Demiurgo – Ritorna, sotto le spoglie di Filippo Burzio più che di Platone e il suo “Timeo”. Del risolutore. Quello del filosofo (matematico) che da gobettiano divenne mussoliniano. E subentrò alla direzione della “Stampa” in sostituzione di Malaparte, non abbastanza fascista.
Dice il Censis che un italiano su due
vuole un “uomo forte” al potere. Si ipotizzava nella globalizzazione, col
parallelo indebolimento dell’auctoritas statale,
maggiore libertà. Politica, di mobilità, di creatività. E invece si sente il bisogno
di auctoritas.
Si vede giocare
la Juventus, un club che paga 350 milioni di ingaggi, quindi una squadra di
tutti campioni, col freno a mano. Di calciatori lenti, sempre in ritardo sulla
palla, che si dicono: “Adesso che devo fare, come ha detto il mister che devo fare”? Questa Juventus
si vuole infatti la squadra del mister:
dell’allenatore riguardato come un mago, un totem. Anche nel calcio, che in
fondo è anarchico, pur essendo un gioco di squadra, di calciatori più tecnici e
altri meno tecnici, c’è, si vuole, e si paga, l’uomo forte, il demiurgo.
Fascismo – Fu erotizzato
nei primi anni 1970. Nell’immaginario, in forma di corpi perfetti e passioni
virili. Anche da non fascisti, come Cavani, “Il portiere di notte”, Pasolini, “Salò-Sade”
tra i tanti, e lo stesso Visconti, “La caduta degli dei”.
Fu erotizzato negli stessi anni in cui insorgeva il
terrorismo urbano: una coincidenza? una correlazione?
Heidegger – È – era – in
Marx la sua macchin-azione. Già nel “Manifesto”, e nei concetti di alienazione (Entäusserung), estraniazione (Entfremdung), reificazione. E poi nel
cap. tredicesimo del Libro I del “Capitale”, “Macchine e grande industria”: “Vediamo come
la storia dell’industria e l’attuale oggettiva esistenza dell’industria sono
diventate il libro aperto della coscienza umana, la psicologia umana percepita
in termini sensoriali”.
Manca un Heidegger marxista, senza volerlo
– questo sito ne ha tentato un avvio il 13 giugno 2018, per le celebrazioni di
Marx
Politica – Si dice un’arte.
Ma in un senso doppio, antitetico. Nel senso di un mestiere, con una sua
tecnica, e vari segreti professionali. E del bello, d’artista. Ma su questo
versante pericolosamente, era Goebbels
che si pretendeva un artista: “La politica è la più alta e più comprensiva arte
che ci sia, e noi modelliamo la moderna politica della Germania sentiamo di essere
artisti”.
Goebbels
lo diceva in senso igienista: “Compito dell’arte e dell’artista è di formare, dare
forma, rimuovere il malato e creare libertà per il sano”.
Questione morale
–
Il disagio che comporta è in Nietzsche, “Genealogia della morale”: “Che cosa è
in sostanza la morale? È essenzialmente un dispositivo di difesa e di
(soprattutto) offesa. È un meccanismo con cui si è cercato (con successo) di facilitare
il dominio dell’uomo sull’uomo: nelle due varianti dell’annichilimento del
«debole» da parte del «forte» e dell’indebolimento\condizionamento del forte da
parte del debole”.
Tradimento - Era vituperio e colpa maggiore nell’etica.
Specie quello degli affetti, di amici e familiari, ma anche della patria. Ora
non più. Nei rapporti interpersonali ha perduto qualsiasi illiceità. Residua in
senso legale, ma non più affettiva. Nei rapporti politici è avocato e assunto a
titolo di merito. Sanders è candidato di punta del partito Democratico alle
primarie presidenziali Usa pure essendo stato ed essendo un sostenitore delle
dittature ostili agli stessi Usa, quella castrista, e quella degli ayatollah in
Iran. In Italia si moltiplicano a ogni legislatura i parlamentari che cambiano partito,
anche più di uno nella stessa legislature, talvolta passando non a uno finitimo
ma a quello opposto.
Il costituzionalista Ainis osserva
che interrogando google con la parola “tradimento”, la risposta è di sei
milioni di risultati. Digitando invece “tradimento politico”, il numero aumenta
del 50 per cento, a nove milioni.
Wittgenstein – Non sopportava le donne. Freeman Dyson, il fisico teorico morto una settimana fa, lo ha ricordato
(in un articolo sul “New Yorker” nel 2012) a Cambridge, nel 1946, divenire
all’improvviso muto se una donna entrava in aula, finché quella, capita l’antifona,
non se ne andava. E che una volta si diceva, tra sé e sé, mormorando ma non
indistinto: “Divento più stupido e più stupido di giornonin giorno”.
Il ricordo di Dyson è
contestato. In particolare per quanto lui stesso racconta, che da entusiasta del
“Tractatus” al liceo, ebbe la fortuna a Cambridge di condividere la residenza col filosofo nel 1946. “Stava in una stanza sopra la mia nella stessa
scala”, racconta, e quindi si incontravano a volte, salendo o scendendo - è in
una di queste occasioni che Dyson lo senti mormorare sulla stupidità. Una volta
il giovane Dyson prese coraggio e gli parlò. Gli disse del “Tractatus”, e gli
chiese se era delle stesse idee di 28 anni prima. “Rimase in silenzio a lungo,
e poi disse: «Che giornale rappresenta?». Gli dissi che ero uno studente non un
giornalista, ma non rispose mai alla mia domanda”. Dopodiché racconta come
trattava le donne: “La risposta alla mia domanda mi umiliò, e la sua risposta
alle studentesse che tentavano di seguire le sue lezioni era perfino peggio”.
Ma il privato di Wittgenstein
è tutto specialmente bizzarro, come ricostruito da amici e conoscenti. Guardava
ai gatti e li dichiarava dei. Guardava alle donne e si chiedeva: sono umane?
Ma forse sono chiacchiere.
Certo aveva fratelli e sorelle non da poco. I fratelli tutti suicidi, eccetto
il maggiore, pianista da concerto, tornato dalla guerra senza un braccio – e lui stesso
un pensiero ce l’ha fatto. Suicidi anche il marito e il suocero della sorella
minore Gretl.
Fu donna peraltro il suo più fedele collaboratore,
se non seguace, Elizabeth Anscombe. Specie nella fase testamentaria, del
riordino delle sue carte. Anscombe, che girava tarchiata
in pantaloni sformati e giacche maschili,
fumava sigari, scalava monti, la “vecchio mio” di Wittgenstein, la sola donna
ammessa ai suoi seminari, una dei pochi che lo capirono e per questo non l’ha
seguito, studiosa di san Tommaso, come Umberto Eco, buona moglie e madre di sette figli, filosofa
definitiva da ragazza della guerra atomica del signor Truman, a caldo, “Mr
Truman degree”. Formidabile pacifista, cattolica praticante, negli anni 1960 contro
l’aborto, animatrice di manifestazioni che la portarono all’arresto, con le figlie. A
“Miss Anscombe” Wittgenstein confidava, nel 1947: “Grazie a Dio, ci siamo
liberati dalle donne”, il corso era solo maschile. Una battuta di spirito. Ma
il rigetto si svolgeva come dice Dyson, col mutismo? Era anche contrario, pubblicamente, al
voto alle donne.
Era
e si voleva anticonformista, che nel mondo anglosassone, che si vuole puritano,
non si può. Registrava nei diari e taccuini annotazioni irrispettose sul
“pensiero” ebreo. Pretendendo le sue riflessioni “al 100 per cento ebraiche”.
zeulig@antiit.eu