneta, lombarda, si è persa perché ristretta al
provincialismo. De Angelis e la Rai hanno provato a fare Eduardo fuori dai cliché e il risultato è ottimo: Eduardo
è ancora rappresentabile – come già sapevano i londinesi sessanta-settant’anni
fa, con Lawrence Olivier (e Zeffirelli!).
Edoardo de Angelis, Natale in casa Cupiello, Rai 1
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