Cerca nel blog

sabato 4 aprile 2020

Ombre - 507

L’Iva sule mascherine anti-contagio era al 22 per cento, il massimo. Viene ridotta al 5 per cento un mese e mezzo dopo l’esplosione del coronavirus. L’esplosione in Italia, è vero.
Una conferma che l’Unione Europea è strabica? O non sa non sa la geografia? O un altro segno dell’imprevidenza italiana?

A marzo gli americani hanno comprato due milioni tra pistole e fucili. Appena qualcuno in meno del gennaio 2013, dopo la rielezione di Obama e la strage in una scuola elementare. L’America è sempre in guerra, anche col Covid-19.

“Brescia ha chiesto di creare un polmone per l’ospedale, lo Stato ha stanziato 8 milioni, ma la regione Lombardia ancora non decide. E a Bergamo l’hanno dovuto costruire gli Alpini”. Vito Crimi per i 5 Stelle punzecchia i leghisti. Ma senza dirlo: la “buona amministrazione” vanto della mediocrità leghista che ha provocato la pandemia e i ventimila morti, almeno tanti saranno, continua a godere di rispetto. Come le mafie.   

“Le acciaierie di altri paesi si prendono le quote di mercato lasciate scoperte dalle nostre” – “la Repubblica”: “Nell’intero gruppo Thysenkrupp siamo l’unico impianto fermo”, specifica l’ad di Acciai Speciali Terni. Inutile cercare quali altri paesi se ne avvantaggiano – è come quando si denuncia la mafia. Ma sono tutti europei, per esempio la Germania, nel caso di Thyssenkrupp.

“Scusateci, ora la Ue è con voi”. Dopo il violento no all’Italia di una settimana prima, Von der Leyen ci ripensa, consigliata dai suoi pr, e scrive una lettera aperta a “la Repubblica”: “Scusateci, ora la UE è con voi. Anche se non è sempre stato così…”
Perché indirizzare un “lettera aperta” a un solo giornale, come Von der Leyen ha fatto con “la Repubblica”? Perché ha la garanzia di un commento positivo.

“La Repubblica” pubblica la “lettera aperta” di Von der Leyen solo a pagamento, per gli abbonati. Una buona maniera per allargare la platea dei lettori, o per ridurla.

L’abbuffata di posti elettivi avendo coronato con quelli “tecnici”, aziende pubbliche, assessorati, i 5 Stelle, non ancora sazi, si sono dati ai consulenti. Sembrano una parodia di “Quo vado”, il film di Checco Zalone sulla fissa del “posto”. Ma per loro, che sono moralisti integerrimi, ben remunerato.

Novantasei medici i 5 Stelle che ci governano hanno fatto assumere alle Dogane: per annusare le importazioni di materiali medici (una novità?).

I 96 sono capitanati da una “esperta” in psicologia, trombata alle elezioni circoscrizionali a Roma. E saranno coadiuvati da settanta esperti di computer, per valutare le “soluzioni offerte dalle tecnologie digitali per la gestione dell’emergenza”.

Come già con i navigator (chi sono costoro?), i moralisti grillini sono i cacciatori di posti pubblici contro niente, per non fare niente, ma ben remunerati.

“Al whatever it takes di Draghi e alla nascita del Fondo Salva Stati  Angel Merkel ci arrivò con quattro anni di ritardo, un tempo letale”, dice l’ex presidente del consiglio Letta al “Corriere della sera”. Però, sono tutti democristiani. Di complemento. Alla viva Merkel.

“Dopo l’infelice frase sugli spread (“non mi occupo di spread”, n.d.r.), la presidente della Bce convoca una riunione nella quale lancia un nuovo programma di acquisti titoli? chiede retoricamente sul Giornale” l’ex ministro del Tesoro Tremonti, presidente dell’Aspen Institute, forum di politica estera. Per rispondersi: Si dice che sia stata raggiunta da una telefonata da Parigi, dettata dalla crisi potenziale che stava schiantando una banca francese”. Si dice. Ma non c’è altra Europa.

L’Albania manda in Italia i suoi sanitari, bene attrezzati, quindi a un costo, con il commovente messaggio del suo premier Rama. La Turchia blocca alla dogana di Ankara le mascherine ordinate e pagate dalla Protezione Civile. Forse è per questo che l’Albania, ultimo avamposto ottomano, guarda disperata di qua del mare. Non vuole mettersi il velo, certo. Ma conosce i suoi polli.

Duemila miliardi di dollari nelle tasche degli americani, tutti subito, ammanettando la burocrazia, con sussidi e meno tasse: quattro mesi di salario, fino a 1.200 euro a testa a ogni adulto, più 5500 per ogni bambino, da spendere subito, e fondi senza fondo, per ogni tipo di impresa, piccola e rande, e naturalmente per gli ospedali. Il tycoon incompetente roboante Trump l’ha capita meglio degli intelligenti europei. Che ancora si consultano, non sanno però con chi, né su che cosa.

C’è una sottile tangibile attesa nei media italiani, specie nel “Corriere della sera” e “la Repubblica”, che il coronavirus colpisca gli Stati Uniti peggio che l’Italia. In odio a Trump? Ma non solo.

“La Repubblica” e “Corriere della sera” giocano molto (“la Repubblica” un po’ meno, Rampini sa di che si tratta) su una cosa che, si direbbe, il più incolto dei loro lettori dovrebbe sapere: che gli Usa hanno una popolazione sette volte quella italiana. Il pregiudizio fa aggio sulla geografia.




