sabato 2 gennaio 2021

Berlinguer liberale

Il riformismo va “da Carlo Rosselli a Enrico Berlinguer”, anzi da Gobetti a Rosselli e a Berlinguer. Con un po’ di Moro. Per tre pagine su “la Repubblica”. Va bene che Scalfari era amico di Berlinguer, dice Scalfari, si vedevano a cena, e l’amicizia in certi ambienti conta. Ma Berlinguer sarà trasecolato, là dove sta, a sentirsi dire liberale.
Tutto si può dire. A una certa età, poi. E a Scalfari è sempre piaciuto esagerare – si è fatto pure poeta, e papalino. Ma nell’intervistone che gli consacra nel primo numero del nuovo anno del loro giornale, raccogliendone le confidenze, Molinari lo asseconda, in ogni curva del pasticcio, non è questione di memoria malmessa - il primo federalista europeo Altiero Spinelli viene ricordato come fautore della invisa confederazione.... E un albero genealogico stranissimo ne viene fuori dello stesso Fondatore. Che non è mai stato radicale, anche se fondò il partito, non è mai stato anticomunista, non è mai stato socialista – non un solo socialista è citato nelle tre pagine sul riformismo. Ed era confidente di Moro – di Moro, che non dava confidenza a nessuno. 
Tutto si può dire - o omettere: che Moro Berlinguer lo ha voluto morto, lo stesso Moro che non aveva voluto i berlingueriani nel governo del compromesso, il giorno che fu rapito. Succede anche che quod Deus perdere vult, dementat prius. Ma il giornalismo? Un minimo onesto?

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