sabato 5 settembre 2020
Problemi di base ecoballistici - 592
Il Millennio di Saturno
Un repertorio “completo” della
malinconia – oggi depressione, al limite con la follia, ma compreso anche l’“entusiasmo”, il furore religioso. Non malinconico, avendo
la forza di percorrerlo per intero – ma si può fare a pezzettini: non è un
trattato, è un’antologia, commentata, con lievità. Frutto di un secolo, il Cinquecento, in cui l’uomo conquistava il mondo – l’opera
fu scritta e pubblicata ai primi del secolo successivo. Con la sola riserva
che, l’autore professando la fede anglicana, di cui era ministro a Oxford, al
fondo c’è una sorta di resa alle passioni: l’uomo è debole, solo lo Spirito
Santo può salvarlo. Del resto, storicamente era la vigilia della guera civile,
in un paese letteralmente infestato dalle sette religiose, ne sono state
contate almeno trecento, tutte fondamentaliste. Quanto di più lontano dal buon
parroco Burton, che dell’entusiasmo,
o possessione divina, en theós ousia,
fa uno dei due terreni di caccia preferriti, insieme con le pene d’amore.
Un repertorio non un saggio, che
che il bibliomane Burton aggiorna nelle varie edizioni dopo la prima del 1621-
nel 1624, 1628, 1632, 1638, 1651 - con consistenti ampliamenti, e con
modifiche. La ricerca ebbe infatti grande successo, benché bilingue, con lunghi
tratti in latino, accanto all’inglese.
Un’opera didascalica. Che Burton stesso
presenta e spiega con un’ampia
introduzione, in prosa e in versi. Nelle prime due parti esuma tutti i tetsi
sulla malinconia in generale. Nella terza parte tratta della malinconia d’amore
e di quella religiosa, dell’entusiasmo.
Un repertorio del sorriso, per
quanto profuso. Sul presupposto, che l’autore ricorda spesso, che tutto si può
salvare, basta anche solo una passeggiata, un teatro, un’occupazione qualsiasi,
pur triviale, e il sorriso: la chimica degli umori è insidiosa, ma non letale. Digressioni,
curiosità, le stesse citazioni, sono scelte e presentate in stile lieve, anche
umoristico.
Si veda il repertorio dei suicidi. I più secondo
Burton li porta al suicidio il mal di pancia o malinconia, la vecchia bile
nera, “the doom of all physicians”,
l’incubo dei dottori, da Ippocrate e Galeno a rabbi Moses, Avicenna, Ezio,
Rhasis, Gordonio, Valesco, Altomare, Salviano, Capivaccio, Mercato, Erode di
Sassonia, Pisone, Bruel, Fucsio, Fracastoro. Il freddo all’anima che il mwedico
matematico Cardano dirà la peste, “quasi carneficina hominum, angor animi”
– e che Malaparte grottesco vide in Lapponia tra i tedeschi: gli Alpenjäger tirolesi e bavaresi, di
guardia contro russi e norvegesi, si lasciavano morire dopo rapido
invecchiamento. I dotti di Burton sono certi che la malattia dell’anima è la
più dannosa, ma senza tragedia: “Non sarò mai uno schiavo”, dice il ragazzo
Lacone buttandosi al fiume.
Il lavoro interminato di un
ricercatore curioso, aggiornato ai contemporanei Galileo e Bacone – con Ariosto,
per il “furioso” Orlando (ma non il Tasso, che pure era stato già tradotto in inglese).
. Di proposito bonario, a firma Democritus Junior, in omaggio al “ridente
filosofo atomista” greco. Per l’umore positivo, e più per l’erudizione: Democrito
passa per uno che sapeva tutto di tutto, Burton per avere letto tutti i libri
della biblioteca di Oxford.e ha condotto
Tradotto e presentato in équipe
da Luca Manini, Amneris Rosselli e Yves Hersalt, per i Classici della Letteratura
Europea, in traduzione e con l’originale.
Una malinconia, questa di Burton,
imperiosamente d’attualità. Dopo non essere stata tradotta per quattro secoli. Una
nuova traduzione integrale si annuncia a settimane di Einaudi nei Millenni. Una
parte è stata proposta da Castelvecchi a fine 2019, quella riguardante le pene
d’amore – riedizione della primissima edizione italiana dell’“Anatonia”, la “Malinconia
d’amore”, a cura di Attilio Brilli, nel 1981. Alcuni estratti erano annunciati
per Universale Feltrinelli a giugno, quelli curati da Franci e Fonte Basso nel
1983 per Marsilio, introdotti da un saggio di Starobinski, lo specialista contemporaneo
della materia (in una con Panofsky, autore di celebrati studi specificamente sulla malinconia intellettuale o artistitca, saturnina): Starobinski, morto quasi centenario l’anno scorso, era anche
psichiatra, e ha condotto in materia una ponderosa ricerca storica, sistematica
e non avventurosa alla Burton, “L’inchiostro della malinconia”, che sintetizza mezzo
secolo di ricerche, in aggiunta a saggi sparsi, sulla malinconia in Baudelaire,
le possessioni in Sofocle, i Vangeli, Füssli, per cui resta famoso. I curatori citano il poeta Bonnefoy,
che la malinconia dice “l’elemento che forse caratterizza più specificamente la
cultura dell’Occidente” – ma l’Oriente non si direbbe da meno, in Giappone, in
Cina, in India, specie in questo inizio di Millennio.
