sabato 7 novembre 2020
Letture - 438
La satira emerge in vari punti della narrazione. E chiaramente, per ironia
raddoppiata, nella presentazione che il capo dei servizi segreti dell’Ircania –
che era la Persia caspica, una giungla umida, ma Calvino intende la Russia, un
posto di “tundre ghiacciate” – fa di una cacciatrice di libri e di un falsario
di libri: “Per questa donna”, dice il direttore Arkadian Porphyritch, “leggere
vuol dire spogliarsi d’ogni intenzione e d’ogni partito preso, per essere
pronta a cogliere una voce che si fa sentire quando meno ci s’aspetta, una voce
che viene non si sa da dove, da qualche parte al di là del libro, al di là
dell’autore, al di là delle convenzioni della scrittura: dal non detto, da
quello che il mondo non ha ancora detto di sé e non ha ancora le parole per
dire. Quanto a lui, invece”, il traduttore mentitore, “voleva dimostrarle che
dietro la pagina scritta c’è il nulla; il mondo esiste solo come artificio,
finzione, malinteso, menzogna. Se non che questo, noi potevamo ben dargli i
mezzi per dimostrare quel che lui voleva”. “Noi”, Roba nostra, dice il
direttore generale (generale direttore) Arkadian, dei servizi segreti.
Roma brutta, sporca e cattiva
Un serial d’azione. Cattivo,
anche nelle parti buone, nervoso, inquietante. Roma che non è ancora Roma,
nell’VIII secolo, ma Alba Longa e Velia, tra il colle Palatino l’Oppio, terra dei trenta re – tutti re, la
tribù non è di molto tempo fa. Popoli della selva, selvaggi. Poco dopo Neanderthal - non sono pelosi. Che non fanno che
maciullarsi. Con prestezza, il ritmo deve correre.
Rovere ha immagini anche
eccezionali, tutte riprese con la luce naturale, coadiuvato dal direttore della
fotografia Vladan Radovic. Ma cupo e, benché all’aperto, claustrofobico. Un racconto
della forza, si direbbe, sulla traccia di S.Weil che l’“Iliade” spiega come il poema
della forza.
Il seguito del “Primo re”, la
storia di Remo. Compiuto il fratricidio Romolo continua la stesa saga di corpaccioni
maschi, fango, ossa spezzate, colpi squarciati, con le mani, l’accetta, i
bastoni, i sassi. Qui con qualche donna di complemento, almeno così la serie
promette, una vendicatrice, sporca e cattiva anche lei.
Pare che il genere sia apprezzato,
salutato come la resurrezione dei “peplum”, i kolossal in costume romano che usarono
dagli albori del cinema fino ai primi anni 1960, da “Cabiria” alla “Clopatra” di
Liz Taylor e Richard Burton, 1964, che infiammò il mondo. Misti con la
cattiveria dei flm d’azione, la fantasia dei giochi di ruolo, e la velocità dei
videogiochi. Per i millennial, quelli che passano la giornata al cellulare. Presentato
come un grande sforzo produttivo, e per un largo pubblico, se Sky ci ha investito
dieci episodi, e un anno di lavorazione, con masse, a Cinecittà. Presentato
anche e recepito con giubilo paracritico. Ma difficile a entrarci.
Curioso, in “Romulus” come nel “Primo
re”, il distinto flair antiromano,
antitaliano. La forza è senz’altro la
componente romana della civilizzazione. Ma qui senza mai una scintilla, un
lampo, un cielo aperto? Senza un briciolo di umanità – di giudizio. Più che di
uomini, la lotta continua sembra di montoni, seppure senza pelo. Poco fatici
anche, dato che parlano, poco, in “protolatino”, che non si sa cosa sia, ma è
un un insieme di suoni poco articolati, simili a quelli dei fumetti e dei
giochi. Non c’è romano, non c’è italiano che non si odii?
Matteo Rovere, Romulus
venerdì 6 novembre 2020
Ombre - 536
“Il tradimento dei latinos. Ora ballano
con Trump” - che pure ha eretto il muro alla frontiera. E perché? “Il
presidente incarna il loro lìder ideale: è un «macho»” – Gabriele Romagnoli, “la Repubblica”. Tutti gay questi latinos?
O cialtroni.
Settanta milioni di voti per Trump non
sono male. Forse c’è qualcosa di nuovo o di diverso in questi Stati Uniti
post-crisi 2009 e da globalizzazione. Ma ai corrispondenti italiani a New York
non interessa farcelo sapere. Trump è un sociopatico e tanto basta. Con
settanta milioni di followers?
È sconsiderato, prima che scandaloso, il
blocco delle regioni governate dal centro-destra – con la minima eccezione
della Valle d’Aosta. Anche di quelle cioè che secondo tutti gli indici (rapporto
contagi-tamponi, occupazione letti, occupazione terapie intensive) sono al di
sotto dell’emergenza, Calabria e Sicilia. Riducendo al lastrico i fornitori di
servizi, e i lavoratori del comparto. Mentre si escludono le regioni a rischio
ma governate dal Pd: Campania, Puglia, Toscana, Lazio. Una selezione grave anche
per la salute. Senza obiezioni, a partire dalla presidenza della Repubblica.
Il Dcpm è una furbata avvocatesca, non
andando al vaglio del capo dello Stato, ma a che scopo?
Sembra insensibile l’avvocato Conte che
monopolizza ogni paio di giorni le tv, mentre censisce e presagisce sciagure.
