L’ultimo turista felice
Pezzi brevi, impressioni,
annotazioni, fantasie, per lo più come consigli di viaggio. Scritti
giornalistici, per “Grazia” la maggior parte, “la Repubblica”, “Corriere della
sera”, e altre pubblicazioni. “Profondamente modificati o riscritti” da Tabucchi
nel 2010. Con un paio di inediti. E una presentazione in forma d’intervista
con Paolo Di Paolo.
Prose didascaliche, pratiche. Ma
garbate, e come ispirate, probabilmente proposte dall’autore e non impegni redazionali, anche le più
commerciali: di qualità, ogni riga, ogni parola. “La letteratura – ha detto un
poeta – è la dimostrazione che la vita non basta”, è la premessa che Tabucchi
fa a Di Paolo. Con qualche memoria personale: in viaggio con la figlia, il
sogno del padre, il ricordo dello zio di Lucca che lo riforniva “di libri di
Conrad e di Stevenson”. Pezzi “onesti”, che pongono il monumento, la veduta, il
luogo, le persone in contesto, per il lettore.
Un mezzo centinaio di schizzi e
ritratti. Alcuni inevitabilmente di maniera. L’Australia. O l’India - quella
di Flaiano invece, che non c’è stato, “Un
giorno a Bombay”, è altra cosa: Tabucchi ne ribadisce l’impenetrabilità, l’alterità
del diverso, e basta. Immagini di viaggi gradevoli, da giornalista, non da
letteratura di viaggio – non Peter Levi, Robert Byron, Chatwin, Theroux.
In
India, cui pure deve l’ormai classico “Notturno indiano”, si mette di fatto tra
“gli sprovveduti viaggiatori che dell’India ebbero appena un’idea”, Moravia, o
la fiutarono, Pasolini. Ma con pezzi d’autore.
“Pisa e Leopardi”. “Delacroix a casa sua”, una scoperta, molteplice, del pittore
amico di Baudelaire – la mano letteraria, la sensibilità musicale. Sète, il
cimitero amrino di Valèry, “quinidi chilometri di sabbia finissima”. Il Jardin
des Plantes a Parigi sembra di attraversarlo, guidati da Jean Hédoard che lo concepì
nel 1626 – il medico di Luigi XIII, “autore fra l’altro di un sapido diario
sull’infanzia e la giovinezza del re che deliziò Carlo Emilio Gadda”.
A suo agio in Portogallo, con gli
eteronimi di Pessoa, e con la saudade.
Che meglio traduce con il “disìo” dantesco, “una nostalgia del futuro”. Ne “Le
mie Azzorre” si riscopre: “Rileggendo il libro ora – “La donna di Porto Pym” - è
a suo modo una cartografia personale, il tracciato della geografia intima di ciò
che ero allora”.
Pagine distese in anni di aspri
contrasti, contro Ciampi, contro l’Italia, che ha votato Berlusconi, “percorsa
anche dalle Brigate Nere”. Dopo averla lasciata come Calvino, perché percorsa dalle
Brigate Rosse. Ma non malinconico, come appare dalle coeve prose politiche e
narrative. “Forse siamo tutti turisti a questo mondo”, riflette allegro avviandosi
a Creta da Hanià a Theriso, alle pendici dei desolati Lefka Ori, in singolare
sintonia col Sartre postumo de “La regina Albermale o l’ultimo turista”.
Pagine distese in anni di aspri
contrasti, contro Ciampi, contro l’Italia, che ha votato Berlusconi, “percorsa
anche dalle Brigate Nere”. Dopo averla lasciata come Calvino, perché percorsa dalle
Brigate Rosse. Ma non malinconico, come appare dalle coeve prose politiche e
narrative. “Forse siamo tutti turisti a questo mondo”, riflette allegro avviandosi
a Creta da Hanià a Theriso, alle pendici dei desolati Lefka Ori, in singolare
sintonia col Sartre postumo de “La regina Albermale o l’ultimo turista”.
Antonio Tabucchi, Viaggi e altri viaggi, Feltrinelli, pp.
269 € 9,50
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