Robert Burton, L’anatomia della malinconia, Bompiani,
pp. LXXXIII + 3008 € 65
venerdì 4 settembre 2020
Problemi di base maschili di mezza estate - 591
spock
Bisogna
depilarsi, per soffrire?
Per
tatuarsi?
E
poi detatuarsi, per soffrire?
Dentro
un pantalone collant, senza aria?
Le sneakers ai piedi, di gomma irrespirabile,
per soffrire?
Imbruttirsi,
per l’odio del corpo?
Chi
dice che l’uomo, il maschio, è più intelligente?
spock@antiit.eu
Il mito Sherlock Holmes
Bellissimo illustrato, di
copertine e oggetti d’epoca e di foto, il personaggio e l’autore sintetizzati
con grande precisione. Dalla formidabile presentazione con Watson: “Vedo che
siete stato in Afghanistan”. Alla “morte” di Sherlock Holmes decisa un mese
dopo la morte del proprio padre di Conan Doyle. Alla partecipazione di Franklin
D. Roosevelt, il presidente americano, a un club holmesiano. Ai due film di
Sherlock Holmes che i russi trovarono nel bunker di Hitler. Alle statue erette
al personaggio in Svizzera e in Giappone. Ai francobolli di San Marino e del
Nicaragua.
Ci sono anche gli imitatori. Non
proibiti all’epoca, il diritto d’autore non era esclusivo. Ma Conan Doyle non
gradì, e Leblanc prima poi tutti gli altri dovettero storpiare il nome celebre.
Non male per un soggetto che era nato con un nome diverso, Sherrinford Holmes –
poi Conan Doyle sentì dire di un vecchio nome irlandese, Sherlock, e lo adottò.
Morto Conan Doyle le imitazioni sono state moltiplicate, senza più nomi
storpiati, a iniziativa del figlio Adrian, e del biografo principe, John Dickson
Carr, il giallista. Sono americane più che inglesi. Anche Oudin, con dieci
racconti vittoriani, di Sherlock Holmes ai quattro pizzi dell’impero, si è
esercitato, in “Sherlock Holmes et le cobra d’or”.
Di italiano figura solo,
nell’indice, il nome di Umberto Eco. Cui però nel testo corrisponde un
riconoscimento: “Con questo romanzo (“Il nome della rosa”, n.d.r.) il pastiche holmesiano ha conquistato i
suoi quarti di nobiltà”. Oudin dice holmesiano il protagonista di Eco,
Guglielmo di Baskerville: “Fiancheggiato dal discepolo Adso, oppone agli
inquisitori la logica dei metodi deduttivi”.
Un repertorio vasto. Con i grandi
interpreti al cinema, Basil Rathbone, Christopher Plummer, Roger Moore (in un
tentativo di resuscitare Irene Adler, con Charlotte Rampling quindi, e John
Houston di contorno), e al teatro, William Gillette. I club, più americani che
inglesi. I luoghi, e i musei. Il “canone”, avviato da mons. Reginald Knox per
scherzo – il monsignore, teologo (autore di un classico “Enthusiasm”, contro il
fondamentalismo religioso), giallista in proprio di buona reputazione, umorista
(“Come scrivere un cattivo romanzo poliziesco”), cappellano cattolico di
Oxford, lo avviò nel 1911, dopo la ripresa di Sherlock Holmes da parte di Conan
Doyle per le insistenze dei lettori, con una conferenza, “Studies in the
Literature of Sherlock Holmes”, in cui parodiava le analisi seriose applicate
al personaggio. Con un dizionario essenziale dei personaggi – e la questione, a
proposito di Watson: “È o no un imbecille?” Una guida al turismo. Una
bigliografia di Conan Doyle e una di Sherlock Holmes. L’indice dei tanti nomi.
Sherlock Holmes, “la creatura che
ha superato il suo creatore”, al debutto non era piaciuto. “Uno studio in rosso”
fu rifiutato da alcuni editori, e non
vendette. Conan Doyle si affermò col successivo “Micah Clake”, un romanzo
storico, che fu un successo. Sherlock Holmes fu salvato dagli editori
americani. E il mito è tuttora fiorente in America più che in Inghilterra, per
il numero di club holmesiani, le celebrazioni, le imitazioni. Per il cinema
anche: Sherlock Holmes è il personaggio più filmato, più di Napoleone: nel 2008
contava già 204 film, Napoleone solo 194.
Bernard Oudin, Enquête sur Sherlock Holmes, Découvertes
Gallimard, pp. 96, ill. € 13,10
giovedì 3 settembre 2020
Letture - 431
letterautore
Corrida
–
È la rappresentazione del “sacrificio”, secondo Leiris (“Età d’uomo”), che se
ne dichiarava appassionato: “Una sorta di dramma mitico, con questo tema: la
Bestia domata, poi uccisa dall’Eroe”. Un
sacrificio, “il” sacrificio: “Una messa a morte, un sacrificio, più valido di non importa quale altro sacrificio propriamente
religioso, perché il sacrificatore vi è costantemente minacciato di morte, e di
un colpo materiale – incassato tra le corna – invece della morte magica, cioè
fittizia, a cui si espone chiunque entra in contatto troppo brusco col
soprannaturale.
Femminismo - Fra
“le cento donne che cambiano il mondo, attiviste, scienziate, economiste, politiche,
artiste, ambientaliste, scrittrici, sportive…”, il settimanale “D” de “la
Repubblica” celebra le musulmane col velo, anche se è imposto dagli uomini. Il
velo è progressive? Il femminismo è sorprendente,
non nuovo - è la vecchia letteratura: maschile? maschilista?.
