martedì 9 febbraio 2021

Borges canta la malavita

Per le sei corde Borges intende della chitarra, da appassionato della milonga, nemico del bandoneon. È la raccolta di milonghe, scritte negli anni, raccolte da lui stesso nel 1965. Con questa precisazione in “Evaristo Carriego”, nell’edizione del 1955: “La milonga e il tango delle origini potevano apparire semplici o quantomeno trasandati, ma erano pieni di coraggio e allegria; il tango successivo è una voce risentita  che deplora con eccessi sentimentali la propria infelicità e si rallegra spudoratamente  delle disgrazie altrui”. Ma lo stesso Borges ne aveva scritti in quantità, e una raccolta, musicata da Carlos Gardel, quello del sentimentalismo con bandoneon desecrati, era stata appena pubblicata in disco da quest’ultimo, con grande successo – il successo forse maggiore di Gardel....
Le milonghe - quelle qui raccolte - di Borges sono pensose, schopenhaueriane: “Lo dijo el sabio Merlìn:\ morir es haber nacido”. Benche in ottave cantanti: “Tra le cose ve n’è una\ della quale mai nessuno\ può pentirsi. Questa cosa\ è esser stato valoroso.\\ Il coraggio vince sempre\ la speranza non è vana”. Anche elaborate, sceneggiate: curate, Borges teneva ai loro loro soggetti – sono storie di guappi. E in questa penombra storie realistiche, veriste, il grande scrittore di storie fantastiche aveva anche questa vena. Testi nostalgici, al limite del folklore, nelle figure e nel linguaggio.
Borges poeta è più ricercato che ispirato. Costruisce, con fatica. Prosastico, poco lirico, un tanto elegiaco, molto programmatico (filosofico). La guapperia però ne trasfigura la vena: “Visse uccidendo e fuggendo.\ Visse come se sognasse”. E ancora: “Si racconta che un donna\ lo vendette alla milizia;\ traditrice, prima o poi,\ è la vita anche con noi”. In ottonari cantanti, come da cantastorie.
Borges aveva il culto del passato, nazionale, argentino, bonaerense, platense, pampero, nel quale, accanto agli assalti, agli eroismi, al gauchismo, c’era  anche la gente di mano, i guappi, figure del sottobosco urbano, un po’ magnaccia un po’ ladri, maestri di coltello. Maestri di sfide alla morte, quindi di morti eroiche, nel segno del destino, anche quando è il fratello che uccide il fratello, narrano tra i lamenti queste milonghe. Il patriottismo di Borges – che i critici e i lettori obliterano – era totale, fino al folklore. L’epoca costituente – eroica - dell’Argentina, secondo Ottocento e primissimo Novecento, lo attrasse e ispirò variamente.
La raccolta è di undici milongue, canti anche lunghi, sceneggiati. In originale con la traduzione. Con una nota ai testi del curatore traduttore Tommaso Scarano.
Jorge Luis Borges, Per le sei corde, Adelphi, pp. 90 € 5

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