sabato 23 gennaio 2021

Il mondo com'è (420)

astolfo

Cajun – O “Cadien”, sono i francofoni Acadiani, gli abitanti dell’antica Acadie, la costa orientale del Canada, deportati nel 1755 dai coloni britannici dopo la conquista verso gli S tati Uniti (tra questi i Kerouac). La maggior parte si indirizzarono verso il Sud degli Stati Uniti, dove ancora si parlava francese, in particolare la Louisiana e New Orleans. Cajun sarebbe una deformazione di Cadien-Cadun. Cajun è il gergo francofono, e sono anche le persone che lo parlano.  
 
Der arme Conrad
– Si denominarono così i gruppi di contadini che nel 1524 si rivoltarono contro il duca d Württemberg -– adottarono il termine spregiativo con cui la nobiltà si riferiva a loro. Il ducato, nel primo Cinquecento, era padronale. Il duca aveva deciso nel 1513 di muovere guerra al duca di Borgogna e aveva imposto nuove tasse sul reddito per finanziarla. Le città di Stoccarda e Tubinga si rifiutarono di pagarla. Allora il duca impose un’accisa sugli alimentari, vino e birra compresi. Colpendo così la parte più povera della popolazione, la campagna. Che era reduce d a due raccolti cattivi, nel 1508 e nello stesso 1513. Per ottenere l’esborso unitario (per unità di prodotto) che si era prefisso, il duca ridusse le unità di misura dei pesi. Per un kg., per esempio, si pesavano  700 grammi – su cui si applicava l’accisa unitaria del kg. I contadini si ribellarono, ma non prima di un “giudizio di Dio”, che un caporione, Peter Gaiss, propose il 2 maggio del 1514: buttare al fiume i nuovi pesi del duca, se galleggiavano aveva ragione il duca, se affondavano erano una frode, che andava combattuta.
La ribellione fallì presto. Molti disertarono dopo un primo momento di entusiasmo, gli ultimi 1.700 ribelli furono imprigionati e torturati, i capi decapitati. L’accisa fu pagata, i contadini, anche non ribelli, privati di ogni diritto. Dieci anni dopo la rivolta sarà generale, la Guerra dei Contadini.
 
Grande guerra
– Fu una guerra d’insubordinazioni, anche di massa. È l’aspetto più singolare ma meno ricordato delle celebrazioni che se ne sono tenute per il centenario nel decennio trascorso: mai eserciti si erano ribellati in massa. Il fatto spiega anche le mobilitazioni popolari che conclusero la guerra, dalla rivolta russa del 1917 alla Novemberrevolution in Germania, e al biennio rosso, primo fascismo compreso, in Italia. Ne andò esente la rancia, il paese che l’insubordinazione sperimentò più in grande, perché probabilmente più debilitato.
A maggio del 1917 la metà dell’esercito francese, 54 divisioni francesi, alimentò un ammutinamento collettivo, contro la conduzione della guerra. La protesta s’innestò sull’offensiva fallita del mese precedente, detta dello Chemin des Dames, mal congegnata e mal condotta, che aveva portato alla morte di 120 mila sodati.
A marzo si erano ammutinati i fanti russi. Nelle trincee, dopo le continue sconfitte. E a Pietrogrado: le truppe incaricate della repressione dei moti di piazza, operai e per il pane, fraternizzarono con i manifestanti – lo zar Nicola II, esautorato, abdicò.
In Italia la protesta scoppiò dopo. Perché tale fu, nella sostanza, la rotta di Caporetto. La sconfitta militare aveva dimezzato gli effettivi: di 65 divisioni al fronte ne restavano attive solo 33, riaggruppate. In pochi giorni si erano contati 40 mila tra morti e feriti gravi, e 285 mila prigionieri. Da qui lo sbandamento dell’altra metà degli effettivi sul fronte dell’Isonzo, 350 mila.
Gli ammutinamenti furono affrontati con durezza, e con molti morti. In Francia con fucilazioni di massa e perfino con l’uso dell’artiglieria. In Italia con i plotoni di esecuzione sul campo e con i Carabinieri, con processo rapido o senza processo.
Per l’Italia, i dati raccolti cinquant’anni fa dallo storico Monticone e da Enzo Forcella documentano  330 mila processi in corte marziale tra il 1915 e il 1918. Con 15 mila ergastoli e 4.028 condanne a morte (750 eseguite). Altre condanne a morte vennero eseguite senza processo, nella rotta di Caporetto. Lo storico militare Rochat valuta in un migliaio il numero delle vittime della “giustizia sommaria”. Le testimonianze direbbero di più – per tutte quella di Hemingway, lunga e  dettagliata, in “Addio alle armi”. A guerra finita circa 20 mila “disertori” furono esclusi dall’amnistia del settembre 1919, e rimasero nelle carceri militari fino alla seconda guerra mondiale.
 
