Gadda sceneggiatore – come finiva il “Pasticciaccio”
Un altro trattamento cinematografico
del “Pasticciaccio di via Merulana” – dopo quello intitolato “Il palazzo degli
ori”, pubblicato postumo me 1983. Di quello che sarà il “Pasticciaccio”, perché
il trattamento è del 1947-48, dieci anni prima dell’uscita del romanzo. Basato
sull’anticipazione pubblicata nel 1946 da Bonsanti nella sua rivista
“Letteratura”. E ha i colpevoli, a differenza del romanzo, per questo aspetto
incompiuto.
È un periodo gramo per l’Ingegnere,
che vive “fra gli orrori, le insolvenze, i piccoli prestiti”, della generosità
dei suoi amici fiorentini – l’anno dopo riusciranno a farlo assumere alla Rai. Bonsanti
gli ha procurato un incontro alla Lux Film, e Gadda spera proprio di poter entrare
nel lucroso business del cinema. Richiesto di un trattamento della sua idea di
film, si mette all’opera, contrariamente al suo solito – caratterialmente
incapace di lavorare su commissione.
Il trattamento è scritto “per la Lux
Film”. Anzi per il “regista Antonioni Michelangelo” – che avrebbe esordito tre
anni dopo, con “Cronaca di un amore”. Abbreviato rispetto al “Palazzo degli
ori”, 20 cartelle invece di 60. Ma professionale, pur non sapendo il mestiere,
da spettatore di cinema: 40 quadri scrive “mozzafiato”, come si dice dei
gialli, di ritmo veloce.
La nuda storia del “Pasticciaccio”,
non “scritta”, fa un certo effetto, da romanzo d’appendice: bellocce mature,
gioielli e bigliettoni, giovani voraci e disinvolti. Con un commendator
Angeloni che è tutto Gadda, grande e grosso, goloso, solitario, timoroso dell’ombra.
Il bello è che la storiaccia fila.
Oggi inutilizzabile, saprebbe di film storico (di costume e di letteratura) ma nei tardi anni 1940 sarebbe stato un
quadro d’epoca forte. L’Ingegnere degli umili non sa non essere realista: la
cupidigia è “dei poveri non meno dei ricchi”, avverte nella nota introduttiva.
Non c’è innocenza nel bisogno.
Giorgio Pinotti mette in quadro l’inedito
Carlo Emilio Gadda, La casa dei ricchi, Adelphi, pp. 87 € 5
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