Quando la modernità era porosa, incomprimbile


“Alcuni anni fa, accusato di mancanze morali, un prete veniva trasportato su un carro per le vie di Napoli seguito da una folla imprecante. Ma ecco che a un angolo comparve un corteo nuziale. Il prete si levò, impartì la benedizione e tutti quelli che erano dietro il carro caddero in ginocchio [...]. Dovesse (il cattolicesimo, n.d.r.) scomparire dalla faccia della terra, l’ultimo posto probabilmente non sarebbe Roma, bensì Napoli”. Walter Benjamin è divertito da Napoli, che scopre con la sua fiamma Asja Lacis, la rivoluzionaria lettone da poco conosciuta a Capri, e ne scrive sulla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, una mezza dozzina di articoli – il primo, “Napoli”, a firma congiunta, a ferragosto del 1925.
In questa e nelle altre corrispondenze-elzeviro, tra il 1925 e il 1930, approssima per la prima volta l’“immagine” di una città. Sono scritti precedenti ai ricordi d’infanzia su Berlino, e ai Passagenwerk su Parigi. Abortito il tentativo, successivo a Napoli, di ricreare Mosca, sempre con Asja Lacis al seguito - più castrante che ispiratrice. Della città come luogo teorico, esercitazione teorica. Fratta in episodi e scene brevi e brevissime, in immagini, come da montaggio al cinema. Un’esercitazione da effettuarsi in una città straniera, e possibilmente estranea, nella quale distanziarsi – o perdersi. Anche labirintica, che per Benjamin è la modernità in forma metropolitana. Oggettivando al possibile l’immagine.
Di Napoli Benjamin celebra “la ricca barbarie” in senso positivo, di un mondo che perpetua un altro tempo, della storia in continuo. A partire dalla mescolanza sociale – Napoli non camuffa i suoi poveri: “Il diciannovesimo secolo ha trasformato l’ordine medievale e naturale a favore delle condizioni di vita dei poveri, e abitazioni e abbigliamenti sono stati resi obbligatori a spese del cibo, qui queste convenzioni sono state rifiutate…. Qui la miseria porta verso il basso, così come duemila anni fa portava nelle cripte: ancora oggi la vita verso le catacombe porta attraverso un “giardino delle sofferenze”, ancora oggi sono i diseredati a fare da guida al suo interno”.  
Molto Benjamin è condizionato a Napoli dalla compagna, legnosa pasionaria. Ma vi avvia quella ricerca sui “misteri delle città”, frammentaria e insistita, inesauribile,  che culminerà a Parigi, nei “Passaggi” e le altre innumerevoli prose. La permeabilità fra interno ed esterno. Fra sopra e sotto. Con la differenza fondamentale che il sotto di Parigi ne è il mistero, mentre quello di Napoli è vita, festa, fantasmagoria.
Quello che era e sarà il folklore di Napoli Benjamin legge come dato significativo: “La vita privata del napoletano è lo sbocco bizzarro di una vita pubblica spinta all’eccesso. Infatti non è tra le mura domestiche, tra moglie e bambini, che essa si sviluppa, bensì nella devozione o nella disperazione”. Di nuovo: “La vita privata è frammentaria, porosa e discontinua... Le azioni e i comportamenti privati sono inondati da flussi di vita comunitaria. L’esistere, che per l’europeo del Nord rappresenta la più privata delle faccende, è qui …. una questione collettiva. Così la casa non è tanto il rifugio in cui gli uomini si ritirano, quanto l’inesauribile serbatoio da cui escono a fiotti”, eccetera.
Il concetto di “porosità” Benjamin riprende per l’assetto materiale della città, degli strati tufacei nei quali è scavata – un concetto che ha fatto e fa tuttora il nucleo del pensiero architettonico e urbanistico di e su Napoli. La città “è grigia, di un rosso grigio o ocra, di un bianco grigio. È assolutamente grigia in confronto al cielo e al mare”. Si sviluppa naturalmente verso l’interno, scavando nella roccia, creando sotterranei viventi e sempre abitati: “L’architettura è porosa quanto questa pietra (il tufo. n.d.r.)... Si evita ciò che è definitivo, formato. Nessuna situazione appare come essa è, pensata per sempre, nessuna forma dichiara il suo «così e non diversamente»”.
Napoli usa riscoprirsi con stranieri illustri, Benjamin dopo Adorno. Che però ne capiscono poco, di sfuggita, non ben sintonizzati – non a loro agio. Il concetto di porosità oggi fa perfino sorridere, tanto pare remoto nei modi di vita metropolitani: rapidi, nevrotici, introversi e perfino ciechi – fuori dal colore, certo, dal folklore.
Walter Benjamin, Napoli porosa, Dante & Descartes, pp. 80 € 7

venerdì 3 aprile 2020

L’Europa al tempo delle donne, brutale

Di Merkel D’Alema richiama con Stefano Cappellini su “la Repubblica” il “merchiavellismo” di conio del sociologo emerito Ulrich Beck: “La tattica dell’esitazione come strumento per domare le controversie”. Ma poi dice: “C’è un muro di gomma tedesco”, su questa come sulle crisi precedenti – che solo l’Europa, va aggiunto, non ha superato.
Lagarde esordisce alla Banca centrale europea sbuffando: “Non siamo qui per chiudere gli spread”. Per che altro c’è, allora, lei e la Bce? La presidente non sa cosa significa politica monetaria.
Von der Leyen affronta la crisi con un netto: Il termine coronabond è uno slogan. Le riserve in Germania, ma anche in altri Paesi, sono giustificate”.
Poi Lagarde e Von der Leyen si sono emendate, dopo giorni. Lagarde spinta dal suo governo, a Parigi, che deve salvare Bnp-Paribas. Von der Leyen spinta dai “consigliori”. Con una lettera a “la Repubblica” in cui assicura che “l’Europa si sta mobilitando al fianco dell’Italia”, anche se non succede niente. E riconosce che “purtroppo non è stato sempre così”. Che “nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune europea, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria”.
I “primi giorni della crisi” sono quaranta. Von der Leyen ha i riflessi lenti? No, il no ai coronabond – non richiesto - è stato immediato e lapidario. E “troppi” chi?
Nessun dubbio che le uscite di von der Leyen e Lagarde siano state sbagliate e anche dannose, per loro stesse, donne in carriera. Che siano a quei posti in omaggio alle quote rosa?
Ma l’Europa è nelle mani delle donne, Lagarde, Von der Leyen, Merkel. Si dice che le uscite di Lagarde e Von der Leyen sono state gaffes – che volevano dire una cosa e ne hanno detta un’altra. No, hanno detto quello che volevano o dovevano dire, nella maniera più netta. Per una concezione brutale della politica.  Da maestri di scuola, loro come Merkel. Vecchio stile, con alunni buoni e altri cattivi. Senza nemmeno libro “Cuore”.
L’Europa è nelle mani delle donne. Le reazioni alla crisi di queste potentissime donne  sono state violente - un politico, al loro posto, ci avrebbe riflettuto, un po’. La politica femminile è brutale?

Il mondo si è fermato

Il tasso annuo di variazione della popolazione diventa negativo in Europa, e presto, al 2025, lo diventa anche in Cina. Mentre nel resto del mondo il tasso è in discesa. Specialmente rapido dove era più elevato: in Africa e in India. In India anzi è in discesa rapida da venticinque anni, e nei prossimi venticinque si attesterà sopra lo zero.
La popolazione mondiale crescerà ancora, ma nel secondo quarto di secolo a un tasso dimezzato rispetto al primo quarto: dall’1,2 allo 0,6 per cento medio annuo. Secondo le proiezioni dell’Onu, corrette leggermente, in senso restrittivo, dal viennese International Institute for Applied Systems Analysis: la popolazione mondiale, che era di 6,1 miliardi nel 2000, è cresciuta a quasi 8 nel 2020, e si attesterà a 9,23 nel 2050.
Pur a ritmi ridotti la popolazione mondiale cresce, si può dire guardando la proiezione da altro punto di vista. In questo quadro, di crescita rallentata, l’Europa avrà però un saldo negativo: la popolazione europea, di 748 milioni nel 2020, sarà di 710-720 nel 2050.
Particolarmente acuta è la crisi demografica in Russia, dove la fertilità è più ridotta di quella, che si pensava record negativo, della Germania e dell’Italia. Metà del calo previsto della popolazione europea al 2050 sarà russo: il Tft, tasso di fecondità totale (il numero dei figli generato mediamente da una donna in età riproduttiva), è sceso a 1,2 negli anni della transizione dopo il crollo dell’Urss, gli anni 1990, e non si è ripreso – in Italia, dove la popolazione autoctona pure diminuisce, è 1,52, in Germania 1,49.