Uno sciocco, si direbbe, con la faccia uguale e inalterabile, per nozze e funerali.
È invece stella di prima grandezza della politica italiana. Il più popolare,
dicono i (suoi) sondaggi.
Potenza di un governo animato da Rocco Casalino,
reduce illustre dal “Grande Fratello”. Con concorso di media beanti.
“La
sfida più difficile, con questo virus, è provare a prevederne l’andamento -
chiosa semplice l’epidemiologo Vespignani da Boston. E sensato: “Se ci si
ritrova a inseguire, tutto diventa più difficile”. Si capisce al differenza con
la Germania, tra Merkel che previene, e Conte-D i Maio-Zingaretti che ci
capiscono poco, a parte le ragioni di partito.
La Cassazione boccia la Procura Generale
che ne chiede l’assoluzione, e condanna Verdini. Dice che la Cassazione non
entra nel merito, ma guarda la forma. Dunque Verdini è in carcere non perché
bancarottiere ma per la forma.
Bisognerà ricordare questa Cassazione,
così veterodemocristiana, del potere degli amici.
La Cassazione boccia totalmente la
Procura di Firenze che aveva perquisito gli uffici e l’abitazione, e requisito
il computer di Davide Serra, uomo di finanza a Londra, amico di Renzi. Non
aveva motivo per la perquisizione, e per il sequestro. Detto per una volta con
chiarezza: “Non sono definiti in alcun modo i contorni essenziali della
vicenda” criminosa. Anzi, la Procura ha perquisito e sequestrato per cercare
“un appiglio criminoso” contro Serra.
Non si può dire che il procuratore
Creazzo – che è di destra – sia di destra, e quindi anti-Renzi: il procuratore
della Repubblica non è uno sbirro, è uno incaricato di proteggere i diritti del
cittadino. Ma se Serra non fosse stato amico dell’amico Renzi?
Nel giudizio della Cassazione
sull’attività della Procura di Firenze nell’inchiesta contro Serra (contro
Renzi) ci sono almeno un paio di reati a carico della Procura stessa. Ma come
non detto, giudice non morde giudice.
Tito Boeri, presidente moralista
dell’Inps per cinque anni, 2024-2019, gli anni di Matteo Renzi, che non ha
migliorato in nulla l’Inps e in qualche punto l’ha indebolito (le famigerate buste arancione per convincere gli assicurati Inps che avranno
pensioni da fame – senza le pensioni integrative, private…..), si fa lustro vantando
meriti di moralizzatore. È molto “Milano”: vorrebbe un qualche scandalo, per
lanciare il suo libro “Riprendiamoci lo Stato”. Ma è anche molto “sinistra”,
una certa sinistra, quella che viene da – e va a – destra.
Il giovane Toti prova a scaricare i
settantenni avendo in mente Berlusconi, suo padre putativo. Ma esisterebbe
Toti, eterno giovincello, senza Berlusconi che lo portò in vita?
Ma Toti non presiede la regione Liguria, la regione italiana, e probabilmente europea, col più alto numero di ultrasettantenni, per la bassissima natalità, e per il buon tenore di vita? Certo, non è tenuto a saperlo, non essendo nemmeno ligure - è lì perché ce lo ha messo Berlusconi.
Della giustizia dei governi
Conte-Bonafede Giovanni Maria Flick può dire a Vecchi sul “Venerdì di
Repubblica”: “Ha una visione tutta carcerocentrica che non mi piace. In due
anni cosa ha fatto? Lo Spazzacorrotti. Non una riforma ma un semplice
inasprimento delle pene. E poi la proposta del trojan, come mezzo di ricerca
della prova, di cui i pm fanno un uso disinvolto, che va contro l’art. 15 della
Costituzione”. Il governo di un avvocato e di un giudice: la giustizia è malata
nel midollo.
Il Dcpm è una furbata avvocatesca, non andando al vaglio del capo dello Stato, ma a che scopo?
Potenza di un governo animato da Rocco Casalino, reduce illustre dal “Grande Fratello”. Con concorso di media beanti.
Bisognerà ricordare questa Cassazione, così veterodemocristiana, del potere degli amici.
Non si può dire che il procuratore Creazzo – che è di destra – sia di destra, e quindi anti-Renzi: il procuratore della Repubblica non è uno sbirro, è uno incaricato di proteggere i diritti del cittadino. Ma se Serra non fosse stato amico dell’amico Renzi?
Il giovane Toti prova a scaricare i settantenni avendo in mente Berlusconi, suo padre putativo. Ma esisterebbe Toti, eterno giovincello, senza Berlusconi che lo portò in vita?
Ma Toti non presiede la regione Liguria, la regione italiana, e probabilmente europea, col più alto numero di ultrasettantenni, per la bassissima natalità, e per il buon tenore di vita? Certo, non è tenuto a saperlo, non essendo nemmeno ligure - è lì perché ce lo ha messo Berlusconi.
L’oltraggio fatto all’amore
Un apologo della bellezza e la
vita facile che degrada nella violenza. Una scena di stupro, di una moglie
bella e fedele, apre un quadro inquietante e avvincente di una società e un
modo di essere. Oltre che della coppia: il racconto degli effetti dell’aggressione,
su di lei e su di lui, è quanto di più
verosimile, e conturbante, si sia letto in materia. Un noir svolto con la tecnica della detective story, quindi con catarsi – una sorta di - finale, tra
buoni e cattivi.
