Giuseppe Leuzzi
Il “filosofo meridionale” era indigesto a
Solmi, che per Einaudi valutava i libri di filosofia. Nella corrispondenza
quotidiana con Vittorini, che lavorava per Einaudi ma stava a Milano, Calvino
il 3 giugno 1954 chiede se Giorgio Polverini ,
una cui proposta si discuteva, di “autobiografia d’un filosofo limitata alla
giovinezza”, non sia meridionale: per la valutazione della proposta, dice
Calvino, “mi sembra più adatto Renato Solmi”, il quale però “dice che se non è
meridionale lo legge, ma se è un filosofo meridionale si annoia”.
Il pittore Ligabue visse da pazzo, considerato
pazzo dai compaesani, a Gualtieri in provincia di Reggio Emilia. A Gualtieri
era tornato da adulto, da San Gallo in Svizzera, dove era cresciuto, orfano
in affido a famiglia contadina. Ma “molte stranezze derivavano dalla sua
cultura svizzero-tedesca”, spiega sul “Venerdì di Repubblica” Giuseppe Caleffi,
che ne cura la memoria nel locale museo: “Come dormire seduto, immergersi nel
fieno e considerare i conigli animali da compagnia e non da pasto”. Questo
negli anni 1920.
In Argentina la presidente-ombra Fernandez Kirchner (non ricandidabile, ha fatto
eleggere un suo uomo, un quasi omonimo, Alberto Fernandez) accusa di mafia il
predecessore Mauricio Macri, perché figlio di calabresi – lei dice di
“italiani” ma il senso è quello. Lo dice da mafiosa, vera.
Dall’Italia risponde polemico a Kirchner il
presidente dalla Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, calabrese di
adozione – genovese di nascita, ha lavorato in Calabria. Ma la mafia senza
confini non è dell’Antimafia?
La donna
del Sud
Per molti anni è stata nera, vestita di nero,
grinzosa, madre di molti figli. Poi il cliché
è sparito. All’improvviso, una trentina di anni fa. Lo ha adoperato ancora
Gian Antonio Stella, quando pensava di prendere il posto di Montanelli, robusto
antimeridionale, al “Corriere della sera”, ma già cadeva nel nulla.
L’Italia si sarà unificata – per modo di dire:
un po’ di più – per effetto del leghismo? O si protegge la donna del Sud, anche
lei, per effetto e nell’età dei diritti, contro ogni discriminazione?
“A Sciascia”, ricorda Marcello Sorgi
intervistando Camilleri (“La testa ci fa dire”, 115), “capitò di essere quasi
lapidato per aver sostenuto, negli anni ’70, in pieno periodo femminista, che
in Sicilia il potere più forte era ancora il matriarcato”. E in Calabria, nei
2020, in Campania?
La
Sicilia a una dimensione
“Questa Sicilia è ormai la società meno
misteriosa del mondo: ormai in Sicilia tutto è limpido, cristallino: le più
tormentose passioni, i più oscuri interessi, psicologia, pettegolezzi, delitti,
lucidezza, rassegnazione, non hanno più segreti, tutto è ormai classificato e
catalogato”. Si pensa alla Sicilia come disponendosi alla partita a scacchi:
come combinare, certo in numero infinito di variazioni, “un numero finito di
pezzi, ai quali si presenta un numero finito di possibilità”.
Complimentandosi con Sciascia il 10 novembre
1965 per “A ciascuno il suo”, “giallo che non è un giallo”, Calvino estende il
discorso alla “Sicilia”. Un mondo scontato – a una dimensione, monocromo,
monocorde: “Da un po’ di tempo m’accorgo che ogni cosa nuova che leggo sulla
Sicilia è una divertente variazione su un tema di cui ormai mi sembra di sapere
già tutto, assolutamente tutto”. Senza ironia, non apparente, ma congedandosi
con un beffardo: “Ti lascio a meditare su questa… freccia del Parto, e attendo
la tua vendetta!”
La linea
della Lega scende a Sud
“Lo stesso italiano che una volta stentava a
campare in Friuli e mandava la moglie a far la cameriera a Roma o altrove oggi
disprezza la cameriera venuta dal Sud”, Camilleri lamenta in “Come la penso”,
p. 208. Un italiano che stentava anche in Veneto. Poi le cose sono cambiate.
Una sorta di effetto palma rovesciato, per il punteruolo rosso e altri malanni
che della specie hanno impedito la proliferazione su meridiani sempre più alti,
e anzi hanno lasciato campo a una invasione, l’ennesima.
