astolfo
Bach – Quando morì non se ne fece l’annuncio. Solo quattro
anni dopo, breve, col titolo “Suonatore d’organo di fama mondiale”, che non
voleva dire nulla, giusto un “echo” pubblicitario di qualche editore. Con le
qualifiche di “compositore di corte” e “maestro di musica”. Senza un cenno alle
opere. È per questo che non ci sono autografi: se ne scrive molto, da qualche
tempo moltissimo, ma sono congetture. S’era dovuto arrangiare. Accettare un
incarico alla corte sassone di Dresda, quasi straniera, snobbato dagli ottimi
fabbricanti di organi di quella città, come già a Lipsia, intrattenersi
soprattutto con nobili slavi, copiare montagne di musica non tedesca, andare
fino a Potsdam a suonare il piano a Federico il Grande, che non si degnò di
ascoltarlo, nonché elogiarlo e remunerarlo. Il suo solo viaggio all’estero fu a
Carlsbad, a passare le acque, che si trovava in Boemia, terra asburgica. Si
capisce che il suo figliolo più giovane abbia presto cercato fortuna in Italia,
con Mozart che incrocerà a Milano e Bologna e poi a Londra.
Eugenetica - A Mosca il
comunismo sperimentò nel 1932 l’accoppiamento di una donna con un orango. Per
migliorare la razza dell’orango? Per provare Darwin.
Questo
precedente è mancato a Nolte, nel suo sistema della “colpa è sempre degli
altri”: qui la colpa è senz’altro degli altri. Ma bisogna dire che in fatto di
Aktion T 4 (eliminazione delle “vite indegne di essere vissute”, portatori di
handicap mentali o malattie genetiche inguaribili) ed eugenetica Nolte tace su
tutti i fronti - l’eugenetica adorna i petti migliori.
Freud
- Ebbe una figlia bellissima, Anna, e la tenne chiusa in casa. La figlia
amava le donne, e Freud non lo seppe mai. Anna si portò in casa l’amica del
cuore, che era la casa di Freud. Una vita a tre di cui Freud non si accorgeva, a
Vienna e a Londra. Anna tenne in terapia il figlio dell’amica per 45 anni.
Anna
era il nome di una sorella di Freud, la prima delle cinque, e fu la sola a
sfuggire alla furia hitleriana, essendo emigrata in America giovanissima nel
1889. Le altre sorelle, Rosa, Marie, Adolfine e Pauline, Freud inspiegabilmente
lasciò inaccudite a Vienna quando, dopo l’Anschluss, si decise a emigrare, e
finiranno in campo di concentramento, tra il 1942 e il 1943. Del loro destino nessuno
si è mai occupato, i biografi di Freud tutti sorvolano. Giusto Jones le
ricorda, per dire, a proposito della loro fine, che «Freud, per fortuna, non
avrebbe mai saputo nulla di ciò che sarebbe accaduto loro», essendo premorto, a
Londra, onorato, in una bella residenza, nel 1939. D' altra parte Freud,
commenta lo stesso Jones, “non aveva
alcun motivo di preoccuparsi delle sorelle, visto che all’epoca del suo
trasferimento a Londra la persecuzione degli ebrei era appena cominciata”. Ma
questo non è vero: Norimberga era legge da qualche anno, Freud fu subito
importunato dalle SS, Anna fu rinchiusa in camera di sicurezza. Il 13 marzo
l’Anschluss fu dichiarato, il 15 marzo Freud
subì una prima irruzione in casa, di attivisti nazisti in divisa, che
pretesero una taglia, il 22 marzo la Gestapo fermava Anna.
L’emigrazione
si prospettò subito. Si dice che Freud nicchiasse, perché si sentiva vecchio, e
non abbastanza ricco per traslocare. Ma non nella corrispondenza: subito con i
corrispondenti registra la minaccia. E avvia la pratica per l’emigrazione. Paga
le due tasse imposte dal nuovo regime agli ebrei che emigrano, la Reichsfluchtsteuer, per il diritto
all’emigrazione, e la Juva, Judenvermögensabgabe
(patrimoniale speciale per gli ebrei), conclude rapidamente la complessa
burocrazia per l’espatrio, e il 4 giugno parte per Londra, dove abiterà il
comodo Maresfeld Garden. Può portare con sé tutto quello che vuole, compresa la
collezione di statuette antiche, e i familiari che vuole. Compilò una lista di
17 individui: la moglie, i figli e i nipoti, le due cameriere, il medico personale
con la famiglia, e il cane. Ma non le
sorelle.
Vittorio
Mussolini dirà che la partenza fu facilitata dall’intervento del padre,
ammiratore di Freud. Il quale gli aveva mandato copia con dedica del libro
sulla guerra, in originale tedesco, “Warum Krieg?”, perché la guerra. La dedica
è impegnativa: “A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel
detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà” – il libro con la dedica
si conserva tra i resti della biblioteca di Mussolini all’Archivio Centrale. Se
non che, due mesi dopo aver ricevuto il libro, Mussolini firmava sul “Popolo
d’Italia” un articolo di condanna della psicoanalisi come impostura.
La
vicenda è analizzata in un libro di Roberto Zapperi, “Freud e Mussolini”. E molto
ridimensionata. Il 25 aprile 1933 Freud ricevette per un consulto lo
psicoanalista triestino Edoardo Weiss, col suo paziente Gioacchino Forzano, il
drammaturgo. Forzano portava in regalo a Freud un volume con i drammi scritti
in collaborazione con Mussolini, tradotti in tedesco. Freud contraccambiò col
libro sulla guerra e la dedica.
