Gadda voleva solo scrivere un giallo per il cinema, per fare soldi
Il “Pasticciaccio”, interminato,
avrebbe avuto ben due colpevoli, uno del furto e uno dell’assassinio. Con un unico
movente, la cupidigia, l’avidità del povero – non un senso di giustizia: Gadda,
pur affaccendato soccorritore dei poveri, era ben conservatore di spirito.
È la prima sceneggiatura di Gadda
per un film con la trama del “Pasticciaccio”: il palazzo degli ori è la casa
dei ricchi, per antonomasia, nella Roma dopoguerra. Molto più dettagliato rispetto
all’analogo trattamento ora recuperato, intitolato “La casa dei ricchi”. Il luogo
è sempre quello, il “palazzo” più invidiato di Roma, la materializzazione della ricchezza.
Con Gadda psicologo-analista: “Il folle donare è sintomo clinico delle sindromi
schizofreniche, il disperdere più o meno vanamente gli averi”, spiega a un
certo punto tra parentesi.
Pubblicato da Alba Andreini nel
l983, ripreso dieci anni dopo da Giorgio Pinotti in “edizione critica”. La Nota
di Andreini è la migliore lettura del volume – il trattamento è affastellato,
dettagliatissimo, di troppe scene e varianti.
Il cinema attraeva molto Gadda –
lui come altri letterati dopo la guerra, Flaiano, Pasolini, Sciascia i più noti
- anche per la possibilità di tirarsi fuori dal bisogno. Andreini riporta una
testimonianza di Bonsanti, secondo la quale già nel 1942 Gadda pensava a un film
giallo, ne aveva parlato a Firenze, aveva avuto un incontro con Giovacchino
Forzano, titolare della Tirrenia Film, e
gli avrebbe mandato un soggetto o “trattamento” – gli archivi della Tirrenia però
non ci sono più.
Il cinema, e un racconto “giallo”
per il cinema, furono comunque coltivati a lungo da Gadda, come testimoniano
numerose corrispondenze e alcune testimonianze. Specialmente quella che Andreini
porta di Giorgio Zampa, il futuro germanista che, giovane segretario di
redazione de “Il Mondo” prima edizione (quindicinale culturale fiorentino, diretto
da Bonsanti, Montale, Loria, Scaravelli), frequentava anche l’Ingegnere. Zampa
ricorda che il soggetto, o trattamento, sulla base della parte di romanzo già
pubblicato su “Letteratura” nel 1946, fu redatto da Gadda nell’estate del 1946,
o 1947, un’estate da lui passata a Fiumetto, in via Concordia, n. 16, con Gadda
e Bigongiari.
Per facilitargli la stesura del
copione Zampa gli procurò il manuale “Come si scrive
un film”, di Seton Margrave, tradotto da Bompiani nel 1939. In precedenza, nel
1946, Zampa ricorda di avere portato a Gadda gli articoli del giornale “Il
Risorgimento liberale”, il quotidiano di Mario Pannunzio, sul caso Stern – un
caso di cronaca di grande risonanza, che occupò molto spazio del quotidiano nel
mese di febbraio (due anziane sorelle massacrate in casa, forse da una donna di
servizio con una sua amica, per rubare soldi e gioielli), che avrebbe dato a
Gadda il filo per il racconto aveva in mente.
Carlo Emilio Gadda, Il palazzo degli ori, Einaudi, pp.114 €
10,50
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