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Spia e gentiluomo
“In sé la pratica dell’inganno
non è particolarmente faticosa; è una questione d’esperienza, di esperienza
professionale, è una capacità che la maggior parte di noi può acquisire. Ma mentre un imbroglione, un attore o un
giocatore d’azzardo può rientrare dalla performance
nei ranghi dei suoi ammiratori, l’agente segreto non ha questo sollievo”. Lo
spione è prigioniero del suo ruolo: “Per lui l’inganno è anzitutto una
questione di autodifesa. E deve proteggersi non solo dall’esterno, ma dall’interno”,
da se stesso, “e contro gli impulsi più naturali”. Sono frasi del primo libro,
subito di gran successo, di Le Carré nel 1963, che il suo amico Lane nell’epicedio
sul “New Yorker” pone in apertura, come a dire “vita infelice di una spia”.
Il ricordo è però tutto in
positivo. Di uno scrittore che fu una spia. E una spia forse fra le meno leali,
poiché si celava sotto lo statuto di diplomatico (in Inghilterra il servizio segreto fa capo al Foreign Office, al ministero degli Esteri). Successore in Germania di George Blake, lo spione inglese cha faceva il doppio gioco per Mosca - dove ancora vive, centenario. Ma ne scrisse onestamente, quali che siano gli eventi reali cui possa avere preso parte personalmente. E
soprattutto, nota il critico cinematografico della rivista newyorchese, che è anche
uno specialista di Ian Fleming (e di Patrick Leigh Fermor), uno scrittore che
regge agli anni. Non di genere, soprattutto se lo si compara, nello stesso genere,
lo spionaggio, con Ian Fleming: uno scrittore e basta.
Ma fu un uomo anche, spia e
tutto, di un’altra epoca. Lane cita da “The Pigeon Tunnel”, il libro di memorie
di Le Carré non tradotto, la sua meraviglia, quando era giovane diplomatico a
Bonn nei primi anni 1960: “Era un tempo, ci racconta, in cui vite pulite e
produttive erano vissute, nello spirito del servizio pubblico, da tedeschi dal
passato sporco, e quell’enigma – com’è possibile che si proceda e si
prosperi, come nazione o come individui, quando per farlo ci vuole un atto così
monumentale di dimenticanza? – chiaramente è rimasto incollato a Le Carré”.
Anthony Lane, John Le Carré missed nothing, “The New
Yorker”, 14 dicembre 2020
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