Italiano – Bach
ne aveva concetto preciso, di “italiano” in musica, spiega András Schiff sul
“Sole 24 Ore” domenica 23, “lui che non
andò mai fuori dalla Germania”, perché “era molto colto, studiava sempre”, e
“dalle musiche che trascriveva nelle biblioteche” costruì il “Concerto
italiano”. Di cui il pianista dice: “Non riesco a immaginare un omaggio più
grande all’Italia del movimento centrale, Andante,
che guarda a Benedetto Marcello e a Vivaldi con una melodia bellissima e
infinita, per la mano destra, mentre la sinistra tiene un ostinato che è un
vero battito del cuore”.
Ancora:
“Lo stesso modello Bach lo userà nelle venticinquesima variazione delle
“Goldberg”, l’Adagio in sol minore,
anch’esso in stile italiano. Così perfettamente identificato, miracoloso, in un
uomo che non aveva mai viaggiato, come facevano tutti, dai grandi pittori
fiamminghi e olandesi fono a Mozart (che è per metà italiano)”.
La sensibilità ai
mutamenti reali, invece che agli epifenomeni, alla politica, alla chiacchiera, da
entomologo, con un occhio “marxiano” alla “struttura” dei fenomeni, ne aiuta
gli equilibri, ne evita gli impegni, gli entusiasmi, sempre in qualche modo
traditori. Ma non da remoto, dall’iperuranio della letteratura, muovendosi
invece al contrario al centro, al nucleo, dei fenomeni - un autore in ogni
evento contemporaneo, partecipe.
Memoria – “Il
Benin di Patrice Talon (il presidente, un uomo d’affari) ha deciso di ribaltare
tutto: i luoghi della tratta degli schiavi e le vestigia del colonialismo non
verranno nascosti sotto il tappeto” – “7”: sono restaurati e restano in mostra.
Il Benin, ex Dahomey, da sempre la Sorbona dell’Africa per l’altro numero di studenti,
anche laureati, già in epoca coloniale, sa di che si tratta. Sono gli
afroamericani che distruggono il passato, cioè americani di pelle nera – “perfino
i nomi delle stelle considerati razzisti vengono azzerati dalla Nasa” (sempre “7”),.
È l’America che vuole continuare a prosperare senza storia – pensa di avere
prosperato perché senza storia, la nota presunzione americana, dei belli perché
poveri, dei sapienti perché ignoranti. E si cancella, ma non si recupera, né la
storia degli africani d’America né quella dei nativi americani.
Opera – “Il
teatro nobile tra tutti, per il concentrato di gravità tragica di ciò che vi si
rappresentava, della solennità del monumento, e dell’apparato col quale ci si
recava” – tale appariva a Michel Leiris da piccolo: una “sorta di iniziazione”.
Tale è in effetti, al fondo, l’opera: tragedia, e commedia.
Racine – “Una
versificazione che presenta una sorta di sofficità di alcova, in cui tutte le
linee si fanno fluide come quelle del corpo in amore” – M.Leiris, “Età d’uomo”
(“Don Giovanni e il Commendatore”).
Wagner – “Ha condizionato
Hollywood, infiltrato ogni fase della storia del cinema, dal muto ai
supereroi”, è argomento di Alex Ross , l’illustratore famoso per i fumetti
della Marvel, sul “New Yorker”. Non è vero, le immagini del cinema hanno altri
riferimenti, tutte, dal muto ai supereroi, ma c’è sempre il bisogno di imporre
Wagner. Che però, se non per altro solo
per questo, è sicuramente influente. Inquietante – “The New Yorker” non manca
giorno in cui non presenta plurime denunce contro Trump: le due cose sono distinte?
Jünger - Rivoluzionario conservatore per collocazione (frequentazioni, riviste e sedi editoriali, corrispondenza), non per professione di fede e alla rilettura, e più o meno volontario nelle due guerre imperialiste tedesche, ma immune da sciovinismi giù nel corso delle confrontazioni. Rivoluzionario senz’altro ma di fatto non conservatore. Militare pacifista. Aggressore perplesso - perplesso durante, non dopo. Mai nazista. Mai nazionalista - al confronto con Thomas Mann, p.es.. Aperto alle droghe, come sperimentazione di altre percezioni o stati di coscienza - checché questo voglia dire non è certo reazionario. Analista avvertito e anche sottile del contemporaneo: guerra, lavoro, immagini. Entomologo, quindi rispettoso della diversità. Radicato nella libertà - non nella “libertà tedesca” che fu l’equivoco dominante dei suoi anni, tra le due guerre. Immune, una rarità, allo sciovinismo dell’ideologia Volk. Viaggiatore senza paraocchi - p.es. in Italia, immune ai luoghi comuni e le frasi fatte. Naturalmente cosmopolita, caso forse unico in Germania.
Latino – S’intende
sudamericano. “Le star latine dei tormentoni estivi”, titola il “Corriere della
sera” una pagina con la prorompente Anitta, brasiliana. Le altre star sono Ana
Mena, spagnola, la portoricana-cubana Mariahm e il colombiano Feid. Che cantano
i successi italiani. Non si camta più in Italia – Napoli, specialmente, è
scomparsa.
letterautore@antiit.eu
Sherlock Holmes lo Svitato
Recuperate da Roberto Pirani,
specialista princeps in Italia di Sherlock Holmes, alcune avventure
di una lunga serie. Che Cami, prolifico autore di cabaret per trent’anni di
successi, tra il 1910 e il 1940, produsse a spese delle doti di cui Sherlock
Holmes si fa forza: l’intuito, l’immaginazione, la deduzione.
