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Berlinguer liberale
Il riformismo va “da Carlo Rosselli a Enrico
Berlinguer”, anzi da Gobetti a Rosselli e a Berlinguer. Con un po’ di Moro. Per
tre pagine su “la Repubblica”. Va bene che Scalfari era amico di Berlinguer, dice
Scalfari, si vedevano a cena, e l’amicizia in certi ambienti conta. Ma Berlinguer
sarà trasecolato, là dove sta, a sentirsi dire liberale.
Tutto si può dire. A una certa età, poi. E a Scalfari è sempre piaciuto esagerare – si è fatto pure poeta, e papalino. Ma nell’intervistone
che gli consacra nel primo numero del nuovo anno del loro giornale,
raccogliendone le confidenze, Molinari lo
asseconda, in ogni curva del pasticcio, non è questione di memoria malmessa - il primo federalista europeo Altiero Spinelli viene ricordato come fautore della invisa confederazione.... E
un albero genealogico stranissimo ne viene fuori dello stesso Fondatore. Che non è mai
stato radicale, anche se fondò il partito, non è mai stato anticomunista, non è
mai stato socialista – non un solo socialista è citato nelle tre pagine sul
riformismo. Ed era confidente di Moro –
di Moro, che non dava confidenza a nessuno.
Tutto si può dire - o omettere: che Moro Berlinguer lo ha voluto morto, lo stesso Moro che non aveva voluto i berlingueriani nel governo del compromesso, il giorno che fu rapito. Succede anche che quod Deus perdere vult, dementat prius. Ma il giornalismo? Un minimo onesto?
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