Che bella storia, della bruttezza
Hegel esclude la
natura dalla bellezza già nell’introduzione alle “Lezioni di estetica”: la
bellezza è solo umana. E la bruttezza - o anche l’orrido è umano? Eco, lontano
da Hegel, ne fa un’anamnesi appassionante. Un viaggio di letture inesauribili.
Nelle fonti, che ripercorre con acribia sbalorditiva, pur nel suo periodare
facile, e nella scelta delle immagini con cui le accompagna – aiutato da Silvia
Borghesi. Il diavolo, per esempio, se è un angelo decaduto, non doveva essere
bello? Per molti secoli non lo è stato: “La tradizione cristiana aveva cercato
di non ricordare che, se Satana era stato un angelo, allora doveva essere
presumibilmente bellissimo. Verso il XVII secolo, tuttavia, Satana inizia a
subire una trasformazione”. Già con Torquato Tasso, che “a Plutone non riesce a
negare una «orrida maestà»”. E poi con Shakespeare, con Marino, e soprattutto
con Milton - da vecchio sostenitore della “rivoluzione puritana” non si priva
di identificare in Satana “un modello di ribellione al potere”.
E così si procede per
mille contesti, circostanze, politiche. Molta bruttezza, specie nelle figurazioni,
è femminile. Ma in rispondenza a una “tradizione antifemminile”. Anche la
bellezza, per la verità, si direbbe in immagine molto femminile. Ma non ci sono
questioni da dirimere. Neppure di definizioni: sulla bruttezza ci sono pochi e
non risolutivi tentativi, si procede per opposizione alla bellezza - di cui
molto è questione anche in questa “Storia della bruttezza”, a partire da Platone
e da Plotino.
Un’opera formidabile, di erudizione e di intelligenza: il lettore è condotto
attraverso mille sorprese e scoperte. Anche perché è una storia che non era mai
stata fatta. C’è perfino una “lussuria del brutto”, col Decadentismo. E una “bruttezza
industriale”, con molti celebratori, compreso il Carducci dell’“Inno a
Satana”: Dickens delle “miserie di Londra”, Jack London del “popolo dell’abisso”, E.A.Poe della “folla”, Sedlmayr del “bello tecnico”. Ultimamente il
kitsch e il camp – dopo “il trionfo del brutto” con le avanguardie del primo
Novecento e del secondo dopoguerra. Anticamente i trionfi della morte, le streghe,
i satanismi. Il sadismo naturalmente. E le “filosofie del brutto”: il “Laocoonte”
di Lessing, ma di più le tante trattazioni del Sette-Ottocento sul sublime, a
partire fa Boileau (“Trattato del sublime e del meraviglioso”, 1674), con “La
Tigre” di William Blake (che Borges, si può aggiungere, ha provato a imitare, ma anche Valery) e poi Burke e Shelley,
e con Kant, Schegel, Schiller, Schopenhauer, fino a Nietzsche.
Umberto Eco, a cura
di, Storia della Bruttezza,
Bompiani, pp. 455, ill. € 16
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