Una serie di fulminanti parodie,
esilaranti. E anche cattivelle. Per le “deduzioni” fantasiose, e per i casi,
sempre iperstraordinari – il corpo crivelato da 960 colpi, i ladri che fanno le
mucche ma non ne hanno la curiosità, il pelo mancante nella folta parrucca, il
ladro in bici sott’acqua a Venezia, Sherlock Holmes che lo insegue sott’acqua
praticandosi da sé la respirazione artificiale.
IlL successo di Sherlock Holmes fu
istantaneo e amplissimo. Anche in Francia: Leblanc e Cami se lo fecero proprio.
Conan Doyle non gradì, e i due, come ogni astro imitatore, adottarono varizioni
sul nome. Cami scelse Lufock, dal francese loufoque,
svitato, stravagante, strambo, pazzerellone.
Cami, Le avventure di Lufock Holmes, Sellerio, pp. 100 € 6
mercoledì 2 settembre 2020
Imperialismo cinese
L’Occidente resta atterrato dal virus cinese, mentre la Cina
conquista i mercati? È quello che sta avvenendo: meno 9,8 per cento il pil dei
paesi Ocse – dell’Occidente cioè – nel secondo trimestre 2020, più 3,2 in Cina.
Un incremento trainato dalle esportazioni: il post-lockdown della Cina si
condensa nella dotazione di 116,6 miliardi di dollari di esenzioni fiscali decise
dal governo a favore delle esportazioni.
La Cina esporta per duemila miliardi di dollari, e importa
per meno della metà. Nell’ideologia del mercato, la Cina si rappresenta - ed è
rappresentata dagli interessi enormi che arricchisce nei paesi occidentali, la
nuovissima borghesia compra dora -
come la fabbrica del mondo. Di fatto è una specie di cravattaro: credito facile
oggi (forniture facili, per il lavoto facile, senza orario e senza minimi),
asfissia dell’acquirente domani. Di un mercato d’importazione che non avrà più di
che (lavoro, reddito) pagare la Cina.
Una forma di suicidio economico? Ricardo inorridirebbe. Ma
non in una logica imperialistica.
Secondi pensieri - 428
zeulig
Analisi-Confessione – “Alla base di
ogni introspezione c’è un gusto di contemplasi e al fondo di ogni confessione
c’è il desiderio di essere assolti”: Michel Leiris, che molto vi ha indulto, in
confessioni sotto forma di autoanalisi, in “Della letteratura considerata come
una tauromachia” - in apertura a “Età
d’uomo”.
Aronta
–
L’angelo della storia di Walter Benjamin col viso rivolto all’indietro è già Aronta
di Dante, al canto XXmo dell’ “Inferno” (è il canto in cui Virgilio rimprovera
Dante che si commuove: “Qui vive la pietà quand’è ben morta”)?
Quello di Dante è l’Aronta della “Farsalia”
di Lucano, il poema delle guerre civili fra Cesare e Pompeo, che a un certo
punto, dice, “piacque far venire gli indovini etruschi, dei quali il più
vecchio è Arunte”, che predirà le guerre e la vittoria di Cesare. Lucano lo fa
venire da Lucca, mentre Dante lo mette più in su, “ne’ monti di Luni, dove
ronca\ lo Carrarese che di sotto alberga”, in una spelonca “fra’ bianchi marmi”,
con la vista eccezionale delle Apuane, “onde a guardar le stelle\ e ‘l marmo non
era la veduta tronca”.
Philippe Sollers ne “La Divine Comédie”
lo dice, come se citasse Dante, “che del seno fa le sue spalle perché ha voluto
guardare troppo avanti\ guarda indietro e si muove all’indietro”. Mentre Dante
lo dice solo attaccato con le spalle al ventre di chi lo segue nella
processione infernale. Ma è vero che introducendo il canto gli indovini Dante
stupefatto vede procedere di spalle: “Mirabilmente apparve essere travolto\
ciascun tra ‘l mento e ‘l principio del casso;\ ché da le reni era tornato ‘l
volto,\ e indietro venir li convenìa,\ perché ‘l veder dinanzi era lor tolto”.
La storia come condanna.
Dialetto – Arricchisce o impoverisce (delimita,
riduce) l’espressione? Entrambe le cose.
Moltiplica
l’espressività, la capacità di dire, nello stesso tempo in cui la delimita
territorialmente, geograficamente, a una specifica area dialettofona. Dal punto
di vista linguistico e anche mentale. Rafforza l’identità, comunque la
individua, seppure in certo modo, ma la isola, più che integrarla, e in questo
modo la indebolisce invece che esaltarla – una vera identità (forte, robusta)
si misura col diverso.
Felicità – Da qualche
tempo si vuole “nordica”, anch’essa – la felicità come ogni virtù, capacità,
potenziale, possibilità. Per il terzo anno consecutivo la Finlandia viene classificata
come il paese più felice dal “World Happiness Report”. Anche se lo stesso “World
Happiness Report” non omette di segnalare che il possesso di armi, indice d’insicurezza, vi è “molto diffuso”, e il tasso di suicidi
“alto”.