Il fatto – il dramma – è intimo, e
tale lo vuole il racconto. Malgrado l’aggressione, la scena del crimine, l’intrusione.
Anche in questa epoca di socialità invadente e finta: “Ci sono delle star
internazionali che non esitano a parlare degli stupri di cui sono state oggetto
davanti a milioni di telespettatori, delle celebrità che dettagliano l’incesto
di cui sono state vittime”. O più tragico che intimo: l’oltraggio è
fatto all’amore, a se stessi nell’amore.
Un ritorno al “Khadra” degli esordi.
Dopo avere esplorato, da laico, tutto il mondo mussulmano, dall’Afghanistan
all’Africa sub-sahariana, e fatto i conti, a Cuba, con quanto resta della
sinistra politica – dedito, dice di sé nella nota editoriale, “a un mondo migliore,
malgrado il naufragio delle coscienze e lo scontro delle mentalità”. Qui ritorna
al suo mondo, il Maghreb, il Nord Africa occidentale. Nelle specie di Tangeri, del
Marocco bello, opulento e corrotto, che si legge come parte di noi. Minareti e
campanili sono sullo sfondo, parte del paesaggio urbano e del linguaggio
comune, le passioni e gli interessi non hanno colori, non sono esotismo – ma forse
è parte di noi anche il mondo più lontano, più diverso e anche esotico, purché
ben raccontato.
Il romanzo che più prende, del
dopo Algeri di “Khadra”, l’ex colonnello algerino Mohammed Moulessehoul, che
però è l’unico che non si traduce. Col ricorso,
anche qui come nei precedenti nordafricani, di parole italiane nella
parlata quotidiana: porcherie, ponte,
omertà, etc. Una sorta di nuova lingua franca, mediterranea – mediterraneo è riferimento
ricorrente dello scrittore franco-algerino.
Yasmina Khadra, L’outrage fait à Sarah Ikker, Pocket,
pp. 238 € 7
giovedì 5 novembre 2020
Secondi pensieri - 433
zeulig
Fascismo – È una causa o
un effetto? Causa di razzismo, xenofobia, sessismo. Effetto di incultura, frustrazione,
impoverimento. È un effetto con una causa, un rapporto perfino ovvio che Eco no
considera nell’“ Ur-fscismo”.
Eco
sa – lo sanno tutti, lui comunque lo ha appena detto – che il fascismo s’innesta
– forse nasce, ma sicuramente vi s’innesta – sulla depressione economica e sula
frustrazione dei ceti medio-bassi. Sull’impoverimento. In un quadro (un futuro)
di paura. Nasce cioè come movimento di difesa. Ma poi se ne dimentica – lo dimentica
Eco, non il fascismo - deliziandosi con la trovata dell’Ur-fascismo, che da Noè
in poi, o da Adamo?, da Caino?, nasce e
cresce nell’uomo con “la naturale paura della differenza”. Che perciò si fa “naturalmente”
razzista, xenofobo, sessista. Una deriva che però tanto naturale – umana – non
è, umana essendo al contrario la curiosità, cioè la ricerca del nuovo, e quindi
del diverso, che ciò che ha assicurato
la sopravvivenza e la “formazione” dell’umanità.
Si
prenda il maschilismo. Che è del fascismo storico, ma assente oggi –
minoritario, muto. Oggi che i capi
dei movimento neo fascisti, in Italia, Francia, Germania (e la Birmania? e la
Liberia? per dire dei Nobel per la pace) sono donne. O la Neolingua, la lingua
di legno, il quattordicesimo componente del fascismo di Eco – di origine orwelliana, ma Orwell la diceva
del sovietismo. Oggi la Novella Lingua non è il politicamente corretto,
l’insostenibile conformismo di una borghesia che si pretende progressista e
aperta mentre è guerrafondaia, imperialista, monopolista, speculatrice. Tutto
vero, ma anche tutto falso, si può dire di Eco alla Eco – dire quasi la stessa
cosa. Ottima la sua conclusione : “L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le
spoglie più innocenti”. Vero anche questo. Ma
bisogna vigilare con occhi liberi, senza paraocchi.
Di “eterno” il fascismo non ha nulla, è un movimento politico europeo, del
Novecento, tra le due guerre, teorizzato e diffuso dal fascismo italiano. Il
franchismo postbellico, o Salazar in Portogallo, che nella guerra fascista fu
un pilastro alleato, sono già un’altra cosa. Il fascismo per
antonomasia, mussoliniano, italiano, quello che è durato di più, anche se
solo un ventennio, e che è stato il più vociferante e presenzialista, era il
meno definito e anzi contraddittorio: anticlericale e clericale, innovatore e
tradizionalista, rivoluzionario e reazionario, dei ricchi e dei poveri, e fu
bellicista dopo essere stato pacifista.
Di “eterno” il fascismo non ha nulla, è un movimento politico europeo, del
Novecento, tra le due guerre, teorizzato e diffuso dal fascismo italiano. Il
franchismo postbellico, o Salazar in Portogallo, che nella guerra fascista fu
un pilastro alleato, sono già un’altra cosa. Il fascismo per
antonomasia, mussoliniano, italiano, quello che è durato di più, anche se
solo un ventennio, e che è stato il più vociferante e presenzialista, era il
meno definito e anzi contraddittorio: anticlericale e clericale, innovatore e
tradizionalista, rivoluzionario e reazionario, dei ricchi e dei poveri, e fu
bellicista dopo essere stato pacifista.