Appalti, fisco, abusi virali (167)

Si grida tanto control’Inps, che ha fatto il pesce d’aprile con i 600 euro di bonus. Ma le banche? Le banche al Vostro fianco, come no. I siti girano a vuoto, i numeri verdi sono dedicati alle “urgenze” – furto o smarrimento carte. Le banche in realtà sono scomparse. Per quello che servono.

Alcune banche si erano tirate su, con buy-back e progetti di taglio dei costi\aquisizioni. Sprofondate in Borsa, si tengono anche i dividendi: come dire, non investite nelle banche.

Bisogna trovare un utilizzo alternativo al risparmio. O altrimenti non risparmiare: le banche fanno perdere tutto, tra costi, commissioni, canoni.
Si dice: facile parlare male della banca. Ma un motivo per parlarne bene, almeno uno? Le banche hanno una funzione per il risparmiatore?

Agli azionisti delle banche semi-fallite il governo ha riconosciuto un rimborso, in tutte le operazioni negli accorpamenti per il salvataggio e la rimessa in bonis. A quelli del Monte dei Paschi no, benché la sottoscrizione degli aumenti di capitale sia stata consigliata, due volte, dal governo. Perché agli azionisti del Monte dei Paschi i rimborsi dovrebbero essere riconosciuti dal governo stesso.

Un’abitazione non abitata, ereditata in famiglia i remote residenze, dove il gestore elettrico rileva zero consumi, paga nel bimestre in bolletta € 41-43 - variabili, ma non meno: 240 euro l’anno. Una patrimoniale fatta passare da Renzi con la le legge di bilancio - o di stabilità, come si chiamava – 2017. Poi nessuno lo ha più votato ma ha fatto un regalo immenso al business elettrico, che pullula di falsi produttori di energie rinnovabili.  

C’è solo da ridere, amaro

Tre racconti che, insieme con la traduzione di “Perturbamento”, fecero conoscere Bernhard in Italia,1981 – pubblicati insieme nel 1969, “L’Italiano” già nel 1964. “La campagna era immersa in profondi pensieri musicali”, è pensierino di Robert Walser con cui Bernhard apre, senza condividerlo, i racconti, piuttosto truci.
“L’Italiano” del racconto di mezzo, “frammento” di racconto, è uno che al funerale del padre del narratore lo incuriosisce: ricco, di famiglia, con possedimenti e altri titoli di ricchezza, la parola Fiesole ricorrente, estraneo, al morto e al narratore, al funerale in rappresentanza della propria famiglia, riesce con la personalità e la padronanza del tedesco a mettere tutti di fronte alla realtà. “È a chi ti dice le prime parole gentili che appartieni in mezzo agli estranei”, è la sua lezione, che distrae il narratore. Anche se alla fine lui stesso confida. “Non c’è nessun mezzo per sfuggire a se stessi”.
Racconti quasi filosofici. “”Kulterer” è tragicomico, di un carcerato disperato senza più carcere. “Al limite boschivo”, il terzo racconto, è un piccolo giallo di montagna: due giovani finiscono a pernottare a Mülbach, borgo sperduto a mille metri d’altezza – non il Mülbach reale, dunque, in val Pusteria, a 800 m. - dove anche la fidanzata del narratore ha paura di recarsi.
Racconti sulla morte. E sulla follia della razionalità, del volersi dare ragione. Ne “L’Italiano” lo spiazzo davanti al padiglione dove l’amato morto, il nonno, passava i suoi giorni e faceva i suoi teatrini, nasconde i cadaveri di giovani soldati polacchi. Ragazzi poco più che adolescenti, che i tedeschi sbucati all’improvviso dal bosco avevano ucciso gli ultimi giorni di guerra, impedendone poi la sepoltura. Una verità che lo straniero ricco, colto, dotto, affabile fa insorgere nel narratore dodicenne, strappandolo al non detto, non pensato, l’immagine facendo insorgere di ragazzi un poco più grandi e l’odore, “un po’ mostruoso”, perché per i quindici giorni che la guerra era ancora durata era stato impedito a chicchessia di entrare nel padiglione per sotterrarli.
Dopo Bachmann e prima di Ransmayr e Jellinek, nonché di tanto Bernhard, un primo assaggio di memorie austriache infauste. “Non c’è nulla da celebrare, nulla da condannare, nulla da denunciare, ma c’è solo da ridere, tutto è ridicolo quando si pensa alla morte”. Che risate.
Thomas Bernhard, L’Italiano, Guanda, pp. 64 € 10

giovedì 2 aprile 2020

Dopo i dividendi, moratoria sui Bot

Facendo finta di nulla, “moral suasion”, la Banca centrale europea ha ordinato il consolidamento del dividendo ai soci bancari. Per 5,6 miliardi. Da corrispondere alle Fondazioni ex Casse di risparmio e agli azionisti, circa cinque milioni in Italia.
Con la stessa noncuranza, e con lo stesso fine dichiarato (consolidare le finanze pubbliche), perché non “saltare” gli interessi sul debito? Anche solo per un anno. Anche solo sul debito sottoscritto in Italia da italiani, privati, banche, assicurazioni, per non spaventare i “mercati”. I privati sicuramente sopporterebbero la misura – costa meno dei dividendi bancari non pagati. Le banche, le grandi sottoscrittrici dei bot, si compensano con i dividendi non corrisposti.
Parliamo del debito pubblico italiano. Che l’Italia deve consolidare
L’argomento non piace, si preferisce dire che è colpa degli evasori. Che ci sono, ma non sono quelli che mandano in rovina l’Italia. Ma i lettori di questo sito lo sanno: l’Italia deve consolidare il debito pubblico:
L’Italia doveva consolidare il  debito, ridurlo,  prima di entrare nell’euro. È la colpa, non lieve, di Ciampi e Draghi: aver voluto entrare, senza preparazione, per assumere poi i trattati europei come “vincolo esterno”, per l’induzione alla virtù.  Strano modo di concepire la finanza pubblica, poi perpetuato nei decenni, come se si trattasse di vizi e virtù. E non di economie nere o grige incistate. E di un’Iva per molte poste assurda. Specie sul lavoro autonomo, che chiunque - direbbe un esperto di Scienza delle Finanze, se ancora è un scienza - è abilitato a evadere, utente e prestatore d’opera, tanto è oltraggiosa.
Da allora, sono quasi trent’anni, l’Italia stringe ogni anno la cinghia, un po’ di più (i bilanci devono sempre essere in attivo), ma a nessun fine: aumenta il debito, e gli oneri sul debito. 
Il debito aumenta per gli oneri sul debito. Mentre lo Stalo è inerte: non rinnova le infrastrutture, taglia anche dove non dovrebbe (istruzione e sanità), e soprattutto si fa forte di non spendere. L’Italia va alla deriva non per motivi arcani.

