skip to main |
skip to sidebar
Sola e abbandonata, nella Sicilia bella e primitiva
Un forte dramma, tra nipotina
lasciata dai genitori emigrati per lavoro in Francia e nonna brusca, isolata, incattivita,
che vive di espedienti, come rivestire i morti. In un luogo abbandonato,
seppure bello – è l’isola di Favignana. Di borghi come borgate di periferia,
derelitti, benché con feste, processioni, gelati e cannoli, e mare colorato –
“Con i piedi nella sabbia” è il sottotitolo, dal romanzo omonimo di Catena
Fiorello.
Non finisce bene. Cioè finisce
bene, ma lontano dalla Sicilia – la storia si vuole siciliana, parlata in dialetto
contratto, asillabico. Dove invece le piccole gioie sono sovrastate dalla indifferenza
e dal dolore, dalla violenza. Dall’incomunicabilità – chi l’avrebbe detto, non
era un tratto della condizione urbana, decentrata, microfamiliare? In anni si
suppone postbellici, quindi remoti, ma non detti – salvo nella scena finale: il
dramma si svolge come nella tragedia greca, senza finestre e senza porte.
Il rovesciamento del paradigma umanitario
della vita di paese, della piccola comunità di conoscenze e tradizioni comuni,
non è una novità. È anzi ricorrente nella narrativa siciliana, che esclude la
solidarietà - non la complicità, quella anzi è d’uso e celebrata, ma la
comprensione, e il sostegno non interessato. Licata, al suo primo film, si
adegua al “ciclo dei vinti”. Sull’onda probabilmente dell’estetica neo realista
ritornante con la cinematografia asiatica che vince i premi, giapponese e
coreana, delle vite ai margini: niente empatia nei mondi “primitivo” o povero, che
invece ne sono dominati (anche distruttivamente, è vero).
Un racconto duro, che avvince malgrado
la povertà delle immagini – o in virtù di esse.
Il film aveva debuttato bene, premiato
al Festival di Taormina. Sfortunato poi al debutto in sala, programmato dalla
distribuzione per il 5 marzo – che sarà vigilia di lockdown.
Paolo Licata, Picciridda, Sky Cinema
Nessun commento:
Posta un commento