Fascismo
è violenza. Di gruppi specifici o isolati, come fu lo squadrismo fascista,
essenzialmente toscano ed emiliano. Che oggi si reincarnerebbe nell’hooliganismo,
bullismo, di periferia, immigrato. La sindrome francese, senza sapere o
riflettere che la periferia francese non è quella italiana – e nemmeno quella
britannica: senza sapere o riflettere sulle realtà reali.
Ma
la distinzione fra causa ed effetto è necessaria per capire il populismo oggi. Che
sicuramente è vaccinato contro il fascismo, sia pure non razzista né sessista –
contro un governo non democratico. Ma altrettanto sicuramente s’innesta su un
impoverimento ormai trentennale, che ha colpito le generazioni del millennio e
ora anche il ceto medio protetto – dal lavoro, l’occupazione, la previdenza, l’assistenza.
Guerra giusta – “Ci sono
guerre giuste, non ci sono eserciti giusti”, A. Malraux, “La speranza”, 468
Intolleranza - È poco tollerata
– discussa, analizzata. Resta in subordine nel vagamente inteso – opinione
comune, sentimento generalizzato. Mentre è concetto sensibile, di difficile
equilibrio o armonizzazione. Trascendendo i concetti politici cardine: totalità,
maggioranza e la minoranza, destra e la sinistra, democrazia e dittatura. E le
dialettiche entro cui il suo opposto, la tolleranza, si configura. Intolleranza
è del singolo, che vi esercita la dissidenza. Che è un diritto, ma talvolta
opprimente, fino al terrorismo. O, nell’opinione pubblica, la minoranza che
diventa schiacciante, e per essere minoranza non ritiene di doversi un equilibrio – rispetto
dell’altro, anche se è maggioranza (o a maggior ragione se lo è, si direbbe). Si
arroga la pagella, la promozione, e fin la censura. Coltiva e impone la legge
del sospetto. Ha superiore concetto di sé, personale non so anche sociale e
politico.
L’intolleranza
della tolleranza è concezione ardua. Ma censibile di fatto.
Intellettuale –
Anti-manicheo, lo sintetizza-definisce Malraux ne “La speranza”, e quindi
anti-politico.
La verità si vuole indecisa, e
frammentata. Se è l’obiettivo o il terreno di esercitazione dell’intellettuale,
come riduzione “politica” (ideologica) del filosofo. Anche se – di fatto,
operativamente, socialmente – è o opera
come “gregge di menti indipendenti”, poteva dire sarcastico Harold Rosenberg,
il critico d’arte coniatore dell’action
painting.
Italia
–
Esisteva prima di essere costituita istituzionalmente. In Virgilio e altrove –
“Italiam non sponte sequor”, obietta Enea a Didone che vorrebbe trattenerlo,
debbo andare in Italia anche se non vorrei. Chi scrive da sempre si indirizza
all’Italia - alle singole città o ai principati me nel complesso all’Italia. Lo
stesso i commercianti, banchieri, viaggiatori: fanno riferimento all’Italia – a
questa o quella città, questo o quell’ambiente, ma in Italia, dicendolo o
sottintendendolo. Come in qualcosa geograficamente definita, visibile, poiché è
al di là delle Alpi, il “limes” è incontestabile. E di lingua comune, già
quando non era ancora toscana.
Non si pone bene in mente questo tratto.
Che è costitutivo del modo di essere italiano: una comunità di lingua e di
cultura, di usi e modo di vivere (edilizia, agricoltura, ambiente, urbanistica,
architettura…), invece che di leggi e dominio (potere, governo), di un sistema politico
e istituzionale unificato – agito, imposto.
È del resto vero che l’Italia non ha
ancora forgiato lo Stato.
Il ritardo è comune anche alla Germania,
dove la nazione ha preceduto lo Stato. E, come in Italia, ha preso forme improduttive
e dissolventi: autoritarismo, corruttela. Un non-essere che si definisce al confronto
in Europa con lo Stato massimo (Francia, Spagna) e minimo (Gran Bretagna).
Libri sacri - “Il libro
sacro di cui si sconoscono meglio le condizioni in cui è stato scritto è il Corano”,
nota Calvino nel romanzo anti-romanzo
“Se una notte d’inverno un viaggiatore”. Questo fa una differenza? Non si
direbbe – anzi, il “Corano” è tra i libri profetici il più dispersivo in
aneddotica non afferente, non al sacro, nemmeno nella forma allegorica metaforica.
I libri sacri vivono della fede, non della lettura critica. Lo stesso
Calvino riporta della sterminata aneddotica maomettana la storia dello scrivano
che, scandalizzato che il Profeta non corregga un suo errore di scrittura, abbandona
la scrittura e perde la fede.
I libri sacri e profetici possono con tenere di tutto. Anche bestemmie?
La Bibbia in abbondanza.
Tradizione – Può essere
innovativa – se è fertile, non morta. La “tradizione del nuovo”, che Harold
Rosenberg individuava per l’arte contemporanea: il modo come la storia procede,
per tentativi ed errori, condizionati da ciò che si è stati e si è.
zeulig@antiit.eu
La casa della buona morte
L’autore meno prolifico del
secondo Novecento (ma è morto di soli 32 anni, nel 1952, tre o quattro avendoli
dispersi coscritto in guerra, in Africa Orientale, e prigioniero degli inglesi in
India) è quello più editato. Questione di diritti d’autore che vengono a cessare,
ma anche di sapienza narrativa. D’inventiva. Non su soggetti e trame di altri
mondi ma sulla realtà modesta, dei tempi e dei luoghi, l’Appennino tosco-emiliano
anni 1940, povero.