La Germania ruba i mercati

La Germania conteggia meno morti di coronavirus per tenere aperte la produzione e la vendita – e avvantaggiarsi a danno dei concorrenti stranieri in lockdown? Non c’è altra spiegazione.
110 mila contagiati in Italia e 13 mila morti, il 12 per cento, o più. Ottantamila contagiati in Germania e 900 decessi, l’1 per cento, poco più. Come è possibile?
Anche a mettere nel conto il razzismo latente, tipo anni 1930, fra latini e ariogermani (le diatribe di cui si legge in Evola), per cui muoiono gli italiani e gli spagnoli ma non i germanici (ma gli spagnoli non sono per un terzo anche tedeschi, oltre che arabi, sempre per un terzo?), la discrepanza è eccessiva. Tanto più che il tasso di mortalità complessiva in Germania resta attorno all’11 per mille – analogo a quello dell’Italia. Italia e Germania hanno anche identica distribuzione della popolazione per classi di età – hanno la stessa percentuale di persone anziane. 
Sì, la Germania fa più tamponi. E un triage più diffuso, evitando la confusione e i contagi in ospedale (Lombardia). Ma questo non fa la differenza. Pretende anche che il contagio sia limitato al turismo all’estero, per lo sci, il carnevale, e le gite scolastiche. E questo non è vero: la Germania è il paese europeo con più contatti con la Cina, e con Wuhan, il focolaio dell’epidemia. E a fine febbraio aveva registrato ottantamila casi di influenza, sempre con un migliaio di morti.
La differenze è nelle cause di morte. La contabilizzazione è diversa. In Italia la certificazione di morte per coronavirus viene dall’Istituto superiore di Sanità, dopo complessi esami. È rigorosa, così assicurano, ma  imputa a coronavirus anche i decessi di chi soffriva di ipertensione arteriosa (il 76,5 per cento dei deceduti da cononavirus), di cardiopatia ischemica (37.3), di fibrillazione atriale (26,5) e di tumore terminale (19,4). Senza queste patologie mortali, i morti di solo coronavirus sarebbero un decimo, probabilmente, o un dodicesimo del totale. È quello che avviene in Germania?
Quello che sicuramente avviene in Germania è che non ha adottato il lockdown – solo la Baviera ha chiuso tutto. Ha chiuso le scuole e limitato il commercio al dettaglio e la circolazione ma non ha bloccato la produzione. Come in Cina – dove il lockdown è stato limitato allo Hubei, la regione di Wuhan. 
La Germania pratica di fatto, senza enunciarla, l’immunità di gregge. Ridimensionandone l’effetto con le statistiche. Ma producendo, vendendo, e rubando posizioni alla concorrenza in stato di lockdown.

Cronache virali

Il “modello sanitario lombardo ha “privilegiato le reti ospedaliere spesso private, rispetto alle reti territoriali”, è la denuncia firmata dai sidnaci di quattro delle nove città lombarde, le più popolose, Milano, Bergamo, Brescia e Cremona – non ha firmato quello di Lodi, ma solo perché è della Lega (i firmatari della denuncia sono Pd)..
Ricoveri -  focolai d’infezione - e decessi in quantità in Lombrdia, invece dei tamponi e dei test sierologici: 4,5 ricoveri ogni 100 mila abitanti in Veneto, 131,3 in Lombardia; 9,7 decessi per 100 mila abitanti in Veneto, 71,6 in Lombardia. Tamponi, 2.165 per 100 mila abitanti in Veneto, 1.139 in Lombardia. Qui la differenza non è politica, il Veneto è tutto leghista.  
La differenza è che “il Veneto ha ancora un cultura e una tradizione dela sanità pubblica, con presidi diffusi nel territorio. La Lombardia molto meno”, spiega Giorgio Palù, presidente uscente della Società europea di virologia.
Spiega anche Palù: “Siamo diventati un popolo di virologi. Peccato che in Italia, al contrario di Germania, Usa e altri, le ultime cattedre in virologia siano state assegnate nel 1982, e l’ultimo primariato (il suo, n.d.r.) risalga alla metà degli anni Novanta”, venticinque anni fa.
Il “sistema sanitario migliore al mondo” in effetti si era voluto privatizzare, così i medici guadagnano di più.

L’allarme pandemia nel 2003

Molti allarmi erano stati lanciati da tempo sull’esposizine mondiale alle “influenze” virali, tipo la “spagnola” del 1918-19.  Questa iin particolare è precisa al dettaglio, di Robert G. Webster, il virologo neozelandese massima autorità dell’aviaria, con la consulenza redazionale di Elizabeth Jane Walker (uno studio pubblicato sull’“American Scientist”, marzo-aprile 2003, consultabile online). Si chiamava influenza, ma era mortale.
Non c’è altro da dirne, basta fare parlare Webster.
“Ha tutti gli ingredienti di uno scadente filmaccio horror di Hollywood: un killer mutante attraversa il globo, lasciando milioni di cadaveri sulla sua scia, e non c’è medico nel mondo che possa bloccare la carneficina”. È “un’idea grossolana di sceneggiatura cinematografica”, ma è successo, “a fine 1918 e per buona parte del 1919: in dieci mesi il virus dell’influenza contagiò le vite di forse 500 milioni di persone in giro per il globo e uccise come minimo fra 20 e 40 milioni di persone – più del doppio del numero dei morti in guerra. Molti epidemiologi ritengono che uno scenario analogo si riprodurrà. Ma questa volta sarà peggio”.
Questo il peggio: “Se oggi scoppiasse una pandemia, gli ospedali sarebbero sopraffatti dal numero dei pazienti. Tanto più che una parte del personale medico si ammalerebbe. La produzione dei vaccini rallenterebbe, perché anche molti operatori dell’industria farmaceutica si ammalerebbero. Le scorte di vaccini e gli atri rimedi si esaurirebbero rapidamente, lasciando esposta al contagio gran parte della popolazione”.
Webster non prevedeva il coronavirus, ma sapeva che ci vogliono controlli e vaccini. Semplice: “Si spendono miliardi di dollari in armamenti, si spende poco o nulla per accumulare riserve di medicinali e attrezzature in grado di combattere influenza. Bisogna convinere i governi a prendere queste misure, tanto più che il costo sarebbe irrisorio in confronto ai disastri sociali ed economici  che accompagnerebeo una pandemia”.
Robert G. Webster-Elizabeth Jane Walker, Influenza, “Le Scienze” maggio 20013
 “American Scientist”, free online

mercoledì 1 aprile 2020

Cronache virali

La stampa cinese commenta l’esplosione della pandemia in America ribadendo quanto già scritto dell’Italia: Europa e Stati Uniti hanno sprecato la finestra temporale aperta dalla Cina a Wuhan,  dissipando in misure lente e inefficaci i “primi 50 giorni”, durante i quali è stato possibile (in Cina) rallentare e circoscrivere l’epidemia.
È ormai riconosciuto dai giornali a Pechino che Wuhan è diventata un focolaio d’infezione estesa per le resistenze delle industrie locali ai primi tempestivi interventi di quarantena. Specie dell’industria del tempo libero, che non  voleva rinunciare ai lunghi e dispendiosi festeggiamenti del capodanno cinese.
Per riaprire, il mercatino di strada, tre chioschi, carne, pesce e ortofrutta, ha dovuto mettere in campo un ingegnere\architetto per il progetto, un geometra esperto delle pratiche comunali, un suo contatto al Comune esperto del Dcpm di Conte e delle delibere della sindaca Raggi, nonché l’operaio del Comune addetto a fare, a mano, le strisce gialle, di camminamento, di delimitazione, di posizionamento, di pagamento. Nonché affittare le opere provvisionali: una rete di recinzione dell’intero mercatino, e i pilastrini con catene per bloccare il passaggio di auto e moto ai due lati stradali. Hanno speso 280 euro, l’uno. Che non recupereranno nelle tre settimane di prevedibile ulteriore quarantena. Ma temevano di perdere la clientela.
I mercati rionali coperti invece sono stati liberi di operare, perché previsti dal Dcpm di Conte, anche in affollamento.

