Giovanna si era sposata
con un politico democristiano, senatore e ministro, Giulio Cesare Orlando, con
Ungaretti testimone di nozze. Di suo passò la vita a perfezionare la raccolta
“Esercizi” pubblicata da Garzanti nel 1948. Amava dire i versi degli altri, in
tutte le occasioni, pubbliche e private. E tradurre: Omero, Virgilio, Goethe,
Novalis, von Hofmannstahl. Da ultimo volle tradurre l’“Odissea” in
endecasillabi – consegnando infine un’edizione “definitiva” ma “non completa”.
Concilio di Trento - “Erant ibi etiam
300 honestae meretrices, quas cortigianas vocant”, c’erano anche trecento
meretrici oneste, che si chiamano cortigiane - Kant, “Antropologia dal punto di
vista pragmatico”.
Kant cita dalla
“Historia Concilii Tridentini”, e “ibi” intende nella sola Trento, mentre il
congresso si svolse per lo più fuori della città. La “Historia” è opera tarda
del cardinale Pietro Sforza Pallavicino, in polemica con la storia di Paolo
Sarpi - la storia, invenzione dell’Europa, è traditrice?
Follia – È
poetica nel senso proprio, volgare, medico, della parola: molti poeti furono
“pazzi” – ebbero crisi di vari tipi di follia, prima di Dino Campana e Alda
Merini: Hölderlin naturalmente, o Tasso, e Nietzsche (è Nietzsche poeta? si), Heine, Nerval,
Celan.
Heine – È in
Germania come la Resistenza: c’è, “abbondante”, ma la Germania non sa che
farsene. La Germania, finalmente libera
dal dovere imperiale, aveva alla sconfitta pronto da cent’anni il “partito dei
fiori e degli usignoli”. Ma non ha saputo che farsene. E che c’è di più ideale
dell’unità organica di democrazia, cosmopolitismo, pacifismo, diritti
dell’uomo, e di più realistico anche, dovendosi dare un’altra storia, di quanto
Heine prospettava? Ma niente, silenzio. Dovendone celebrare il centenario nel
1956 la buona Repubblica Federale se la cavò con un comunicato di poche righe.
Forse
la Germania si vergogna. Così si dice, intendendo che si vergogna di Hitler e
di sé. Ma forse si vergogna di Heine, che ha insegnato il tedesco ai tedeschi
ma era ebreo, incancellabilmente benché apostata. Non per caso dovette
andarsene a Parigi e farsi chiamare Henri.
O non sarà l’io e il mio Dio? Non si valuta a
sufficienza l’eversione di Lutero, radicale, barbara. Sì, inni, salmi, canti e
corali, ma è il nomadismo dell’anima che Lutero impone, a piccoli borghesi da
secoli e millenni sedentari e abitudinari, uno sconvolgimento del loro
minuscolo focolare intimo. Per non sanno bene che, ma fuori di loro. “Tutti i
popoli”, diceva Heine, “quelli europei e quelli del mondo intero, dovranno
superare questa lotta mortale, affinché dalla morte risorga la vita, dalla
nazionalità pagana la fraternità cristiana”. Lo diceva ai tedeschi, cristiano
neofita dopo tante prove – “keine Messe
wird man singen,\ Keinen Kadosh wird man sagen,\ Nichts gesagt und nichts
gesungen\ Wird an meinen Sterbetagen”,
niente messe cantate, niente kadosh recitati, niente detti e niente canti ai miei centenari – alle celebrazioni della
morte.
Italiano –
Brigitte Bardot imparò l’italiano prima del francese, dalla tata – lo racconta il
suo biografo, Mauro Zanon, in “Brigitte Bardot, un’estate italiana”. La
bambinaia, Dada, era stata portata in Francia dalla madre, Anne-Marie Mucel,
francese nata e cresciuta a Milano, quando dopo il matrimonio con l’industriale
Louis Bardot era andata a vivere a Parigi.
La
“ragazza bellissima, genere leonino”, etc., che sarà il grande amore del deus
ex machina Malaussène, Pennac (“Il paradiso degli orchi”) dice avere “fianchi italiani
che ondeggiano placidi”.
Jean Paul –
Bisogna considerarlo fra i precursori, o ispiratori, di Marx? Hartmut Retzlaff, già direttore del Goethe Institut a Roma, in appendice
a J.Paul, “Clavis fichtiana seu leibgeberiana”, ci trova tutto il primo Marx, che
di Jean Paul era gran lettore: l’alienazione e il feticismo della merce, “i
termini cardine della critica delle merce nel primo volume del «Capitale»” -
molti studi sono stati fatti in argomento. E poi dopo: “L’uso metaforico delle Charaktermasken (termine che origina
nella Commedia dell’Arte), come parametro di una sociologia dei ruoli ante litteram, e il termine Fetichismus per descrivere
l’autoriduzione delle società evolute a un primitivismo percettivo, risultano
decisive per la sociologia del tardo Marx”.
Letteratura –È
femmina, non solo come genere grammaticale? Berardinelli lo dà per assodato, sul
“Venerdì di Repubblica” parlando di Cesare Garboli, della sua infatuazione per
il Pascoli “familiare”: “Il caso Pascoli metteva a nudo senza pudori la
visceralità femminile della letteratura, il suo potenziale consolatorio e
materno” – nel caso Pascoli a compensazione del “rifiuto di concepire ogni
rapporto con la realtà e il principio di realtà se non come distruzione
traumatica dell’intimità e amputazione del desiderio” (cioè, col rifiuto della
femminilità?).
Norvegia – Nel
1946 il compaesano di Kunt Hamsum che gli si accompagna, l’unico che ancora
parla allo scrittore premio Nobel da quando è stato sanzionato per hitlerismo,
va scalzo. Porta le scarpe a tracolla per non consumarle - le porta per entrare
un chiesa, le usa solo lì.
Padre – La figura è radicalmente cancellata
dal romanzo familiare già nel 1985, da Daniel Pennac in “Il paradiso degli
orchi”. La mamma sessantottina cambia spesso compagno, e con ognuno procura di
fare un figlio – di cui non si occupa, ma è sempre la madre: la madre c’è per
quanto assente, il padre no, e senza mancanze o nostalgie.
Popper
–
1973-1974, si traduce infine Popper, “La società aperta e i suoi nemici”,
trent’anni dopo, da editore specialista, di pedagogia. A uso dei magisteri? L’Italia
non voleva sapere che il socialismo bolscevico era totalitario, la colpa era di
Stalin.
Shakespeare – “Ha
scritto tragedie molto violente”, “Tito Andronico” o anche il “Mercante di Venezia”
- Al Pacino, “Writers on writers”, il forum online di Antonio Monda, “la
Repubblica”.
V. Woolf –
Amava “suo marito, colto, ma ebreo e per questo non trattato sempre come un
vero gentleman, anche se lo considerava la pietra su cui appoggiare le proprie
irrequietezze”, Alvar González-Palacios, “Nel cottage di Virginia Woolf” (“Sole
24 Ore”, 5 luglio) - e anche se ne ha preso il nome. Non per razzismo ma per
snobismo. Che è razzismo, di chi si vuole racé,
specie se non lo è per nascita.
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