La nuovissima edizione Bompiani è
praticamente l’opera omnia di “D’Arzo”, Ezio Comparoni. Roberto Carnero,
subentrato nella cura alla precedente edizione della stessa Bompiani di Silvio
Perrella, ha fatto una scelta diversa dei racconti e li introduce con un lungo
saggio critico e biografico – restano fuori altri romanzi brevi: “All’insegna
del buon corsiero”, “L’osteria”, “Penny Wirton e sua madre”.
“Casa d’altri”, il “racconto perfetto”
di Montale, tanto gli era piaciuto, resta ottimo anche alla rilettura. È la
storia di un vecchio parroco di un paese remoto dell’Appennino e una vecchia
che lava i panni al fiume. La vecchia ha bisogno di una deroga al
catechismo, a una regola della chiesa a cui il buon prete non può derogare. Un plot d’attualità – la deroga e la regola
– nel dibattito sulla “buona morte”.
Il racconto del titolo fu
pubblicato postumo, nello stesso anno della morte di Comparoni-D’Arzo, 1952, da
Giorgio Bassani sulla rivista “Botteghe Oscure”, che curava per la principessa
Caetani, e l’anno dopo in volume da Sansoni. È stato poi ripreso in edizioni
diverse, per lunghezza, se non per toni. Anche per le riscritture operate dallo
stesso D’Arzo. In un prima versione era uscito nel 1945 sulla “Illustrazione
Italiana”, dimezzato rispetto all’edizione corrente, col titolo “Il prete e la
vecchia Zelinda”, a firma “Sandro Nedi”.
L’edizione Consulta, a cura di
Paolo e Andrea Briganti, esemplata su un manoscritto autografo, la allunga
ancora leggermente rispetto a quella canonica (la Bassani-Sansoni, quella
giudicata da montale), in diciotto capitoletti invece di quindici, raggruppati
in quattro parti. La sostanza non cambia, ma è solo qui che compare la battura del
vecchio prete, di cui viene accentuato il distacco ironico dalle cose della
vita, da cui è stato tratto il titolo postumo: “Perché questa non è casa mia.
Questa è casa d’altri, io lo so”.
Gli stessi Briganti avevano già realizzato
vent’anni fa una sorta di edizione critica del racconto, per Diabasis, con vari
apparati, filologici e critici.
Silvio D’Arzo, Casa d’altri e altri racconti,
Bompiani, pp. LXXIV + 224 € 13
Silvio D’Arzo, Casa d’altri e altri racconti, Einaudi,
141 € 13
Sivio D’Arzo, Casa d’altri, Marietti, pp. 112 € 10 €
Diabasis,
pp. 144 € 15
Consulta, pp. 116 € 15
mercoledì 4 novembre 2020
Problemi di base tricologici - 605
spock
Chiudono
i barbieri ma non i parrucchieri, roba da Corte Costituzionale?
O il
capello non è protetto dalla Costituzione?
E farsi
baffi e basette, e spuntare la barba dal parrucchiere, è vietato o permesso?
O
gli uomini sono più infettivi?
Perché
ci sono barbieri per uomini e parrucchieri per donne, come ai bagni?
E i
bagni pubblici, saranno aperti per le donne e chiusi per gli uomini?
Dobbiamo
piangere oppure ridere?
spock@antiit.eu
Il mondo com'è (413)
astolfo
Aigues-Mortes – Il borgo medievale in
rosa, al limite occidentale della Camargue in Occitania (Linguadoca-Rossiglione),
la più grande salina del Mediterraneo in un mare rosa, grazie all’Artemia
Salina, il gamberettto rosa che lo popola, e dà il colore anche ai fenicotteri,
che abitano la laguna, fu teatro il 17 agosto 1893 di un massacro di italiani,
in gran parte piemontesi. Immigrati stagionali che lavoravano nelle saline. A
opera dei lavoratori locali che rimproveravano agli italiani l’abbassamento dei
salari.
Il massacro si svolse
mentre gli immigrati italiani, in seguito alle proteste dei lavoratori
francesi, venivano scortati dalla polizia alla stazione ferroviaria per essere
rimpatriati.
Il numero dei
morti e dei feriti non è stato accertato. Quello recepito dal sito del Comune è di 17 morti e 150
feriti. Altre fonti, quasi tutte giornalistiche
(non si è fatta la storia della vicenda, né dei suoi contorni, non in Francia e
nemmeno in Italia), ne danno di più, o di meno. Il processo, che si svolse prontamente,
a dicembre, e rapidamente, non lo chiari: il Tribunale non si curò di accertarlo,
il dibattimento fu breve, un paio di sedute, gli imputati furono assolti.
A fine Ottocento
la Francia era così: razzista, antisemita, e xenofoba - anche con la Gran
Bretagna, malgrado l’Intesa diplomatica e militare, le cose non andavano bene:
i due apesi si facevano la guerra in Africa.
