Sciascia, non debuttante (l’intervista
è del 1965, per “Mondo nuovo” - la rivista diretta da Lucio Libertini, creata dalla
sinistra del partito Socialista e divenuta l’anno prima organo del Psiup,
partito Socialista Italiano di Unità Proletaria” - e non del 1957 per “L’Europeo”,
come dice oggi su “La Lettura” Buttafuoco), è chiaramente affascinato dal
capomafia, erede di capomafia – di Calò Vizzini – che ha deciso d’incontrare.
Per questo ha trattato con l’avvocato di Genco Russo – ma più probabilmente è
stato convinto dall’avvocato a proporre l’intervista all’incauto Libertini, i
rapporti in paese si svolgono così. Esordisce appaiando Genco Russo a Cardccui:
il “don” di Mussomeli descrive in moto perpetuo per sanare torti, dirimere liti,
aiutare i bisognosi, reduce da una missione a Catania, per chiedere compassione
all’università per ua ragazza orfana cui manca un esame per laurearsi. “Al
professore, o a un amico del professore, ha detto: «Promuovetela. Se bocciata
dev’essre, la boccerà la vita»”, racconta Sciascia. E annota: “La pensava così
anche Carducci”.
Si prosegue con dichiarata ammirazione:
“Don Peppino è un ragionatore”. Con un ritratto fisico accattivante, benché
nelle foto non sembri. E una formazione non equivoca: “Da giovane si è imposto
per non comuni qualità di coraggio e di forza fisica: abbatteva un toro,
letteralmente, prendendolo per le corna. Ora s’impone per l’astuzia, per la
grezza ma non inefficace diplomazia, per la capacità di districare garbugli e
dare giudizi «di pace»”.
I santini di mafia, sui cui molti
prospereranno, a partire da Enzo Biagi, cominciano da Sciascia? Così pare.
Leonardo Sciascia, Intervista allo zio di Sicilia, ripubblicato
da “Malgradotutto”, giornale online
https://www.malgradotuttoweb.it/sito2013/home/archivio/1198-intervista-allo-zio-di-sicilia.html
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