Auschwitz, o del grottesco
“Un uomo a terra è menomato, è
risibile”. Ma Primo Levi sa farne un personaggio, riscattarlo nel racconto.
L’uomo a terra come tutti quelli che qui racconta: il “capaneo” Rappoport, la
“farfalla angelica”, Alberto, l’ing. Müller, l’ing. Mertens Nella sua chiave modesta, fattuale, ma alta.
Con un fondo, sempre di grottesco – che non si sottolinea di Primo Levi ma è
costante: di meraviglia nell’abiezione. Rapport lo è, il polacco gigantesco
ingegnere a Pisa, che sfida il mondo e svanisce. E la sua vittima e amico, il
piccolo, debole, autolesionista Vidal. O lo stesso osservatore che può ora
raccontarli, se è per questo.
Una silloge di racconti pubblicati variamente e già apparsi in diverse raccolte, riuniti per un qualche riferimento,
anche indiretto, a “Auschwitz”. Alcuni anche celebri: il “Cerio” dell’amico Alberto,
il più forte e intraprendente di tutti, vittima dell’ultimo giorno. Il ritrovamento
aziendale in “Vanadio”, da manager di due industrie di vernici, una in Italia,
una in Germania, con l’ing. Müller, il capo dello scrittore al laboratorio di ricerca
chimica di Auschwitz-Buna Monowitz. Il giovane ingegnere con famigliola di “Auschwitz
città tranquilla”, scelta per evitare il fronte e accelerare la carriera. Ma tutti
si rileggono, curiosamente, come nuovi. E, a distanza, per una sottile, insopprimibile,
vena grottesca, quasi satirica.
I curatori Fabio Levi e Domenico
Scarpa rilevano l’onnipresenza di Dante - “la «Divina Commedia» è onnipresente
e essenziale”. In tutto Primo Levi, da “Se questo è un uomo” a questa raccolta.
In “Schiena bruna”, la poesia che apre il volume, e nei primi due racconti,
“Capaneo” e “Angelica farfalla”. Nel sentito epico e tragico – ma anche, a suo
modo, scettico, in quello religioso - della vita. La novità della silloge,
involontaria, è di sottolineare la vena grottesca del narratore. Osservatore
autoironico. Per segni evidenti: Rappoport-Capaneo, la pignoleria tedesca, la
pignoleria tedesca spaccata in quattro con l’occupazione, quando il gesto più
insignificante va condiviso dai quattro occupanti - che tra loro comunicano in
tedesco… Oppure segni minimi, ma irrinunciabili. La chiave della sopravvivenza?
A volte il grottesco è dell’impianto,
sotto il para- o fantascientifico: le metempsicosi dell’“Angelica farfalla”, la
bella guagliona “addormentate nel frigo”, che si scongela ogni anno al
compleanno per farci, intiepidita, un po’ di flanella, le “versamine” che trasformano
i dolori in gioie. La morte e il dolore sono sempre in agguato. E anzi il
dolore, alla fine di “Versamina”, è detto compagno di vita: “Il dolore non si
può togliere, non si deve, è il nostro guardiano”. Ma subito poi il racconto si
chiude col lato buono del “Macbeth”: “Fair
is foul, and foul is fair”.
Primo Levi, Auschwitz, città tranquilla, la Repubblica-LA STAMPA, pp. 139 €
8,90
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