Cretinismo parlamentare – Marx coniò la
formula nel 1852, sanzionando la rivoluzione del 1848 per avere tradito appunto
la rivoluzione per un comodo e ineffettuale costituzionalismo. Il “cretinismo parlamentare”
disse, in “Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte”, “una malattia che a partire dal
1848 ha infierito su tutto il continente”. Così definendola: “Riduce quelli che
ne sono affetti a un mondo immaginario, toglie loro ogni giudizio, ogni
ricordo, ogni comprensione del rozzo mondo esteriore”. Il Parlamento, che
allora si cominciava ad adottare costìtuzionalmente, in costituzioni parlamentari,
Marx vedeva nel continente come una sorta di purgatorio, luogo fuori del tempo.
Ebrei del papa - Quando Napoleone in
odio alla chiesa volle la restaurazione del Gran Sinedrio, il 31 gennaio 1807
nella chiesa sconsacrata di San Giovanni a Parigi, il primo dopo la distruzione
del tempo a Gerusalemme nel 70, il consesso di 71 tra rabbini e laici israeliti
votò una mozione di gratitudine alla Chiesa. Il 5 febbraio, chiese e prese la
parola il rabbino di Nizza, Avigdor, uno dei delegati di maggior prestigio. François
Piètri, il politico e storico corso – esordì nel 1906 con “La question des vins de l'Italie. L’antagonisme du
Nord et du Sud”, tesi di dottorato - ha ricostruito così la vicenda: “Rabbi Avigdor
pronuncia un discorso che costituisce un autentico colpo di scena ma che, dopo
un primo movimento di sorpresa, provocherà l'entusiasmo di tutto il Sinedrio”. “Appoggiandosi
su un ricco e preciso apparato di citazioni storiche”, continua Piétri, “la sua
allocuzione rende grazie alla Chiesa cattolica per la protezione che non ha mai
cessato di accordare agli ebrei perseguitati.
Avigdor dà un
lungo elenco di Padri e di Papi che hanno trattato con umanità e ospitato gli
israeliti espulsi e tormentati dal potere civile in quasi tutti gli
Stati d'Europa. Ricorda che il solo luogo da cui il popolo eletto non fu mai
cacciato è quello su cui i Pontefici hanno esercitato il loro potere
temporale. In Francia, le migliori condizioni in assoluto per gli ebrei furono
quelle di Avignone e del Contado Venassino, territori soggetti all’autorità
papale. Alla fine del suo excursus storico, il rabbino di Nizza ‑ tra gli
applausi dei colleghi che lo ascoltano in piedi ‑ domanda al Sinedrio di
deliberare “un voto di gratitudine alla Chiesa di Roma per i benefici
del clero cattolico verso gli ebrei” .
Macaronesia – È il nome
geografico collettivo per gli arcipelaghi altrimenti noti come isole
Fortunate: Azzorre, Madeira, Canarie e isole del Capo Verde. Dell’Atlantico, ma
della costa africana, benché di nazionalità spagnola e portoghese. Attorno alle
Canarie, da cui partì Colombo per il salto nell’ignoto, e poi al centro delle rotte
euroamericane, del Nord e del Sud - specie nella tratta degli schiavi.
Mussolini - Emerse all’improvviso
a statura nazionale, fuori dall’anonimato dei funzionari di partito locali, grazie
a Salvemini. Nel 1912 era una delle tante “teste calde” del partito Socialista,
dell’ala “massimalista”. Segretario della sezione di Imola, che l’anno precedente,
per protesta contro l’ambiguità del partito nella guerra di Libia, ne aveva provocato la fuoriuscita. Aveva
piccola reputazione, e più per l’oratoria barricadiera e facile, di slogan a
effetto, popolari. Che sembrerebbe oggi una dote politica, ma non allora, il partito
Socialista era e si voleva pensoso – la politica in generale si prendeva sul
serio.
Al
congresso del luglio 1912, il tredicesimo del Psi, la sinistra massimalista risultò
vincitrice. In reazione all’occupazione della Libia, che aveva avuto il
sostegno del gruppo dirigente socialista ora perdente. E su ordine del giorno
redatto e proposto da Mussolini, che così si segnalava, espulse la vecchia
dirigenza filogiolittiana, Bissolati, Bonomi, Cabrini. Fu esonerato di conseguenza
il direttore riformista dell’“Avanti!”, il giornale del partito, Claudio
Treves. Il nuovo segretario eletto, Costantino Lazzari, propose la direzione a
un altro riformista, Gaetano Salvemini. Per mantenere qualche filo unitario, e anche
per coinvolgere lo scrittore già illustre nuovamente nel partito, da cui si era
allontanato. Salvemini non se la sentì, e Lazzari propose allora Mussolini, che
a 29 anni, con baffi e capelli ancorché già stempiato, ne divenne il direttore.
Ne fece subito una rampa politica di lancio ed ebbe successo. Ne raddoppiò in
pochi mesi la diffusione, oltre 50 mila copie, col linguaggio aggressivo e
irriverente che lo caratterizzerà, da piazza più che da ufficio studi. E cercò
o accolse collaboratori di prestigio, anche fuori del partito o in contrasto
col gruppo dirigente massimalista, ma in sintonia per questa o quella battaglia
che decideva di combattere: nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari, giovani di
ogni orientamento. Salvemini stesso e altri meridionalisti, Arturo Labriola per
la parte estera, Sergio Panunzio, il filosofo del diritto sindacalista
rivoluzionario (sarà miglior teorico del fascismo), Umberto Boccioni come illustratore,
etc..
astolfo@antiit.eu
Dc a 5 Stelle a Rai 1
Rai1 sceglie di celebrare Gigi
Proietti con il film meno proiettiano, benché lui vi appaia impegnato - c’è
solo lui nel film. Un’agiografia dei vecchissimi tempi, benché girata appena
ieri, nel 2010, tanto è sempliciotta e scalcagnata. Che di un santo
imaginifico e pedagogo innovativo fa un frescone - uno giuggiolone in fiorentino,
Filippo Neri ha esercitato a Roma ma era fiorentino. Secondo l’aneddoto che lo
vuole giocare col berretto cardinalizio.
