venerdì 22 gennaio 2021

L’ultimo turista felice

Pezzi brevi, impressioni, annotazioni, fantasie, per lo più come consigli di viaggio. Scritti giornalistici, per “Grazia” la maggior parte, “la Repubblica”, “Corriere della sera”, e altre pubblicazioni. “Profondamente modificati o riscritti” da Tabucchi nel 2010. Con un paio di inediti. E una presentazione in forma d’intervista con Paolo Di Paolo.
Prose didascaliche, pratiche. Ma garbate, e come ispirate, probabilmente proposte dall’autore e non impegni redazionali, anche le più commerciali: di qualità, ogni riga, ogni parola. “La letteratura – ha detto un poeta – è la dimostrazione che la vita non basta”, è la premessa che Tabucchi fa a Di Paolo. Con qualche memoria personale: in viaggio con la figlia, il sogno del padre, il ricordo dello zio di Lucca che lo riforniva “di libri di Conrad e di Stevenson”. Pezzi “onesti”, che pongono il monumento, la veduta, il luogo, le persone in contesto, per il lettore.
Un mezzo centinaio di schizzi e ritratti. Alcuni inevitabilmente di maniera. L’Australia. O l’India - quella di  Flaiano invece, che non c’è stato, “Un giorno a Bombay”, è altra cosa: Tabucchi ne ribadisce l’impenetrabilità, l’alterità del diverso, e basta. Immagini di viaggi gradevoli, da giornalista, non da letteratura di viaggio – non Peter Levi, Robert Byron, Chatwin, Theroux. 
In India, cui pure deve l’ormai classico “Notturno indiano”, si mette di fatto tra “gli sprovveduti viaggiatori che dell’India ebbero appena un’idea”, Moravia, o la fiutarono,  Pasolini. Ma con pezzi d’autore. “Pisa e Leopardi”. “Delacroix a casa sua”, una scoperta, molteplice, del pittore amico di Baudelaire – la mano letteraria, la sensibilità musicale. Sète, il cimitero amrino di Valèry, “quinidi chilometri di sabbia finissima”. Il Jardin des Plantes a Parigi sembra di attraversarlo, guidati da Jean Hédoard che lo concepì nel 1626 – il medico di Luigi XIII, “autore fra l’altro di un sapido diario sull’infanzia e la giovinezza del re che deliziò Carlo Emilio Gadda”.
A suo agio in Portogallo, con gli eteronimi di Pessoa, e con la saudade. Che meglio traduce con il “disìo” dantesco, “una nostalgia del futuro”. Ne “Le mie Azzorre” si riscopre: “Rileggendo il libro ora – “La donna di Porto Pym” - è a suo modo una cartografia personale, il tracciato della geografia intima di ciò che ero allora”.  
Pagine distese in anni di aspri contrasti, contro Ciampi, contro l’Italia, che ha votato Berlusconi, “percorsa anche dalle Brigate Nere”. Dopo averla lasciata come Calvino, perché percorsa dalle Brigate Rosse. Ma non malinconico, come appare dalle coeve prose politiche e narrative. “Forse siamo tutti turisti a questo mondo”, riflette allegro avviandosi a Creta da Hanià a Theriso, alle pendici dei desolati Lefka Ori, in singolare sintonia col Sartre postumo de “La regina Albermale o l’ultimo turista”.
Pagine distese in anni di aspri contrasti, contro Ciampi, contro l’Italia, che ha votato Berlusconi, “percorsa anche dalle Brigate Nere”. Dopo averla lasciata come Calvino, perché percorsa dalle Brigate Rosse. Ma non malinconico, come appare dalle coeve prose politiche e narrative. “Forse siamo tutti turisti a questo mondo”, riflette allegro avviandosi a Creta da Hanià a Theriso, alle pendici dei desolati Lefka Ori, in singolare sintonia col Sartre postumo de “La regina Albermale o l’ultimo turista”.
Antonio Tabucchi, Viaggi e altri viaggi, Feltrinelli, pp. 269 € 9,50

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