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lunedì 7 dicembre 2020

Secondi pensieri - 436

zeulig


Amore - Dice bene Lou Salomé, l’amore dura finché ognuno resta se stesso nella coppia, non si adatta, si piega, si uniforma. Ma ci vorrebbe un giardino per questo, e almeno un paio di saloni. Nelle tre stanze le differenze urtano. Tanto più che non c’è più l’osteria al rientro dal lavoro, il biliardo, le chiacchiere con gli amici al bar, attorno a una birra, ma casa e lavoro, lavoro e casa, invariabilmente, accumulando i malumori e non disperdendoli.
L’amore finisce con la rendita urbana.
La coabitazione dovrebbe insegnare a esser senza essere. Un nuovo tipo di umanità. Una sorta di campo di concentramento senza recinzioni né cani lupo. Riscaldato. In muratura solida. Magari col telefono, e un letto con la porta, ma per il resto sempre a urtarsi, in cucina, al gabinetto.
 
Anima
– Non è cambiata dopo l’invenzione di Platone. Che la inventò senza l’aiuto di Socrate (Socrate ne sarebbe stato contento?), anche se la fa spiegare a lui, nel “Fedone”: è la memoria del tempo. All’interlocutore Cebete, il Socrate-Platone risponde: “Tu dici che l’anima è qualcosa di forte e simile al divino, e che essa esisteva già prima che noi fossimo uomini; ma tutto questo proverebbe non già che l’anima è immortale ma solamente che essa ha lunga durata, che è esistita in qualche luogo per un tempo lunghissimo, e che sapeva e faceva molte cose”.
 
Citazione
- Thomas Bernhard, “Perturbamento”, 1967: “Siamo chiusi in un mondo che cita continuamente tutto, rinchiusi in una citazione continua che è il mondo”. E: “In fondo tutto ciò che viene detto è citato”. E in “Correzione”, 1975: “Tutto il resto è correzione della correzione della correzione”.
Parliamo per citazioni, tutto ciò che diciamo è stato detto, infinite volte. Il miracolo è che si possa dire di nuovo, come se non fosse stato detto.
 
Complotto
- Un Grande Complotto non si installa contro una comunità, contro l’opinione, neanche come ipotesi o sospetto.
Tanto vale non elaborarci sopra.
 
Gesù Bambino
- La Madonna col Bambino esposto in braccio, che si veda che è un maschio, è già nelle ceramiche micenee – anche a Cipro. Quindi del secondo millennio a.C..
 
Ideale
– Come antitesi del reale, lo esclude? S’intende comunemente l’ideale come una meta, un gradus ad parnassum della condizione umana verso l’ideale originario, totalizzante, del Bene, il Bello e il Giusto coniugati. Ma è – è anche – l’opposizione del reale, quello che il reale non è, o non può, non vuole, essere. Una forma, per quanto compatta (estrema, totale), vuota.
Funziona come un richiamo per uccelli? Allora falso – un falso reale.
Il cammino del Bene (Bello, Giusto) sarebbe più arduo o più facile (possibile, agevole) senza l’ideale? La stessa pedagogia sarebbe più o meno produttiva senza l’ideale, l’irraggiungibile perfezione? Un metro ci vuole, una misura delle cose.
 
Io so
– Quello di Pasolini forse no, se era persona angelica, ma è l’Io inquisitoriale. Sciascia – che di Pasolini si diceva “fraterno e lontano” – lo ha spiegato: è il procedimento infernale dell’Inquisitore, quello-che-sa-ma-non-ha-le-prove. E imponeva, quello storico, la tortura senza magari essere un sadico - alcuni inquisitori ne soffrivano: per il dovere della verità.
La verità ha molti nemici tra i suoi sostenitori accesi. Tra gli imbroglioni come tra gli sbirri.
 
Morte
– “Niente muore di ciò che ha colpito l’intelligenza” è il Faust di Goethe. Che Gautier, leggendo “Faust” nella traduzione di Nerval, può parafrasare così: “Niente muore, tutto esiste sempre; nessuna forza può annientare ciò che fu una volta”.
Nerval introduce la traduzione, su questo puto, così: “Per lui come per Dio, senza dubbio, niente finisce, o almeno niente si trasforma se non la materia, e i secoli passati si conservano tutti interi  allo stato d’intelligenze e di ombre”.
 
“Ciascuno porta la sua morte in sé, come il frutto il nocciolo”, è Rilke. Una constatazione.
 
San Paolo
– Un santo, si direbbe, da filosofi – da pensatori, Pasolini compreso. Da Heidegger a Agamben, con Carl Schmitt, Taubes, Foucault, Derrida, Badiou, e anche, da ultimo, Vattimo. Da filosofi del Novecento, secolo marciante ma insoddisfatto, che volle riscoprire il sacro.
Si direbbe non il calvo sudaticcio di tanta iconografia, un semita indaffarato, ma il vichingo rossodorato, barba fluente, ricci in abbondanza, del Prado, il San Paolo di Rubens, e molta autorevolezza, un Mosè riflessivo.
 
Parola
– Divise invece di unire? Lo scrittore Houellebecq così la sintonizza nel linguaggio, per esempio, dell’amore: “La parola non ha per vocazione di creare l’amore, ma la divisione e l’odio, la parola separa a misura che si produce”. Paradossalmente, ma non del tutto, nella relazione d’amore: “È male che gli amanti parlino la stessa lingua, è male che possano realmente capirsi, che possano comunicare con le parole”. Mentre “un informe balbettio amoroso, semi-linguistico, parlare alla propria donna o al proprio uomo come si parlerebbe al proprio cane, crea le condizioni di un amore incondizionato e durevole”.
 
Peccato - È una condizione (una colpa) soggettiva. Ci sono leggi e ci sono catechismi, ma è il peccatore che decide cosa è peccato, nella confessione: l’adultero pubblico e anche l’assassino potrebbero sfuggire a questa colpa, nel senso del peccato.
Si è discussa la raccomandazione del papa Bergoglio di non considerare automaticamente peccatori, quindi non ammessi ai sacramenti, nemmeno ai riti, i divorziati. Tra i quali invece, ha ragione il papa, ci possono essere dei buonissimi fedeli.
Preliminare è la confessione, in caso di peccato, cioè il riconoscimento della colpa: è in capo al peccatore decidere se e quando ritenersi in colpa. Il comandamento non è la legge, l’applicazione autonoma, automatica, della legge, con aggravanti e attenuanti. Il confessore giudica il peccato dopo che il peccatore l’ha riconosciuto, in confessione.
Lo stesso che per il divorzio si può arguire della convivenza, anche dello stesso sesso. Ogni proibizione, anche oggettiva, dello stesso diritto canonico, è peccato solo in soggettiva. Il confessore non può dichiararlo autonomamente. Lo stesso il comunicatore – il diacono o il sacerdote che dà l’ostia consacrata: non può escludere dalla comunione, il sacramento più diffuso insieme con la confessione, e il più immediatamente correlato al peccato.


zeulig@antiit.com

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