La scelta è determinata dalla produzione? Che è dei Bernabei, e tanto
basta a Rai 1? Che i 5 Stelle che gestiscono la rete siano dei vecchi Dc,
vecchissimi – nipoti, pronipoti?
Giacomo Campiotti, Preferisco il Paradiso
martedì 3 novembre 2020
Ecobusiness
Le sneakers, scarpe di plastica obbligate, un must,
irreparabili, irriciclabili, un paio a ogni stagione, quest’anno bianche, in
allegria, costosissime pretendendosi cheap.
La macchina king size – il suv, o che gli somigli - gonfia. Una
moltiplicazione di acciaio e plastiche per singola unità. Senza utilità ma di
bella figura. Che i garage e le strade rimpicciolisce. Pesante il doppio del
necessario, che i consumi raddoppia.
La macchina. Una per ogni adulto
con patente. A Roma, per dire, 1,8 milioni di auto circolanti per 2,9 milioni
di residenti.
Mandare le lavatrici domestiche
in continuo. Per una migliore igiene. Due, tre e quattro volte al giorno. Con consumi iper di elettricità. Con detersivi biodegradabili che
intasano gli scarichi – immaginarsi le fogne.
Il business delle pale eoliche. Strutture di acciaio ingombranti, e
irrecuperabili, sia le pale che le turbine. Massimo inquinatore visivo e
acustico. Di bassissima produttività. Per la velocità costante del vento in Italia
collocabili solo nelle isole e nelle zone costiere – o su displuvi. Ma il business è redditizio degli “oneri di
sistema” che gli utenti pagano in bolletta per le fonti di energia non-oil – l’affare più redditizio e meno
impegnativo, dal punto di vista finanziario e della manutenzione, un cash-dispenser
per i profittatori del regime eco (con qualche aderenza a Terna e\o ai governi
regionali che hanno la privativa delle licenze: l’utile grasso basta per
dividere con chiunque).
Problemi di base femministi - 604
spock
Perché
le donne parlano sempre al cellulare, per strada, senza la mascherina?
E perché saltano la fila alla Posta
esibendo finti codici qr di prenotazione?
Alla Posta e anche alla banca, gestiscono
i patrimoni?
Perché le donne vogliono passare prima
nella fila, alla posta, alla banca, al mercato e al supermercato?
Per
cavalleria?
E perché
le fanno passare?
spock@antiit.eu
Fu epurato solo Bontempelli
Il 2 febbraio 1950 il Senato votò
a maggioranza l’espulsione di Massimo Bontempelli, per il reato di propaganda fascista. Lo scrittore,
eletto nelle liste del Fonte Popolare, socialcomuniste, rappresentava il Pci,
che lo aveva candidato nel collegio blindato di Siena. E lo aveva difeso in Senato al massimo livello dall’accusa di propaganda fascista, con una complessa
arringa di Umberto Terracini. Dopo il voto contrario dell’assemblea, per l’espulsione,
fece un lungo discorso reprobatorio per il Pci il senatore Emilio Sereni.
Bontempelli non si era illustrato
in Senato. Aquilanti ricorda e riproduce un suo unico intervento, ottobre 1949,
sulla legge di bilancio. Ed era stato fascista “appassionato”, scriveva di lui
il “Popolo d’Italia”, il giornale di Mussolini, nel 1926. Nello stesso anno si
era sfidato a duello con Ungaretti, altro marciante della prima ora, nella
villa di Pirandello, a Ferragosto, per una diatriba letteraria tra collaboratori
del “Tevere”, il quotidiano filoregime di Telesio Interlandi. Segretario del
sindacato fascista degli scrittori, accademico d’Italia, autore di più prose di
sincera adesione. E dell’antologia per le scuole, nel 1935, che gli costerà il
seggio - per “farvi sentire”, far sentire ai ragazzi, “quanto è bella la vita
dell’Italia nostra che Mussolini e la sua generazione consegneranno a voi
ragazzi”. Ma era scrittore riconosciuto fra i maggiori del primo Novecento, e
il Pci lo cooptò a guerra finita. Come scrittore frondista - lo stesso percorso
di Malaparte. Nel 1938 aveva rifiutato la cattedra Italianistica a Firenze sottratta
dal regime a Attilio Momigliano con le leggi razziali, e Starace, il gerarca del
Pnf, il partito nazionale fascista, con cui non era in buoni rapporti, lo fece sospendere
dal partito (non dall’Accademia, con relativo stipendio) e mandare al confino
con divieto di pubblicazione, per un
anno – al confino con Paola Masino, la compagna giovanissima, trent’anni
la differenza di età, nella villa del barone Franchini.
