domenica 17 gennaio 2021

Da Gramsci a Conte - la storia dimenticata del Pci

Il libro più onesto – non pettegolo, non trinariciuto – dei tanti che si pubblicano, a opera i più di non comunisti, se non anticomunisti, che si fingono nostalgici, per il centenario della scissione socialista che diede origine al futuro partito Comunista. L’unico che mette in giusto rilievo il ruolo di Amedeo Bordiga, la mente e l’organizzatore del Pcd’I, da Gramsci, e poi da Togliatti gramsciano di comodo, cancellato anche dalla memoria – l’unico effettivamente storico, non da partito Democratico à rebours.
La storia del Pci si può riassumere anche cosi. Amadeo Bordiga, che portò a conseguenza in Italia teoria e pratica del bolscevismo, ingegnere, doveva anche lavorare. Il suo protetto Gramsci, che viveva con poco, protetto da Bordiga e altri compagni, e aveva il tempo tutto per sé, gli sottrasse il partito - ruolo e funzione nel partito. Togliatti, che non difenderà Gramsci e anzi ne indebolirà la posizione in prigione, se ne farà poi scudo, relegando Bordiga quasi al ruolo del rinnegato.
Un recupero importante, questo di “Lotta Comunista”, se non altro per la storia. Bordiga muore nel 1970, sei anni dopo Togliatti, anonimo a Formia, rigidamente isolato dall’egemonia culturale del partito togliattiano. Una sola studiosa se ne è occupata, la storica contemporaneista Andreina De Clementi, in una biografia politica che lo vede elaboratore di un “marxismo occidentale”, accanto a Rosa Luxemburg, all’astrofisico olandese Anton Pannekoek dei consigli operai, all’altro olandese teorico del comunismo consiliarista Herman Gorter. Di Bordiga tra l’altro la lettura più ovvia di questo centenario sarebbe stata la sua “Storia della sinistra comunista”, che però non si pubblica.
La ricostruzione ha molte chicche. Recupera Labriola, l’unico marxista del primo socialismo, che dà dei “frati ignorantelli” ai socialisti del primo Congresso, a Genova nel 1992, gli stessi che devano del “ciarlatano” a Marx, che non conoscevano, ed erano e rimarranno coriacemente divisi – Labriola conta sette anime diverse. Chiarisce Mussolini, in poche parole – uno che non era nessuno, e anche meno colto dei “frati ignorantelli” originari, però raddoppiò le vendite dell’“Avanti!”, ne fece il giornale principale, e portò il partito Socialista alla guerra. Mostra, sempre in breve, incisivamente, il disorientamento socialista nella Grande Guerra: la famosa “conferenza di Zimmerwald” a settembre del 1915, quando il conflitto era già una carneficina, promossa dai socialisti italiani e svizzeri, fu una lite fra le diverse correnti, mensceviche, leniniste, riformiste,  kautskiste – un po’ come sarà il comunismo negli anni 1970, “sovietico”, “cinese”, “albanese”, “cubano”, e anche un po’ “rumeno”.
La documentazione allegata mostra graficamente anche le elezioni del 1921 e del 1924, con una straordinaria presenza socialista in Lombardia, del Psi-Pcd’I il 15 maggio 1921, e del Psi-Pcd’I-Psu il 5 aprile 1924. La Lombardia oggi leghista contava per un quarto di tutto l’elettorato socialista prima di Mussolini: ben il 24,4 per cento dei suffragi dei due partiti nel 1921, e il 28,7 per cento nel 1924 – quando però il voto socialista si era dimezzato, da 1.940-150 a 1.05.842.
La parte più nuova ed estesa del volume è “Biografie”, una galleria di cento militanti del partito Comunista d’Italia. Basata su un campione di “6.424 biografie di militanti che aderirono al Pcd’I prima che la stalinizzazione del partito si affermasse in forma irreversibile a seguito del congresso di Lione del gennaio 1926”. Senza sorprese, sono biografie di militanti comuni, ma affascinanti per pertinacia e costanza – per fede. Qualcuno muore di “fuoco amico” – “come Mario Acquaviva, ucciso dagli stalinisti nel luglio 1945 perché nell’alessandrino svolgeva propaganda internazionalista tra i lavoratori”. “Molti”, scrivono i curatori, “sono quelli che cadono in Urss vittime delle purghe staliniane”. Altri sono puniti a vita dal Pci, il partito di Togliatti: “Alcuni hanno in sorte di uscire dall’universo concentrazionario russo solo per subire, tornati in Italia, l’ostracismo del loro stesso partito”.
Gian Giacomo Cavicchioli-Emilio Gianni, PCd’I 1921, Lotta Comunista, pp.299 € 10

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