Heidegger - I “Quaderni
neri” sono il compimento dell’opera omnia, una sorta di annotazione a temi e
posizioni, anche se privi di riferimenti al tutto. Poiché così li ha voluti Heidegger.
Il quale li ha preparati: scritti “in bella copia”, con la precisazione da
pubblicare in fine, e nell’apparente
disordine, di pensieri non sistematici, benché invece coerenti, sempre e
comunque. Sugli stessi “Quaderni”, e quindi sull’opera, ponendo un interrogativo
dubitativo, come di opera aperta e non sistemica.
Del
suo pensiero parla a più riprese come di un “risveglio” – il suo ruolo quindi
come di un profeta?
Perché
non ammetterne il nazismo? La militanza – primo rettore in Germania a
nazificare la sua università, contro anche il parere del senato accademico che
lo aveva eletto. E in parte anche gli atti, seppure non eclatanti. Se non la
professione di fede (ma la tessera lo è. Per non dare consistenza, e durata, al
nazismo – con e senza antisemitismo (molto ebraismo è con Heidegger, come con
Wagner, non teme il disprezzo)?
È
bene liquidare il nazismo nel bunker di Hitler suicida, oppure no? Potendo esso
contare, oltre che su Heidegger, su una vasta panoplia di scrittori e artisti d’eccezione, Pessoa, Céline, Drieu, Benn, Pound, Pirandello, Hamsun, Pabst, Riefenstahl – con la vasta coperta del destino eccezionale che, senza lo squadrismo, arriva a Thomas Mann.
Minoranze - La minoranza fa aggio su tutto, basta il
nome, anche se violenta, bigotta, illiberale, prevaricatrice. La minoranza totalitaria.
Una forma di narcisismo dilatato, come è nella natura del narcisismo - il narcisismo è invasivo. Che si innesta nella comunicazione digitale, comunque autocentrata, da vizio solitario, ma era antevisto, da Christopher Lasch, nella riflessione sul narcisismo, già quaranta anni fa. È
anche il segno dei tempi, non c’è misura. Non si combatte (ci si impegna) per
un giusto equilibrio ma per la sopraffazione. La bambina palestinese ottimamente
cresciuta in Germania venuta alle cronache per essere scoppiata a piangere
davanti a Angela Merkel, quando la cancelliera in visita disse che la Germania
non avrebbe potuto accogliere tutti gli immigrati, in un secondo momento,
inseguita dai giornali, ha spiegato che lei non vuole vivere in Germania ma in Palestina.
In una Palestina “dove lo Stato di Israele non ci sia più ed esista solo uno Stato
palestinese. In America non c’è un editore per le memorie di Woody Allen, si
abbattono i monumenti del passato, si censura un artista perché bianco, e si può
far condannare un uomo, un maschio, con cui si avuta, o non si è avuta, una
relazione, per capriccio – e per soldi.
Nella
stessa America la minoranza totalitaria viene in discussione nei moti di questi
mesi, a favore della minoranza nera, per torti antichi e nuovi. Che emerge sul
terreno del razzismo anti-razzista dell’“Orfeo nero” di Sartre, come un
movimento di Resistenza, ma non si pone limiti. Qui la materia c’è, la discriminazione
c’è stata, regolamentare fino a recente, e tuttora nei fatti. Ma nel nome della
minoranza si prova a imporla di fatto e nei fatti come unico criterio politico,
di azione politica - generando una spinta uguale e contraria, ma questo non
importa, è la dialettica politica. Il problema è: minoranza è un limite, seppure
in pari condizionali, costituzionali e di fatto?
Surrealismo – Caso, sogni,
immaginazione, psicoanalisi (ricordi, rimemorazioni, coincidenze, accostamenti,
analogie, de-rimozioni). E realismo , specie a letto. A fini ludici (letterari)
e anche terapeutici. Ma è mettere i piedi nel piatto, invece che
librarsi-liberarsi sulla e della fanghiglia.
Wagner
-
Wagner, che ammira e lo fa fantasticare, soprattuto per “L’Olandese volante”,
al giovanissimo Leiris, “Età d’uomo”,
pone il problema di “comprendere”, “poiché si parlava davanti a me di persone
che «comprendono» Wagner e persone che non lo «comprendono»”. Per il ragazzo è
un di più al “mistero” della musica, dell’opera, come il mistero del Natale o
il mistero della nascita”. Ma comincia con
Wagner l’arte che necessita di comprensione – di una spiegazione, una
iniziazione. Dell’arte come testo sacro, che necessita l’ermeneutica.
zeulig@antiit.eu
Montalbano si spegne a Bologna
Primo e unico caso di
collaborazione tra Grazia Negro e Montalbano, tra Bologna e Vigata. Freddino -
gli autori torneranno a collaborare, ma senza i rispettivi beniamini.
Inizia Bologna,
l’ispettrice Grazia Nigro, Vigata risponde. La corrispondenza va avanti a
pizzini, straccetti di carta appuntati a matita o a biro. Era l’epoca di
Provenzano, un capomafia da poco arrestato, che parlava solo coi “pizzini”. Era
anche l’epoca di Ciancimino figlio, un “traggediaturi” che avviò il processo
allo Stato invece che alla mafia, nel quale ha impantanato l’antimafia
siciliana per un decennio, e forse ancora non è finita.