Sono cinquant’anni esatti che Sciascia
teorizzava a Giampaolo Pansa sulla “Stampa” la “linea della palma”. Da esotica,
la pianta sarebbe diventata familiare sempre più al Nord, col riscaldamento del
clima – e intendeva, beato lui: la Sicilia conquisterà l’Italia, e l’Europa.
Poi, sia il clima o altro, la palma non cresce più, soppiantata da una pianta
leghista, che invece scende dai freddi al Sud.
Il segno dei tempi Giorgio Nisini registra
nella plaquette “Corrado Alvaro e
Vito Laterza”, la corrispondenza che i due si scambiarono fra il 1952-1956, nel
tentativo di Laterza di arrivare agli autori del “Mondo”, nel mentre che
chiedeva ad Alvaro nuove idee, proposte, colane. Nisini dice di Alvaro
“scrittore calabrese”, di Scotellaro “scrittore lucano”, di Croce “filosofo
abruzzese”. Manca di Laterza l’editore pugliese o barese, ma l’effetto Lega è
imponente. Ora la Lega si nega, alla ricerca dei voti del Sud, ma parliamo e
professiamo il suo linguaggio.
Sicilia
Si diletta ultimamente di lingue inventate. Non
bambinesche: seriose. L’inventore più famoso è naturalmente Camilleri, per via
della tv. Ma numerosi sono anche i tentativi più studiati, dei letterati “puri”, Stefano D’Arrigo, Bufalino, Consolo,
Bonaviri, Perriera. Si direbbe per istinto o bisogno di ricerca. Ma è insoddisfazione
di sé.
È la regione d’Italia più mescolata, di
popolazioni e culture: greci, arabi, berberi, normanni, “lombardi”
(propriamente detti, e piemontesi, del Monferrato e del Novarese: Insubri),
toscani, aragonesi, valenciani, catalani. Spagnoli. E quella dove è più forte
il sentimento “nazionale”, la sicilitudine.
La prima volta a Parigi Sciascia si prende tre influenze di fila,
l’una dietro l’altra. Per essersi allontanato dalla Sicilia, secondo Camilleri
(“La testa ci fa dire”, 48): “Si sentiva un uomo abbandonato, lontanissimo dalla
terra amica in cui erano le sue ardici”.
A Camilleri che premuroso gli aveva telefonato,
disse: “Sono iettato ‘cà a Parigi” – “gettato” nel senso heideggeriano,
espulso, abbandonato.
Marcello Sorgi, che intervista Camilleri in “La
testa ci fa dire”, solleva fra i tanti questo argomento: “Siamo stati in
qualche modo educati fin da piccoli a temere l’invidia”. Questo è vero. Cioè, è
da temere.
Si rilegge “Il giorno della civetta”, il
racconto “poliziesco” pubblicato da Sciascia nel 1961 come un omaggio dovuto –
nell’ordine delle cose – del Sud al Nord. Un omaggio familiare, amichevole, tra
affini se non consanguinei. Ma con le parti già fatte: un Nord intelligente e
onesto, al punto di amare il Sud, un Sud traditore e distruttivo.
“Il giorno della civetta” è un omaggio, anche,
alle virtù nordiche. Del capitano dei Carabinieri come di una mentalità. Tanto
più magisteriali, eroici, per confrontarsi a un Sud, una Sicilia, già “liquida”
o liquefatta – senza sostanza, senza verità.
Il rifiuto di sé Sciascia estende all’Italia,
“incredibile” – ma “bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è
incredibile l’Italia”, e “forse tutta l’Italia sta diventando Sicilia”, nel
1961.
“La Lega
al governo nella Regione Sicilia”. La Lega ha un solo deputato regionale,
eletto due anni e mezzo fa in una lista, “Noi con Salvini”, di supporto al
candidato del centro-destra alla presidenza della regione. Ma basta uno per
qualificare un governo? Forse quello che manca al Sud è la spina dorsale.
Manette a Palermo per un neurochirurgo di fama
mondiale, specializzato nella cifoplastica, il trattamento delle lesioni
vertebrali – un trattamento che si fa a rischio paralisi degli arti inferiori.
Primario oculato, che i suoi reparti, prima a Enna e poi a Palermo, faceva
funzionare “come in Svezia”, ordinati e puliti. Gli sono contestate spese per
43.724 euro, in quattro ani, 2013-2016, per l’acquisto di protesi, le cui
pratiche amministrative non sarebbe perfette. Su denuncia di fornitori
concorrenti di protesi. Poi dice che non c’è la legge in Sicilia.
Non è nemmeno vero che in Sicilia i giudici
sono a rischio. I giudici non temono nessuno, in Sicilia. Non si rompono la
testa. Questo che ha privato Palermo della neurochirurgia si chiama Maria
Cristina Sala.
leuzzi@antiit.eu