Letture - 415

letterautore

Alloglossia – L’uso di una lingua straniera come esercizio di stile. È il caso di Jhumpa Lahiri con l’italiano. Lo è stato di Beckett col francese. Di Milton con l’italiano. Di Joyce con l’ italiano, il triestino, il tedesco

Arcadia – È “invenzione” di François-Séraphin Régnier Desmarais, uomo di chiesa e diplomatico francese del secondo Seicento (come diplomatico trattò a Roma la questione della Corsica), esperto latinista,  autore di poesie anche in italiano, che vefe passare come di Petrarca. Le sue traduzioni in italiano da Anacreonte modellarono il gusto arcadico. Tradusse in italiano anche, lascando il lavoro incompiuto, l’ “Iliade” – la traduzione forse migliore per ritmo, in endecasillabi sobri, efficaci.

Brexit – In letteratura avrebbe molte sorprese. Stevenson, Walter Scott, Conan Doyle, i più popolari scrittori inglesi sono scozzesi. O Cronin. O Burns e Muriel Spark. E Adam Ferguson, Adam Smith, Hume. Boswell. Frazer. O gli innumerevoli irlandesi: Swift, Sterne, Yeats, Wilde, Shaw, Joyce, Beckett. Anche Bram Stoker.

Céline – Vale per lui quello che il non amichevole Gide disse delle “Bagattelle per un massacro”, il pamphlet antibellicista, e antisemita, del 1937. “Non è la realtà che dipinge Céline: è l’allucinazione che la realtà provoca”. La realtà di Céline: “Céline eccelle nell’invettiva. L’aggancia a qualsiasi cosa. La juiverie qui non è che un pretesto”. Vomitava su tutto, in effetti.

Sartre fu céliniano della prima  ora. “La nausée”, la sua prima opera, un racconto-romanzo, scritto nel 1932, l’anno del “Viaggio” di Céline, fu riscritto, un paio di volte, dopo la lettura del “Viaggio”, pubblicato nel 1938, e si apre con una citazione “L’Eglise”, il dramma satirico che Céline aveva scritto prima del “Viaggio” e pubblicato un dopo il successo del romanzo”: “È un ragazzo che non ha nessuna importanza collettiva, è solo un individuo”. È un apprezzamento che il dominus ebreo della commediola, Yudenzweck, capo di Bardamu-Céline alla Società delle Nazioni, rivolge al giovane medico suo sottoposto. “La nausea” si legge meglio infatti in chiave céliniana – benché sempre di lettura impervia.

Italo-greci – Usava per molti scrittori greci scrivere in italiano nelle isole joniche e a Creta. Qui i più rinomati sono, nel Cinquecento, i fratelli Cornaro, Andrea e Vincenzo. Nel’Ottocento si segnalano a Zante il poeta, e per un periodo segretario di Foscolo, Andrea Calvo o Calbo, e poi  Dionisios Solomòs, stimato rinnovatore della letteratura neogreca, e Stéfanos Martzokis. Nel primo Novecento l’eminente Ghiorgos Sarandaris, greco di Turchia (nato a Istanbul)..

Italo-slavi – Come oggi gli anglo-indiani, plurime generazioni ci sono state di scrittori slavi in Dalmazia che scrivevano e pubblicavano in italiano. Brugnolo, “La lingua di cui si vanta Amore”, ne fa un elenco minimo: i cinquecenteschi Savino Bobali Sordo (Sabo Bobalijević Glušac), Lodovico Pascale (Ludovik Paskalić), e Domenico Ràgnina (Dinko Ranjina), e i secenteschi Francesco Ghetaldi (Frano Getaldić), e Igazio Giorgi (Ignjàt Đurđević).

#metoo – Era parte della morale, o precettistica, della Controriforma. “Il valore della verginità, solennemente riaffermato dal concilio di Trento”, scrive Giorgia Alessi ne “II gioco degli scam­bi”, “fu tutelato, negli orientamenti giuridici dell’Italia post­tridentina, attraverso la sanzione penale: non solo la deflorazio­ne violenta, ma persino la seduzione avvenuta con il consenso della sedotta, vennero qualificate ‘stupro’ ed inserite tra le vio­lazioni più gravi della convivenza civile”.

Prebistero – Viene in uso per prete, oggi diminutivo e quasi offensivo – specie nei proverbi e le aggettivazioni, che restano. Sacerdote era l’opzione già in uso. Ma richiama il sacro. Presbitero invece richiama l’anzianità (“il più anziano), per età o solo morale (intellettuale, culturale).

Rilke – Provò con l’italiano, oltre che col francese. Con due brevi componimenti:
La Nascita del Sorriso
Vinse il Dio quella chi sola al mondo
Ebbe la fonte nel suo angelico viso.
Cantimi, inclita musa, il primo giocondo
Quello, nostro ancora, raro sorriso.
(Novembre 1920)

Dimmi, uccello, sempre vai
lí dove il cuore ti porta?
Mai non t’inganni
mai non cedi al vento?
Io spesso, su queste ali
dell’alma vado incerto.
L’Angelo inoccupato
d’una fanciulla chi dorme
verso un punto del cielo
torna il mio cuor.
(Agosto 1924).

Sirene – Le vide Colombo, nel primo viaggio, nei Caraibi: “Le tre sirene elevavano i loro corpi sopra la superficie dell’oceano, e benché non fossero così belle come si rappresentano nelle pitture, il loro viso rotondo aveva nettamente forma umana”. Claude Lévi-Strauss opina in “Tristi tropici” che fossero dei lamantini, dei trichechidi – che però non sono belli.