Sfortunata è forse la
trama. Che è quella di Ciancimino jr: il cattivo è lo Stato. Questo Ciancimino
oggi è dimenticato, ma dieci anni fa dettava legge - la legge italica è fatta
così. Ciancimino jr. comunicava coi “pizzini”, e questo fanno anche i due Supereroi,
come a dire: “Non prendeteci sul serio, siamo fuori concorso”. In più
Lucarelli, che scambia la violenza con l’inventiva, fa commettere al mite
Camilleri inverosimili crudeltà. Con un errore: lo Stato, seppure deviato, non
ci molla mai.
Un giallo “superiore” direbbe
lo stesso Ciancimino jr. Una cattiva azione, verso lo Stato e verso il lettore.
Massimo Ciancimino la
trama la svolgeva meglio (era, è ancora, suo questo “Stato”), il suo agente
deviato tedesco (altoatesino) era geniale - se non era opera dei suoi avvocati (dei
servizi segreti?). Non era però una cima, e presto è stato abbandonato a
se stesso: un pupo nelle mani di un puparo, la mafia stessa, che sempre trova e
illustra qualcosa di più mafioso della mafia. Ma Lucarelli – si deve a Bologna,
cioè a lui, l’iniziativa del quattro mani – non vuole osare. Camilleri è la
prima cosa che avrebbe detto, ma si adegua.
La nuova edizione, a
prezzo raddoppiato, è più corposa: la versione grafica della prima bozza, poi
sveltita di alcune lastre - ma anche la prima era bene illustrata.
Camilleri-Lucarelli, Acqua in bocca, minimum fax, pp. 125 €
24
martedì 1 settembre 2020
Ombre - 528
Pil
indietro nel secondo trimestre del 12,8 per cento rispetto al primo e del 17,7
rispetto al secondo trimestre 2019. Crolla
la componente estera, esportazioni e
importazioni, ma anche la domanda interna - dell’8,7 per cento i consumi finali
e di quasi il 15 gli investimenti. Il calo è maggiore in Francia e Spagna, ma sensibilmente minore in Germania.
Meno male, dice il ministro dell’Economia, per l’Italia è legata alla Germania.
E questa è tutta la politica economica.
S’impantana
alle prime piogge intorno a Malo, il borgo immortalato da Meneghello (ma è una
cittadina), la Pedemontana Veneta, i 5 km inaugurati a giugno. Un’arteria in
costruzione dal 2011, lunga 90 km, di cui in dieci anni sono stati realizzati non
più di una quindicina. Dai costi lievitati da 2,5 a 13 miliardi - il Mose della
terraferma. Nel Veneto dove tutto è di eccellenza.
Mobilitazione
generale e toni catastrofisti dei giornali sul referendum, se vince il sì: “Sono
la nuova casta”, “Dicevano di volere cambiare invece volevano solo sostituirsi”,
etc.. Come se “gli italiani” non lo sapessero – Di Maio e Salvini stanno lì
perché “gli italiani” si dicono “loro sì e io no?”, per che altro?
“Matteo e Gigi gemelli del Si”, lamenta Damilano sull’“Espresso”, cioè interscambiabili. Ma la rottamazione, già universalmente osannata, non voleva dire semplicemente questo: levati tu che mi ci metto io? Per fare che, poi si vedrà.
Le rivoluzioni generazionali purtroppo sono di basso livello, bassissimo.
Raddoppiano
i contagi e i morti, anche se a piccoli numeri, riaprono le terapie intensive,
focolai si manifestano ovunque, anche se vengono imputati “alla Sardegna” , ma
non ce ne preoccupiamo, il governo non lo dice. Questo governo di nessuno – di
Grillo che a quest’ora rappresenta solo se stesso.
Medici
e insegnanti obiettori: i test non sono affidabili, il personale non è qualificato,
io ho 55 anni, io ne ho sessanta… L’Italia che non ti aspetti, dopo tanti
secoli di beatificazioni scolastiche. Anche: il ceto dirigente è questo, per lo
più “indignato”, se non proprio grillino.
Onorificenze,
ambite, ai capi russi – “un cavalierato non si nega a nessuno”. La “scoperta”
del cinema italo-russo in un bellissimo volume. Durante la fase acuta del Covid
una lettera periodica ai connazionali in Russia che non parlano russo, con
tutte le regole di comportamento e gli ausilii in vaso di congtagio. Può un
ambasciatore fare una politica, quanto meno sopperire a una mancanza di politica?
L’ambasciatore a Mosca Terracciano ci prova, con risultati notevoli – la Russia
sempre ci vuole bene (è un ottimo cliente, e paga).
La giudice amministrativa
Quiligotti, presidente della Terza Sezione del Tar della Sicilia, dopo essere
stata consulente di Zingaretti alla Regione Lazio, arde d’impazienza e subito
cassa l’ordinanza regionale che blocca gli hotspot
senza ascoltare le parti e senza consentire il deposito di memorie. “Pare”,
dice, e “non pare”. Che non sia sotto sotto di destra? Un mucchio di palle alte
ha servito a Musumeci, il berlusconiano moderato dell’ordinanza, oltre che a
Salvini. “Ogni tanto, quando c’è di mezzo un governatore di centro-destra, la
giustizia amministrativa è pure rapida”, può twittare Maria Stella Gelmini. O:
la sinistra non si rende conto.
“Viviana
e Gioele: nulla di certo, inchiesta resettata”, titola con soddisfazione la
“Gazzetta del Sud”, il giornale di Messina. Pagine ogni giorno su tutti i
giornali sulla madre col bambino scomparsi e infine ritrovati morti da giorni
nella campagna di Caronia, a Messina. Quando la dinamica era chiara da subito:
la madre ala guida ha avuto un incidente, il bambino ha battuto, ed è morto, o
la madre lo pensa morto, si allontana col bambino in braccio, e poi si suicida.
