Borges canta la malavita
Per le sei corde Borges intende della
chitarra, da appassionato della milonga, nemico del bandoneon. È la raccolta di
milonghe, scritte negli anni, raccolte da lui stesso nel 1965. Con questa precisazione
in “Evaristo Carriego”, nell’edizione del 1955: “La milonga e il tango delle
origini potevano apparire semplici o quantomeno trasandati, ma erano pieni di
coraggio e allegria; il tango successivo è una voce risentita che deplora con eccessi sentimentali la
propria infelicità e si rallegra spudoratamente
delle disgrazie altrui”. Ma lo stesso Borges ne aveva scritti in
quantità, e una raccolta, musicata da Carlos Gardel, quello del sentimentalismo
con bandoneon desecrati, era stata appena pubblicata in disco da quest’ultimo,
con grande successo – il successo forse maggiore di Gardel....
Le milonghe - quelle qui raccolte
- di Borges sono pensose, schopenhaueriane: “Lo dijo el sabio Merlìn:\ morir es
haber nacido”. Benche in ottave cantanti: “Tra le cose ve n’è una\ della quale
mai nessuno\ può pentirsi. Questa cosa\ è esser stato valoroso.\\ Il coraggio
vince sempre\ la speranza non è vana”. Anche elaborate, sceneggiate: curate,
Borges teneva ai loro loro soggetti – sono storie di guappi. E in questa
penombra storie realistiche, veriste, il grande scrittore di storie fantastiche
aveva anche questa vena. Testi nostalgici, al limite del folklore, nelle figure
e nel linguaggio.
Borges poeta è più ricercato che
ispirato. Costruisce, con fatica. Prosastico, poco lirico, un tanto elegiaco,
molto programmatico (filosofico). La guapperia però ne trasfigura la vena:
“Visse uccidendo e fuggendo.\ Visse come se sognasse”. E ancora: “Si racconta
che un donna\ lo vendette alla milizia;\ traditrice, prima o poi,\ è la vita
anche con noi”. In ottonari cantanti, come da cantastorie.
Borges aveva il culto del
passato, nazionale, argentino, bonaerense, platense, pampero, nel quale,
accanto agli assalti, agli eroismi, al gauchismo, c’era anche la gente di mano, i guappi, figure del
sottobosco urbano, un po’ magnaccia un po’ ladri, maestri di coltello. Maestri
di sfide alla morte, quindi di morti eroiche, nel segno del destino, anche quando
è il fratello che uccide il fratello, narrano tra i lamenti queste milonghe. Il
patriottismo di Borges – che i critici e i lettori obliterano – era totale,
fino al folklore. L’epoca costituente – eroica - dell’Argentina, secondo
Ottocento e primissimo Novecento, lo attrasse e ispirò variamente.
La raccolta è di undici milongue,
canti anche lunghi, sceneggiati. In originale con la traduzione. Con una nota ai
testi del curatore traduttore Tommaso Scarano.
Jorge Luis Borges, Per le sei corde, Adelphi, pp. 90 € 5
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