Voltaire – Mangiapreti, fu anche, o si atteggiava, cattolico, pio. Fra i destinatari delle 178 lettere di lui rimaste scritte in italiano figurano sacerdoti, frati, gesuiti, teologi, cardinali, e due papi, Benedetto XIV (tre lettere) e Clemente XIII. Con Benedetto, persona di grande cultura, lo scambio fu intellettuale.  A Clemente XIII Voltaire mandò, congiuntamente alla nipote Mme Denis, sua amante, la richiesta di una reliquia di san Francesco, per una chiesa che “Francesco de Voltaire” intendeva edificare “nelle vicinanze della herezia”. Le reliquie furono mandate, la chiesa fu edificata, e Voltaire vi prese anche la comunione, per dare “un esempio edificante” ai popolani suoi vicini.

letterautore@antiit.eu

Contro il secolo della psicoanalisi

Trecentocinquanta pagine di contestazioni a Freud. Anche solide. Anche di senso comune. Del metodo di ricerca: il caso singolo, nemmeno indagato, è un pretesto. Dell’elaborazione. Delle troppe “verità” – conclusioni, assiomi. Dell’epistemologo ritenuto il più fine del secondo Novecento – in guerra peraltro con Popper, primo Novecento, e con tutto il positivismo, cui ascrive Freud.
L’inconscio dinamico, freudiano, “acquisisce i suoi contenuti in gran parte dalla rimozione inconsapevole di idee originariamente presenti in una certa forma nella coscienza”. Ma come ? Nel sogno? Con le associazioni libere? “Metodi” troppo casuali – da gioco di società. L’inconscio cognitivo basta e avanza, e sottrae ogni credibilità all’inconscio pasicoanaltico: “Nell’inconscio cognitivo regna dappertutto una grande razionalità, che presiede ai processi computazionali e associativi con cui vengono risolti i problemi posti dalla memoria, dalla percezione, dal giudizio e dall’attenzione” Anche se il contenuto di desiderio dell’inconscio” fa si che “esso operi in maniera altamente illogica”. Inoltre, “nell’inconscio cognitivo non giocano alcun ruolo né l’espulsione dalla coscienza di idee e ricordi, né la censura selettiva operata al loro ingresso nella coscienza”.
Grünbaum non si ristampa perché ha fatto troppi danni – al business? È da dubitare, l’analista è un dogma, anche se si limita ad ascoltare. Costa, ma è come un social, non si può fare a meno di chiacchierare. Del proprio subconscio, poi, con rimozioni e colpe e tutto, è un delirio.
“Che prospettive si delineano per il futuro della psicoanalisi nel XXI secolo?” Grünbaum si cautela – siamo nel 1984 - con lo psicoanalista Meehl. Ma per ribadire la sua condanna, di lungo corso: “Avremo un secolo in cui la psicoanalisi potrà essere accettata o rifiutata, soprattutto sulla base delle opinioni personali di ciascuno. Se questo accadrà, la mia previsione è che essa sarà lentamente, ma ineluttabilmente, abbandonata, sia in quanto prospettiva terapeutica sia in quanto teoria della psiche”. Non sembra il caso: accettato o rifiutato, e benché non guarisca, il business marcia: l’“aiutino” psicologico, di uno che ti sta ad ascoltare, è sempre pregiato, anche se non scientifico, anche se ascolta distratto – come fargliene una colpa, troppi casi.
Adolf  Grünbaum, I fondamenti della psicoanalisi.

martedì 31 marzo 2020

Problemi di base del nulla bis - 551

spock
“È impossibile immaginare il nulla – il nulla è un’impossibilità”. Bergson?

Il nulla è logico?

O è più logico, il meno arbitrario – cioè non è logico?

“Quanto più l’universo ci appare comprensibile, tanto più ci appare senza scopo”, Steven Weinberg?

“Chi non abbia mai, per così dire, gettato lo sguardo nell’abisso del Nulla assoluto, finisce fatalmente col perdere di vista il carattere eminentemente positivo  della consapevolezza che esiste qualcosa, anziché il nulla”, Max Scheler, diplomatico e filosofo?

“Vi lamentereste  anche se non ci fosse niente”, Sidney Morgenbesser?


“Un’entità reale è superiore a una immaginaria”, sant’Anselmo di Canterbury (d’Aosta)?

spock@antiit.eu

Informazione virale

Dalle cronache di malasanità, tra morti e ruberie, al sistema sanitario modello mondiale.
Un sistema sanitario che in dieci anni ha ridotto di un terzo i posti letto in ospedale, da 298 a 192 mila. Per effetto del patto di stabilità, ma di più e con più lena per fare posto alle cliniche private: i posti letto in ospedale sono passati da 9,1 a 8 in Germania, da 7,0 a 5,9 in Francia, da 4,7 a 3,8 in Italia.
Specialmente smantellate le strutture e le attrezzature per la terapia intensiva – nonché i dispositivi di protezione individuale di medici e infermieri. L’Italia è arrivata al coronavirus con 5.300 posti letto di terapia intensiva, utilizzati prima del contagio al 50 per cento (cioè distribuiti male). La Germania ne contava 28 mila, utilizzati all’80 per cento. In rapporto agli abitanti, la Germania contava 0,3 posti di terapia intensiva per mille abitanti, la Francia 0,12, l’Italia 0,09.
I posti letto per malattie infettive erano prima del coronavirus 2.738, tutti pubblici, utilizzati al 90 per cento.  

Cronache virali

In Lombardia il numero più alto di vittime del coronavirus per 100 mila abitanti: 41. Madrid segue con 23.
Un ospedale nuovo a Londra, per 4 mila letti, in una settimana, uno nuovissimo, mura comprese, a Wuhan in dieci giorni, uno ricavato dai locali della (ex) Fiera in quindici, e non ancora funzionante. Ma basta per annunciare il primato di Milano. Servirà al rilancio immobiliare dell’area.
Si poteva fare meglio? Come no, spiega Giorgio Parisi, fisico eminente, presidente dell’Accademia dei Lincei: bastava far fare la quarantena in luoghi appositi, invece che in casa, a infettare familiari e condomini. Come aveva fatto la Cina – e Roma prima di essere sommersa da Milano.
Il cane sì, anche tre volte al giorno, con accompagnatore-i, il bambino no, nemmeno in carrozzina, coperta. Lamorgese e Gabrielli tassativi difendono la salute – del cane o del bambino?
Non c’è più l’italiano-a di Londra che dice meraviglie in confronto con l’Italia. In compenso c’è l’italiano di Berlino, anche di Parigi, che dice come tutto lì fila liscio, senza burocrazie, senza intasamenti, cure perfette, soldi subito. Un paradiso.
Harry Potter in tv all’ennesima replica ha battuto Camilleri in prima ma senza Montalbano. Con Montalbano, benché all’ennesima replica, Camilleri si riprende il primo posto in prima serata tv, Harry Potter viene secondo. In due si prendono la metà della audience: c’è bisogno di un po’ di pace, cioè di giustizia.