Tutto, meno che la verità?
Le
leonesse bianche sbranano in Sudafrica l’albergatore che le ha allevate da
cucciole. Come fanno i lupi con gli agnelli. O i gabbiani con i piccioni. L’animalismo
deve fare ancora molta strada.
Come farsi uomo attraverso le donne
“A cinque o sei anni fui vittima di un’aggressione”. Gli levarono le
tonsille. “Tutta la mia rappresentazione della vita ne è rimasta segnata: il
mondo, pieno di botole, non è che un vasta prigione o una sala operatoria; io
non sono sulla terra che per divenire carne da medici, carne da cannoni, carne
da bara”.
Oppure si può cominciare così. Michel Leiris ha un problema. Ha “tendenza
a vedere l’organo femminile come una cosa sporca e come una ferita, non meno
attraente per questo, ma pericolosa per se stessa, come tutto ciò che è sanguinolento,
mucoso, contaminato”. Bataille, in qualità di psicoterapeuta, lo consiglia di
scrivere, ed ecco un lavoro fervoroso di cinque anni, dal dicembre 1930 al
novembre 1935, sul tema dell’“uomo ferito”. In pratica su Leiris quand’era bambino, e su
tutte le immagini, le zie – una è cantante, d’opera - e le donne cui si è
dedicato nelle orge solitarie.
Tutto, si può così sintetizzare, in questo passaggio all’età adulta è pieno di trappole. La maggior parte afferenti
all’onanismo. Michel Leiris fatto uomo si è legato al surrealismo, a Breton e Bataille,
e Bataille, psicagogo, gli consiglia di scrivere ciò che gli racconta – “fare
un libro che sia un atto”. E così, a 34 anni, come Dante che non conosce, a
“metà della vita” Leiris si racconta. O dell’inutilità dell’analisi a fini
terapeutici – delle associazioni, i sogni, le rimozioni, i complessi. Forse
utile a fini letterari, ma con pesantezze. Questa crescita, di sogni, ricordi, immagini di donne, si fa leggere, ma lascia insoddisfatti: e allora?
Delle donne
il catalogo è vasto. Ma sui modelli classici, di Lucrezia casta e Giuditta
vendicativa, su cui si ritorna a più
riprese in esteso, specie nel quadro di Cranach. E con ambientazioni implausibili.
L’antropologo e antichista Leiris al museo si sente come al bordello, e
viceversa, al bordello si sente come al museo: “Nell’uno e l’altro posto si è,
in certo modo, sotto il segno dell’archeologia: e se ho amato a lungo il
bordello è perché partecipa anch’esso dell’antichità, per il suo lato mercato
di schiavi, prostituzione rituale”.
Non è la sola agudeza.
L’opera romantica, “Tosca”, “Sansone e Dalila”, è “spazzatura” – l’opera ricorre,
ma è Richard Strauss e Wagner (Puccini Leiris recupera nell’edizione 1964, dopo
essere stato ospite a Torre del Lago, con due pagine emozionanti, le due finali
del volume). E “se il tempo è molto bello, càpita che io ne sia leggermente
angosciato: non è cattivo segno che faccia così bello?”. Quando ci si guarda
non si finisce più: l’angoscia, o la depressione, quello che è, si moltiplica e
dilaga, invece di allentarsi. Leiris stesso finisce con l’autoanalisi, sospeso
tra la materna Lucrezia e la determinata Giuditta - dopo aver passato in
rassegna una vasta serie di rapporti, anche inconcludenti, con femmine per
qualche verso borderline: fra “terrore e pietà”, si dice di se stesso.
Da “specialista, maniaco della confessione”. Pur sapendola “umiliante,
unitamente a ciò che comporta nello stesso tempo di scandaloso e di
esibizionista”. Una lunga esposizione all’aperto del cosiddetto rimosso? Che
Leiris però non aveva rimosso, se lo racconta, in dettaglio.
Avviato all’antropologia dopo studi inconcludenti, a
un primo “ubi consistam”, Leiris si diverte a ricordare e si interroga –
raccontare se stessi era un’epidemia anche negli anni 1930. Sui problemi in amore,
naturalmente. Sul “gusto dell’ermetisno”, dell’allegoria. E sull’“abitudine che
ho di pensare per formule, analogie, immagini”. Come fa in questo libro. E
negli altri? Certo, quando uno si interroga, non la finisce più, la miniera è
inesauribile. Forse anche produttiva, a fini terapeutici. Ma quando bisogna
comunque legarsi a ricordi, immagini, pruriti sessuali, la cosa può riuscire faticosa
– irritante per il lettore, ma quanto benefica per il paziente, se non per lo spin-doctor? Leiris stesso lo sa, nel momento in cui
scrive. Si giustifica. Ho scritto il libro, spiega, “verso la fine di una cura psicologica
che, malgrado la mia ripugnanza per tutto cià che pretende di guarire i mali
altri che quelli del corpo, il mio malessere interiore mi aveva forzato a
subire”. Contradetto da Zanzotto, nella postfazione a questa edizione, che spiega come le autobiografie (e le chiacchierate con lo strizzacervelli?) siano per ogni aspetto selettive, fuorvianti.
Preceduto da “La letteratura come tauromachia”,
deludente, a parte il titolo: un trattatello più intellettualistico che altro,
freddo - una prima agudeza: si scrive come un mano-a-mano nelle arene con il toro, lo scrittore contro il lingiaggio, contro se stesso.