Ma il libriccino – è un volumetto
della collana verde – non divaga. “Una storia italiana” la dice Aquilanti,
consigliere di Stato, già grand commis
in varie istituzioni pubbliche, Senato, commissioni parlamentari, palazzo Chigi
(segretario generale con Renzi e Gentiloni). Di una fine regime che invece ebbe
molte reviviscenze. Avendo voluto la Repubblica “nata dalla Resistenza” escludere
l’epurazione – a meno di delitti da codice penale. Questa generosità, se non
fu quietismo, Aquilanti sembra disapprovare. Ma, da questo punto di vista, italiana
la storia si direbbe nel senso più ampio. Da un lato la politica togliattiana della
cooptazione, generosa e cinica – dei “compagni di strada”, o “utili idioti”. Dall’altro
l’opportunismo della Democrazia Cristiana, che volle la decadenza di
Bontempelli dal Senato, ma è quella che ha conglobato nella Repubblica, invece
che gli intellettuali isolati, la struttura dirigente fascista.
Paolo Aquilanti, Il caso Bontempelli, Sellerio, pp. 188
€ 12
lunedì 2 novembre 2020
Cronache dell’altro mondo - ottuagenario (76)
“Se vogliamo riprenderci dal trumpismo,
dobbiamo negare ogni pietà agli accoliti di Trump”. Chi si prepara con il noi
alla vendetta è Masha Gessen sul “New Yorker”, già attivista Lgbt a Mosca,
incaricato-a da Putin di molte funzioni rappresentative, fino al 2013, quando
emigrò negli Usa (ma aveva già la cittadinanza americana, i genitori avendo
potuto emigrare negli Stati Uniti nei primi anni 1980, grazie al programma di
espatri per gli ebrei messo a punto da Kissinger, salvo poi ritornare a Mosca). Il noi sembra
qui un appello agli americani anti-trumpiani, ma è normalmente usato da Gessen
per indicare se stesso-a: scrive col noi.
Nata Maria Alexandrovna, “Masha”, Gessen veste
maschile, ha una moglie (la seconda, dalla prima ha divorziato, russe
entrambe), e si classifica non-binary
trans, personalità multipla.
“Perché Trump non può
permettersi di perdere le elezioni”, spiega il “New Yorker” . Perché è sfuggito
a un impeachment, a ventisei accuse
di sexual misconduct, e a circa quattromila
cause. Tanti colpi di fortuna che potrebbero finire brutalmente se perde contro
Biden”. Essere assolti in 4.027 cause non assolve in America. Dove avvocati a
percentuale fanno qualunque causa: se perdono hanno perso il tempo e la carta bollata
- ma sono tutti ricchi, il ricatto paga: i contingency
lawyer, avvocati senza scrupoli per definizione, solitamente contro le
assicurazioni e il big business, che
col #metoo si sono eretti a moralizzatori.
Il presidente americano che si
elegge oggi avrà 78 anni a fine mandato se vince Trump, 82 se vince Biden - che
li dimostra tutti (è in politica dal 1970).
Kamala Harris, che Biden ha
scelto per la vice-presidenza, nella campagna per la candidatura democratica era
specialmente feroce con Biden, che accusava di razzismo.
L’America di Trump è anche di Obama e Clinton
Un libro su Trump alla vigilia
del voto presidenziale sa di bilancio. E questo avevano probabilmente in mente
Del Pero, storico, e Magri, direttore dell’Ispi, l’istituto milanese di
politica internazionale, commissionando i contributi di questa collettanea. Un
bilancio non facile, essendo ancora aperto, ma non catastrofico - come l’antitrumpismo
di maniera della stampa europea prospetterebbe. E soprattutto in continuità, per
quanto concerne gli affari internazionali e l’economia globale, il punto di
vista dei due coeditori (“The US and the World” è il sottotitolo), con la
politica di Obama e di Clinton.
C’è continuità nella politica
economica, espansiva. Nella globalizzazione, anche se con una correzione, già giudicata
necessaria, nella condiscendenza verso la Cina. E nella marginalizzazione progressiva
dell’Europa, nel rapporto economico e in quello della difesa, della Nato. È il deep state, l’America si muove secondo
linee di tendenza nazionali, al di sotto delle caratterizzazioni della singola
presidenza. La presidenza trumpiana si connota sul piano interno: l’abbandono
della benevolenza verso l’immigrazione clandestina, e la riabilitazione morale e
sociale dei ceti rurali, fin qui inesistenti di fatto in America, ininfluenti.
Trump, è ovvio, non c’è stato per
niente in questi quattro anni, anche se noi non lo sappiamo, noi in Italia. Questo
libro dà molte delle informazioni che ci mancano - ma, anch’esso, scritto in
inglese…
Mario Del Pero-Paolo Magri (a
cura di), Four years of Trump, Ispi,
pp. 184 € 12
domenica 1 novembre 2020
La sindrome B.
B. sorride con tutti i denti, come la natura di affarista gli comanda. Bucato di freccette. L’occhio destro tagliato, le guance a bozzi, il mento e la bocca inferiore di un giallo sospetto. Tanti B., variamente calpestati o accartocciati, strappati, rosi dall’umido, coprono il selciato dell’ex Mattatoio a Roma il giorno dopo la festa dell’Unione. Agli alberi resta qua e là affisso l’inno in morte di B. del grande scrittore di cui il B. editore ha decretato la fortuna, il grasso siciliano che fu fascistissimo in origine e poi comunistissimo, quando il comunismo tanti anni fa scomparve, popolare ora pure nella cucina inglese, pare, con le ricette “pappanozza” e “pirciati bollenti”. La guardiana, fumata, gattara, guarda e chiude le imposte, ha freddo, e “sempre ‘sti lazzaroni che so’ compagni lasciano ‘a monnezza”.