Sculacciando l’autore

La donna a ore rigoverna in dettaglio. Ogni tanto frustata dal padrone di casa. Ma senza lamenti. Forse un sogno, per lettore-analista – ma non pagato?
Dell’inutilità della scrittura fredda, dello sguardo – “ricercata”.
Delle traduzioni inutili, per accattivarsi l’agente (“un Philip Roth per dieci Coover”)?
Robert Coover, Sculacciando la cameriera, Guanda, pp. 65 € 6

lunedì 30 marzo 2020

Tremonti contro Draghi

Contro Draghi, che oggi sembra fare l’unanimità come salvatore della patria, scaglia due pesanti accuse l’ex ministro del Tesoro Tremonti in una dettagliata intervista  con Andrea Indini sul “Giornale”. Senza nominarlo ma individuandolo con chiarezza, in due punti chiave: della competitività internazionale, e della crisi italiana del debito.
 Nell’ottobre del 2008, come ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, ho scritto alla presidenza di turno europea, al ministro Lagarde, una lettera. In quella lettera, scritta mentre la crisi stava esplodendo, c'erano un punto generale sul bisogno di regole per l’economia e un punto particolare europeo sull’esigenza di un Fondo salva Stati per gestire la crisi. Punto primo: in sede G20 il governo italiano proponeva di stendere, insieme all'Ocse, un trattato multilaterale denominato “Global legal standard” (Gls). Il senso era: si deve passare dal free trade al fair trade. Non basta che a valle il prezzo di un prodotto sia giusto (free trade), è necessario che a monte ne sia giusta anche la produzione, rispettosa di tante altre regole (fair trade). Ad esempio, all'articolo 4, si era scritto: regole ambientali ed igieniche. Il trattato fu votato dall’Ocse ma questa filosofia politica fu battuta dal “Financial stability board” (Fsb), ispirato dalla finanza come dice il nome stesso”. 
Del Financial Stability Board era parte, per l’Italia, Draghi.
Al secondo punto della lettera “il governo italiano faceva notare che nei trattati europei non cera la parola crisi. Trattati che erano stati tutti scritti in termini progressivi e positivi dove il bene era la regola e il male era l’eccezione non prevista. Si iniziò, quindi, sulla base della nostra proposta, la discussione sulla crisi e sulla necessità di introdurre un fondo anti crisi. Alla fine, una notte, fu invitato in Eurogruppo un notaio per incorporare con strumenti di diritto privato il primo fondo europeo. La logica della discussione, in quelle lunghe notti, era: sopra serietà, pur se non austera, nel fare i bilanci nazionali, sotto solidarietà per chi andava in crisi e, in mezzo, il fondo europeo come piattaforma da cui lanciare gli eurobond. Sugli eurobond ricordo l'articolo scritto sul Financial Times da me e Juncker”. 
Poi tutto si è rotto quando è esplosa la crisi della Grecia... “Al tempo ero presidente dei ministri dell'Economia del Ppe. Quando Juncker chiese di usare il Fondo salva Stati per salvare le banche, risposi: ‘Potrebbe, ma a patto che la contribuzione nazionale al fondo non sia basata sul Pil, come giusto nella funzione salva Stati, ma sul rischio, come giusto nella funzione salva banche. Sulla Grecia le banche tedesche e francesi erano a rischio per 200 miliardi di euro, l’Italia solo per 20. L’ipotesi del passaggio nel calcolo dal pil al rischio innescò la crisi. Qualche giorno dopo esplosero gli spread e fu spedita la lettera Bce-Bankitalia del 5 agosto”. 
La lettera, che doveva essere riservata e fu resa pubblica, portando  l’Italia al quasi fallimento, fu firmata per la Banca d’Italia da Draghi.
Segue nell’intervista una coda velenosa, che assimila Draghi a un quisling: “Obiettivo di queste manovre non era solo prendere i nostri soldi per salvare le loro banche ma anche mascherare gli altrui vizi di sistema e, passando dal calcolo sul Pil al calcolo sul rischio (“dal calcolo sul rischio al calcolo sul Pil è probabilmente la redazione giusta - n.d.r.), evitare di far venir fuori la vera causa della crisi, una crisi bancario-sistemica che era più nel Nord che nel Sud dell’Europa”. 

Secondi pensieri (414)

zeulig
Contratto sociale – L’idea di Rousseau è la più sottile di ogni concezione politica: il contratto è l’accettazione, latente e continua, di ogni individuo di far parte di un certo gruppo, anche se in minoranza o in dissidio. Non è però la regola della democrazia – si può accettare anche la tirannia.
È un principio di identificazione, e la misura della stessa.

Dio – È la più grande invenzione: dell’Inventore Universale.
È il cervello umano all’ennesima potenza - collere incluse, anche manesche. Non è altrimenti pensabile.
È il vecchio animismo, con i libri di storia e filosofia – e con Einstein.

“L’unica immagine di Dio è l’uomo vivo”, Giovanni Gennari?

Entropia – È (anche) social, argomenta Lévi-Strauss, “Primitivi e civilizzati” 47-55: “Le società somigliano un poco alle macchine, e vi sono due tipi di macchine: le meccaniche e le termodinamiche”. Le prime “possono in teoria funzionare indefinitamente con l’energia iniziale”. Le seconde “consumano la loro energia e progressivamente la distruggono”. Le prime propone di chiamare “fredde”, “orologi paragonati a macchine a vapore, che producono pochissimo disordine (i fisici lo chiamano «entropia»)”. Le macchine a vapore vano invece per differenza di potenziale, e le nostre lo ottengono “attraverso forme diverse di gerarchia sociale” – “schiavitù, servitù, divisione di classe”.
Se non che la differenza, più o meno irriducibile, è produttiva: “La società è una macchina e contemporaneamente è il lavoro prodotto da questa macchina. In quanto macchina a vapore essa crea entropia ma in quanto motore fabbrica l’ordine”. L’entropia sociale attiene alla cultura – “la cultura fabbrica l’organizzazione: coltiviamo la terra, costruiamo case, confezioniamo oggetti…”. La società è altro, ma è complementare alla cultura, che causa l’entropia.

L’entropia entra nelle scienze sociali con Gobineau, afferma ancora Lévi-Strauss: “Per primo ha intravisto l’elemento entropia, cioè il disordine, che è un fattore concomitante del progresso e caratterizza in modo essenziale la società”. Ma, situandolo “«naturalmente» il più lontano possibile dalla cultura”, naturalmente per il suo tempo, “lo ha situato nella natura, a livello delle differenze razziali”.

Religione – Si propone il papa a ogni ora del giorno durante il contagio, sulla piazza di san Pietro da ultimo come in un film della serie di Sorrentino (“The Pope Alone” subito bollato sui social), dopo aver detto messa la mattina, e dato la benedizione a mezzogiorno con un fervorino, e si vede, si sa, si sente che è solo, che dice messa e si parla da solo. L’immagine di desolazione rinnovando originaria, della sua passeggiata sul Corso deserto, una giornata livida, verso San Marcello miracoloso. Si propone intercessore della grazia divina, ma con effetto energizzante o deprimente? La funzione della religione non è nella compassione, nelle buone intenzioni, nell’opera buona – quella è di tutto il creato, anche delle bestie, anche degli alberi e dei fiori. del’acqua, del vento.  Della terra.

