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Da Gramsci a Conte - la storia dimenticata del Pci
Il libro più onesto – non
pettegolo, non trinariciuto – dei tanti che si pubblicano, a opera i più di non
comunisti, se non anticomunisti, che si fingono nostalgici, per il centenario
della scissione socialista che diede origine al futuro partito Comunista. L’unico
che mette in giusto rilievo il ruolo di Amedeo Bordiga, la mente e l’organizzatore
del Pcd’I, da Gramsci, e poi da Togliatti gramsciano di comodo, cancellato
anche dalla memoria – l’unico effettivamente storico, non da partito
Democratico à rebours.
La storia del Pci si può
riassumere anche cosi. Amadeo Bordiga, che portò a conseguenza in Italia teoria
e pratica del bolscevismo, ingegnere, doveva anche lavorare. Il suo protetto
Gramsci, che viveva con poco, protetto da Bordiga e altri compagni, e aveva
il tempo tutto per sé, gli sottrasse il partito - ruolo e funzione nel partito. Togliatti,
che non difenderà Gramsci e anzi ne indebolirà la posizione in prigione, se
ne farà poi scudo, relegando Bordiga quasi al ruolo del rinnegato.
Un recupero importante, questo di
“Lotta Comunista”, se non altro per la storia. Bordiga muore nel 1970, sei anni
dopo Togliatti, anonimo a Formia, rigidamente isolato dall’egemonia culturale
del partito togliattiano. Una sola studiosa se ne è occupata, la storica
contemporaneista Andreina De Clementi, in una biografia politica che lo vede
elaboratore di un “marxismo occidentale”, accanto a Rosa Luxemburg,
all’astrofisico olandese Anton Pannekoek dei consigli operai, all’altro olandese
teorico del comunismo consiliarista Herman Gorter. Di Bordiga tra l’altro la
lettura più ovvia di questo centenario sarebbe stata la sua “Storia della
sinistra comunista”, che però non si pubblica.
La ricostruzione ha molte
chicche. Recupera Labriola, l’unico marxista del primo socialismo, che dà dei “frati
ignorantelli” ai socialisti del primo Congresso, a Genova nel 1992, gli stessi che
devano del “ciarlatano” a Marx, che non conoscevano, ed erano e rimarranno
coriacemente divisi – Labriola conta sette anime diverse. Chiarisce Mussolini,
in poche parole – uno che non era nessuno, e anche meno colto dei “frati
ignorantelli” originari, però raddoppiò le vendite dell’“Avanti!”, ne fece il giornale
principale, e portò il partito Socialista alla guerra. Mostra, sempre in breve,
incisivamente, il disorientamento socialista nella Grande Guerra: la famosa
“conferenza di Zimmerwald” a settembre del 1915, quando il conflitto era già una
carneficina, promossa dai socialisti italiani e svizzeri, fu una lite fra le
diverse correnti, mensceviche, leniniste, riformiste, kautskiste – un po’ come sarà il comunismo
negli anni 1970, “sovietico”, “cinese”, “albanese”, “cubano”, e anche un po’ “rumeno”.
La documentazione allegata mostra graficamente anche le elezioni del 1921 e del 1924, con una straordinaria
presenza socialista in Lombardia, del Psi-Pcd’I il 15 maggio 1921, e del
Psi-Pcd’I-Psu il 5 aprile 1924. La Lombardia oggi leghista contava per un
quarto di tutto l’elettorato socialista prima di Mussolini: ben il 24,4 per
cento dei suffragi dei due partiti nel 1921, e il 28,7 per cento nel 1924 –
quando però il voto socialista si era dimezzato, da 1.940-150 a 1.05.842.
La parte più nuova ed estesa del volume
è “Biografie”, una galleria di cento militanti del partito Comunista d’Italia.
Basata su un campione di “6.424 biografie di militanti che aderirono al Pcd’I
prima che la stalinizzazione del partito si affermasse in forma irreversibile a
seguito del congresso di Lione del gennaio 1926”. Senza sorprese, sono biografie
di militanti comuni, ma affascinanti per pertinacia e costanza – per fede. Qualcuno
muore di “fuoco amico” – “come Mario Acquaviva, ucciso dagli stalinisti nel
luglio 1945 perché nell’alessandrino svolgeva propaganda internazionalista tra
i lavoratori”. “Molti”, scrivono i curatori, “sono quelli che cadono in Urss
vittime delle purghe staliniane”. Altri sono puniti a vita dal Pci, il partito
di Togliatti: “Alcuni hanno in sorte di uscire dall’universo concentrazionario
russo solo per subire, tornati in Italia, l’ostracismo del loro stesso partito”.
Gian Giacomo Cavicchioli-Emilio
Gianni, PCd’I 1921, Lotta Comunista,
pp.299 € 10
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