Michel Leiris, Età d’uomo, SE, remainders, pp. 192 € 9
lunedì 31 agosto 2020
La morte dell’opinione pubblica in Italia
Mobilitazione generale e toni catastrofisti dei giornali sul
referendum per il taglio dei parlamentari. A ogni evidenza troppo tardi, dopo
tanta antipolitica giornalistica. “Gli italiani” non vedono l’ora di punire i
loro parlamentari - eccetto i 5 Stelle e i Leghisti, che sono invece in gamba.
E se anche gli altri italiani prevarranno col no, i giornali non se ne
gioveranno – i buoi, come si suol dire, sono scappati, i buoi-lettori.
Mobilitazione e sconcerto da costituzionalisti? O i media
hanno scoperto che l’antipolitica che da quarant’anni impongono non paga? Non
paga i giornali, che hanno distrutto l’opinione pubblica, sulla quale si
reggevano – e altrove si reggono, per esempio negli Usa del pur antimedia
Trump.
Troppo sottile questa analisi? Probabilmente sì. Ma è quello
che si vede. I giudici dell’antipolitica se ne sono serviti per le carriere,
sempre meglio che lavorare. I giornali che gli hanno fatto da tappetino sono
ridotti al caporalato – pagano un articolo meno di quanto Stagno d’Alcontres a
Milano pagava, all’ora, i suoi africani (che non licenziava, ne voleva perfino
di più).
Appalti, fisco, abusi (181)
Il decreto agosto prolunga
fino a gennaio la moratoria sui debiti bancari. Con un impatto sul sistema
creditizio molto più vasto che in qualunque altro Paese europeo. È una buona
ricetta? Non per il sistema bancario, e questo si sa – si sapeva dall’analogo
errore compiuto dopo la crisi del 2008.
Quella italiana è la moratoria
più elevata, oltre che più lunga, del credito bancario in Europa. Oltre quattro
volte quella decisa in Spagna: mentre gli accantonamenti bancari in vista di
eventuali perdite sono analoghi nei due paesi, attorno ai 3 miliardi nel secondo
trimestre, i crediti congelati sono quattro volte tanto – quelli del precedente
decreto, fino a tutto luglio, ammontavano a 260 miliardi (per circa due terzi,
169 miliardi, di piccole e medie imprese).
Le banche sembrano
attrezzate a far fronte al momento della verità, quando la moratoria verrà a
cessare. Ma il prolungamento della moratoria, e dunque del momento della verità,
non è bene augurante, a giudicare dal post-2008. Prolungandosi la moratoria, s’ingrossa
il nodo crediti deteriorati, che emerge tutto insieme invece che progressivamente,
man mano con la ripresa dell’attività economica dopo il lockdown.
La Tari è raddoppiata – come minimo - dal 2007. Per il
business della raccolta differenziata.
Si spera a qualche fine. La raccolta differenziata, dovendo ogni sua parte,
carta, vetro, umido, plastiche, produrre nuovi beni, dovrebbe costare di meno e
non di più
È interminabile la fissa della Bce sul Monte dei Paschi. A
ogni mossa dell’istituto senese per tornare in bonis impone condizione gravose
e anche letali. Ora un altro, un quinto?, aumento di capitale – come
se qualcuno fosse disposto a pagarlo. Mps era così corroso, o già fallito?
Perché allora autorizzarne il rilancio a spese dei risparmiatori?
Gli aumenti di capitale farlocchi di Mps:
2011 per 2,15 miliardi
2014 per 5 miliardi
2015 per 3 miliardi
2016 per 5 miliardi (fallito).
Morante liberata nella natura
Una drammatizzazione lieve delle canzoni
di Elsa Morante, pdel suonando salvato dai ragazzini del Sessantotto, più dette che rappresentate, con fondo musicale dal vivo –
semplice, chitarra, percussioni. Su uno scenario naturale. Su uno dei temi
morantiani, la felicità dei pochi, l’infelicità dei molti - la felicità degli
infelici molti, l’infelicità dei felici pochi, etc.
Il poema, che si vuole celebrazione
dello spirito lieve del movimento giovanile, libertario senza aculei (i “ragazzini”
sono gli F.P., i “felici pochi”, che Morante elegge nelle note a “sale della terra”, per essere “infine,
sempre, i veri rivoluzionari”) è in realtà strutturato, su forme e lemmi di
tipo alto, classico. “Un romanzo. Un memoriale. Un manifesto. Un folletto. Una
tragedia. Una commedia. Un madrigale. Un documentario a colori. Un fumetto. Una
chiave magica”, Morante si sforzò anche nella presentazione di caratterizzare
la raccolta con la lievità. Ma la sua scrittura è sempre letteraria, elevata –
perfino retorica in molti dei componimenti. Di Clemente le trova il tono
sbarazzino che era nei propositi con la rappresentazione svagata, senza
scena, quinte, entrate e uscite, costumi. Come la raccolta voleva essere.
La scenografia naturale dà come spontaneità
al teatro, che invece concepiamo come rappresentazione chiusa al chiuso, al buio, notturna. Perfino l’acustica è riuscita perfetta benché all’aperto,
degli interpreti finalmente non più microfonati, il suono naturale non si
disperde.
Maria Teresa Di Clemente,Felici tutti, Rifugio
Biancospino, Piani di Carmelia, Aspromonte