Hitler – Se ne può dire
molto, fuori dell’anatema. Poi indiscutibilmente la “belva”, fu fino alla
Cecoslovacchia onorato più che temuto. Per aver risollevato la Germania, anche
se con qualche eccesso manesco. Gli accordi di Monaco trovarono entusiasti i
pacifisti, non soltanto l’opportunista Chamberlain - tra essi Simone Weil,
politologa per ogni altro verso acuta.
In
tutto copia-succube di Mussolini, ne adotta pure il marmo, il travertino,
invidiosissimo dell’architettura Novecento colossale, di Speer tentando di fare
un Piacentini.
Invade
la Russia come a una scampagnata, scrivevano gli inviati di guerra Malaparte e
Lino Pellegrini, nelle giornate tiepide dell’Ucraina a giugno.
Si
rappresentano Hitler e il nazismo come una barbarie soprammessa alla Germania, mentre
furono popolarissimi. Brutti ma abili: bambini e ragazzi vissero privilegiati e
accuditi, d’inverno e d’estate, in città e nei campeggi, i film luce erano fantastici
di luci e avventura, il nemico considerato sempre vinto. Fu una galoppata di cavalli,
non di asini.
Sartre-Simone de Beauvoir – Furono, fin dagli
inizi, una coppia aperta, ma anche adescatori, cioè reprensibili, secondo
l’etica odierna. Lei in particolare, essendo bisessuale, ha portato nella coppia
giovani che poi hanno lamentato la relazione come un trauma. Tre in particolare,
Olga Kosakiewicz, Bianca Bienenfeld (poi Lamblin) e Natalie Sorokin, che il ménage à trois con Sartre e De Beauvoir quando erano al liceo avrebbe danneggiato
psicologicamente.
Nel
1939 Simone de Beauvoir è sospesa un prima volta dall’insegnamento per il
rapporto con Bianca Bienenfeld, una sedicenne, figlia di un ebreo polacco
rifugiato in Francia per sfuggire ai pogrom. Ripreso l’insegnamento, ne sarà
definitivamente sospesa il 17 giugno 1943, alla fine dell’anno scolastico, a seguito
di un denuncia per “eccitazione di un minore alla dissolutezza” – una denuncia
depositata a dicembre del 1941 dalla madre di Natalie Sorokine: il processo si
era concluso con un “non luogo a procedere”, ma il ministero dell’Istruzione
tenne conto della denuncia. La relazione insegnante-allievo non è infrequente
né illegale in Francia – il presidente Macron è uno, che a sedici anni è stato innamorato
dall’insegnante di Lettere Brigitte Trogneux, poi sua moglie, allora
quarantenne, sposata e madre di tre figli. Ma nel 1943 il ministero tenne conto
del precedente. Simone de Beauvoir non contestò il licenziamento. Sarà
reintegrata nell’insegnamento alla liberazione, il 30 luglio 1945, ma non
insegnò più.
Bianca
Lamblin, una cugina di Georges Perec, ebbe anch’essa come insegnante a sedici
anni SdB, con la quale intrecciò una relazione. Di cui fu parte presto anche
Sartre. Di lei ci sono molte tracce nella corrispondenza tra Sartre e SdB,
sotto lo pseudonimo Louise Védrine - nelle “Lettere al Castoro e alcune altre”
di Sartre, pubblicate nel 1990. Lamblin reagì polemicamente nel 1993, con i “Mémoires
d’une jeune fille dérangée”, mimando un celebre titolo di SdB, “Mémoires d’une
jeune fille rangée”.
Olga
e la sorella Wanda, anch’essa amante di Sartre, e forse di De Beauvoir, erano
attrici. Olga sposerà nel 1946 Jacques-Laurent Bost, un vecchio amante di de
Beauvoir. La coppia Bost resterà una delle amicizie più consolidate di Sartre e
de Beauvoir. Olga e Wanda accudiranno Sartre saltuariamente, accompagnandolo
nei viaggi o di notte a casa sua, negli anni 1970. Due delle tanti amanti che se ne occuparono, nel decennio di decadimento
fisico che Sartre visse fino alla morte (morirà il 15 aprile 1980), insieme con
altre vecchie relazioni, anche di molti anni: Michèle Vian, ex moglie di Boris
Vian, Liliane Siegel. Con l’aggiunta di amiche giovani. E delle figlie adottive
della coppia: Sylvie Le Bon, di SdB, e Arlette Elkaïm, di Sartre. Ancora nel
1978, nota Simone de Beauvoir in “La cerimonia degli addii”, benché afflitto da
amnesie, incontinenza, frequenti cadute, solitario in casa o per strada, tra gli
eccessi di alcol e di fumo, “frequentava sempre molte giovani”: Melina, “la
giovane greca” che l’anno prima aveva licenziato, con una piccola somma per le
sue spese a Parigi, “e numerose altre”. E di questo si vantava: “Non sono mai
piaciuto di più alle donne”. Non senza ragione, commenta SdB, “è a molte di
esse che doveva il piacere di vivere”, malgrado le menomazioni fisiche. Donne,
giovani e non, che anche manteneva: ancora nel 1978, nota SdB, “versava
regolarmente ogni mese somme abbastanza grosse a diverse persone”. Al punto da
indebitarsi e non poter spendere per sé nemmeno per la cose minute.
Simone
de Beauvoir, oltre che col “giovane Bost”, allievo di Sartre, ha avuto una
relazione lunga con Nelson Algren, romanzata nei “Mandarini”, poi testimoniata
dalla pubblicazione della corrispondenza. E, da luglio 1952 al 1958 con Claude Lanzmann,
che ritroverà nei sei anni che sopravvisse alla morte di Sartre, fino al 1986. Con Sartre ha continuato a darsi del voi, come usava un tempo, tra vecchi coniugi, non più amanti.
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