Schopenhauer - Nietzsche correva troppo. Rohde, l’amico più amato, disse che veniva “da un paese dove non abita nessuno”. O il suo problema è che divenne filosofo avendo letto, rapidamente, Schopenhauer. Il quale invece è stanziale, scriveva ponderoso e immutabile. Pretendendosi Budda, pieno di sorprese: “Coloro che agiscono per fede sono simili a coloro che agiscono per avidità”, diceva cose simili. E:“Coloro che si lasciano guidare dall’intelligenza sono simili a coloro che si lasciano guidare dall’odio”. Come Budda distinguendo sottile: “Nascendo morimur”. La vita è la morte: “La vita migliore è la morte. La morte è il più alto grado di guarigione. La morte è da considerare il vero fine della vita”. Il mondo si preserva distruggendosi. I popoli sono astrazioni, le masse non sono più dei singoli – l’argomento del sorite rovesciato: non sapeva fare le somme. A lui si deve la scoperta che “l’uomo era all’origine un animale nero e pulito”.
L’“Herald” riferì il 16 luglio 1836 che al tribunale di Londra, dopo l’arringa del difensore, l’imputato pianse esclamando: “Non credevo di aver sofferto la metà di quello che ho qui sentito”. Su questo aneddoto Schopenhauer costruì la filosofia del pianto e le passioni. Ma ha fatto di peggio. L’uomo è il sesso, diceva, i genitali il fuoco della volontà. Si basava sulla scoperta dei suoi anni che Venunft, la ragione tedesca, viene da vernehmen, afferrare. Ma è filosofo poco tedesco: non c’è differenza tra coito e polluzione, sosteneva, con entrambi si afferra una ombra. Si riteneva specialista di baci, possedendo una letteratura in tema, e di rapporti intimi, di cui scrisse la metafisica. Volendo ravvivare la natura, che ripetitiva genera tanti uomini quante sono le donne, ideò il sistema variabile a scalare della donna in uso a due uomini, da surrogare via via con una più giovane. Proposta migliore se ne potrebbe ricavare dai cavalli semibradi, tra i quali è diffusa la poligamia ma non la comunione delle giumente: lo stallone, rinchiuso quando la forza monta con una dozzina di femmine coetanee e poi da esse separato, sa ritrovarle alla nuova stagione degli ardori, le infedeltà equine sono rare. Questa gli sfuggì, e d’altra parte soddisfare una dozzina di fedeltà non è impresa lieve.
L’odium figulinum è per Schopenhauer fatale: “Tra uomini è limitato alla sola professione, tra donne riguarda l’intera categoria, giacché esse hanno tutte un solo mestiere”. Ebbe “due bastarde”, confidò, cui fece un paio di bastardi, rimasti ignoti. Ma solitamente riversava l’amore per la madre, confessato a Goethe nel 1815, su serve e prostitute. Una sola poesia d’amore scrisse, per Caroline Jagemann, che però era amante prolifica del duca di Weimar - al quale impose il licenziamento di Goethe. Il 27 maggio 1822, tornando dall’Italia, trovò la sua “principessina” Caroline, detta Medau o Medon, impegnata a fare un figlio, non con lui, ma non gliene volle: si scambieranno doni e biglietti fino in vecchiaia.
Oltre che dell’amore Schopenhauer fu filosofo unico degli spiriti, di cui pure fece la metafisica, nonché della “Metafisica della musica”, sul basso continuo – quello che fa poropò, poropò, poropò, anche se stridulo, di solito alla spinetta. Autore del famoso detto “felicità è non esser nati”, spiega che l’allegria nasce dall’insufficienza della ragione: ridono dunque gli stolti. Tante essendo le “luminose verità” per le quali egli a venticinque anni scoprì di essersi “affaticato tutta la vita”. Per esempio: “Il mondo è una mia rappresentazione, il mondo è la mia volontà”. O: “Dopo di me si potrà andare in larghezza, ma non in profondità”. E: “Se non ci fossero i cani io non vorrei vivere”. Patapùm, patapùm, patapùm, la voluttà di scrivere in prima persona il figlio di Johanna - romanziera famosa, italianista per amore, dell’insegnante di italiano - la esercitò senza limiti, ridando al filosofo l’orizzonte aperto dell’infante. Ebbe un barboncino, cui diede nome Atma, che in sanscrito è tutto, “mondo anima”. Ma sui cani Jean Paul l’ha preceduto, col progetto di appositi bordelli: “Il cane, come l’uomo, ha sempre prurito”. Anche questa non è male: “La storia letteraria è il catalogo di un gabinetto di aborti”. O questa: “La prova prediletta della creazione – di Dio – è che l’esistenza presuppone la non-esistenza”.

Woody Allen ipotizza che Schopenhauer negli ultimi anni divenne sempre più pessimista perché si accorse di non essere Mozart. Fu anche seguace del barone von Halberg, che possedeva il segreto delle ciliegie senza nocciolo – il barone asportava a questo fine il midollo al ciliegio e ne fasciava il fusto. La volontà è sempre attiva e decisa, diceva, la conoscenza invece sempre degenerata, tra follia e idiozia. Il brutto della vita, disse anche, è che c’è sempre uno più stupido di te.
A Berlino, dove la fama di Fichte era al culmine, e il potere di Hegel, cercò cattedra con un libro in cui sberleffava Hegel, Fichte e ogni altro. Per dieci anni poi inseguì invano una carriera di docente, sempre a Berlino.
Fece testamento per i mutilati e reduci di tutte le guerre, sotto l’insegna “Date obolum Belisario”. Si credeva nel Sei-Settecento, fino a Goethe, che Belisario, dopo aver restaurato Giustiniano, fosse caduto in disgrazia e sopravvivesse con le elemosine. Il lascito fu deciso nel ‘48 in odio alla rivoluzione, e restò immutato. Schopenhauer era figlio dell’“orgoglioso repubblicano” Heinrich Floris, un libertario che all’amato figlio insegnò il portamento eretto, e per non diventare suddito prussiano lasciò Danzica nel 1793, a quarantesi anni, per ricominciare daccapo a Amburgo, città libera. Aveva ingranato bene Heinrich a Danzica, nel commercio: l’ultima festa per Arthur vi celebrò coi fuochi d’artificio. Arthur nel ‘48 preswtò il cannocchiale a un tenente perché aggiustasse la mira contro i rivoluzionari. E tenne sempre la pistola a portata di mano, da ragazzo a Gottinga fino alla morte. Ai pedoni voleva imporre la destra, “come gli inglesi”, i quali invece, è notorio, tengono la sinistra. E sostenne che il passo agile va con le doti intellettuali, i contadini per questo vanno lenti. Ne scrisse ripetutamente, e nei “Parerga e Paralipomena”, essendo egli un camminatore - figlio della madre, tipicamente, come Nietzsche del padre.
.
Scienza – È l’effetto della paura? È ipotesi non peregrina di Louis-Ferdinand Destotuches, in arte  poi Céline, medico epidemiologo, per la Fondazione Rockefelelr e per la Società dele Nazioni, nella sua prima opera letteraria, il dramma satirico “La chiesa”: “In  fondo, la scienza, non è che il tentativo di capire, e se ci teniamo tanto a capire, sono arrivato a pensare, è perché abbiamo paura di tutto”. E fa l’esempio degli animali, in umanizzazione postumana: “Gli animali ad esempio, mica cercano di capire, è che hanno meno paura di noi. Noi abbiamo una strizza tremenda, e dalla nascita fino alla morte non ci molla un momento”.

zeulig@antiit.eu