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Nureyev, che fece della danza un’arte maschile
Tra la prima, decisiva, tournée a Parigi del balletto Kirov
dell’allora Leningrado, nel 1962, nel quadro della détente politica tra Est e Ovest, e l’infanzia e il praticantato di Nureyev borsista nella città monumentale e ricca di musei degli zar,
una ricostruzione affascinante. Con la vita nell’Urss, privilegiata per gli
artisti seppure in condivisione dei pochi alloggi, ma sempre sotto un controllo politico
ferreo, e il carattere ribelle del ballerino. Fino alla decisione finale, di
restare in Occidente, drammatica.
Fiennes, che ha voluto – prodotto
e diretto – il docufilm, si è anche riservata una parte, del maestro buono
Alexander Puškin, che asseconda e doma Nureyev adolescente intrattabile, gli dà
da mangiare, un alloggio, e anche la moglie - una divagazione improbabile, forse
richiesta dalle regole di produzione, ci vuole un po’ di nudo. Ma curiosamente trascura la novità di
Nureyev, che pure il titolo del film evoca, “il corvo bianco”, quello che in
russo s’intende per persona fuori dagli schemi: che fece del balletto un’arte
anche maschile, prima il ballerino era giusto un porteur. Concentrato sulla defezione, dalla Russia sovietica in
Occidente, che lo spettatore sa o intuisce, la vita di Nureyev rivista in playback acquista suspense.
Il film è anche un utile ripasso
di quello che il sovietismo era, non molti ani fa – e in Cina è tutt’ora :
ora si può defezionare, il regime cinese dà il passaporto a tutti, ma non
criticare il regime.
Ralph Fiennes, Nureyev – The white crow, Sky Cinema
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