Molti casi di giustizia sommaria c’erano stati durante il conflitto. Uno che fece scalpore coinvolse nel 1917 la brigata Catanzaro. Questo sito lo ha documentato in passato:
http://www.antiit.com/2012/05/il-racconto-unico-degli-eroi-decimati.html
Le decimazioni, che tanto orrore ancora suscitano nell’occupazione tedesca dell’Italia, furono sperimentate nel 1917 dai carabinieri. Contro la Brigata Catanzaro che sul Carso s’era rivoltata dopo dieci campagne di fila in prima linea: presero una trentina di fanti a caso e li fucilarono.... Ne accenna commosso D’Annunzio nei “Taccuini”, giusto lui contro il quale, nell’adiacente suo “campo di aviazione”, i rivoltosi avevano tentato di dirigersi”.
Meno drammatico ma più grave era stato il 21 marzo il caso della Brigata Ravenna, 38mo reggimento, rimandato al fronte il giorno che doveva partire in licenza. La protesta fu risolta blandamente dal comandante di brigata Pistoni, che pure aveva chiesto l’intervento dei Carabinieri e di automitragliatrici blindate. Ma il generale di Corpo d’Armata Carignani volle una punizione severa. Sostituì il generale Pistoni col comandante di brigata Guerrini e gli ordinò di procedere alla decimazione del 38mo reggimento. Due soldai sopresi a dormire furono fucilati subito, la stessa notte. Carignani pretese però che venti soldati del 38mo reggimento fossero estratti a sorte, tra i quali poi sorteggiarne cinque da fucilare. Il che fu fatto all’alba del 22. Il giorno seguente un tribunale speciale voluto da Carignani comminò altre condanne a morte. Carignani insistette ancora nella punizione esemplare, e altri 18 soldati vennero fucilati.
In totale, sui 650 mila caduti nella Grande Guerra, oltre 100 mila si calcolano morti di “fuoco amico”.
 
In parallelo si aprì il fronte delle fabbriche. Da fine 1916 alla primavera del 1917 circa 700 scioperi in fabbrica sono stati contati in Francia. Gli scioperi furono numerosi anche in Russia. E anche in Germania, sempre nella primavera del 197, un discreto moto di protesta si registrò con una serie di scioperi in fabbrica.
A Torino, i moti del 22 agosto dello stesso anno portarono a cinquanta morti: quel giorno le donne assaltarono i forni, in cerca di pane, e le fabbriche entrarono in sciopero, pur consapevoli della probabilità di perdere il privilegio del “bracciale azzurro” degli addetti alla produzione, lontani per questo dal fronte. Il 23 l’agitazione fu confrontata militarmente, con nove morti, tra cui due casalinghe e cinque operai. La repressione continuò per giorni. Un migliaio di operai furono mandati a processo e\o in battaglioni di punizione al fronte.
 
I prigionieri di Caporetto lo Stato Maggiore e il governo classificarono “lavativi”, non provvedendo per questo al loro sostentamento, come da leggi di guerra: i 350 mila vissero di stenti e passarono l’inverno seminudi. Su 600 mila soldati italiani internati in Austria, 100 mila morirono.  Fra i francesi prigionieri di guerra degli austriaci, anch’essi in numero di 600 mila, solo 20 mila morirono nella prigionia.
 
Spie inglesi
– Ce ne sono state molte nella guerra fredda e di prestigio, e hanno alimentato grandi storie, ma con un profumo distinto di romanzesco, o di triplo gioco. George Blake, l’ultima di esse, morto a fine dicembre in Russia a 98 anni, agente segreto britannico professionale, fu arrestato solo nel 1961, dopo la “scoperta” della rete di spie accademiche e baronali di Kim Philby. Fu condannato a 42 anni, uno per ogni agente inglese da lui tradito, si disse nello storione personale che lo accompagnò, ma il più doveva ancora farlo: evase dopo qualche anno, attraversò la Manica come tutti sulla traghetto, raggiunse la Germania fino a Berlino Ovest, e da qui passò a Berlino Est.
Philby era una spia nota ai suoi. Ben prima di defezionare a Beirut, quando dovettero – su spinta americana – deciderne il fermo. Ma faceva parte della casta.

astolfo@antiit.eu

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