lunedì 8 febbraio 2021

Gli affari delle patrie

Il “Corriere della sera-L’ Economia” si chiede perché i francesi possono comprare tutto in Italia, e gli italiani poco e niente in Francia. “Negli ultimi anni,”, scrive Edoardo De Biasi, “si sono portati a casa ben oltre 50 miliardi di asset italiani contro i poco più di 7 miliardi messi a segno da Roma”. Con sberle ruvide, senza infingimenti, per gli investimenti di qualche peso, di Fincantieri sugli Chantiers de l’Atlantique, peraltro sulla via del fallimento. O quelle tentate, a lungo, con tenacia, contro Luxottica per Essilor.
Ogni investimento italiano in Francia deve superare barriere estenuanti, finanziarie, legali, politiche. Mentre tutto è stato semplice per gli interessi francesi, prendersi senza alcuna difesa banche, grande distribuzione, energia, latte, moda, una lunga e corposa lista di aziende e marchi di peso, Bnl, Edison, Parmalat, e tutti i marchi della gioielleria e della moda.
Il giornale non si chiede perché, e un perché in effetti non c’è, un perché pubblico. Non si sa ancora perché Fincantieri, cavaliere bianco della fallita Stx (società coreana….), sia stato bloccato. Ci sono in Francia le Grandi Famiglie e le Grandi Massonerie, e questo è un fatto – la riprova è il successo in Italia, sponsorizzato da Mediobanca, di un personaggio squalificato in Francia come Bolloré (fino all’immediata diffusione in sala stampa alla Camera di insinuazioni di ogni tipo, anche di letto e di corna, sul blocco disposto dal secondo governo Conte al finanziere bretone in Mediaset). Ed è francese un sostrato nazionalista. Non chiuso, nazionalista: si può vendere se il compratore è americano, o tedesco, non se è italiano. Della gloriole come grandeur. La Francia è ben la culla dell’“Europa delle patrie”, degli affari – delle patrie degli affari. È l’Europa, e non ce n’è altra.
De Biasi si chiede chiudendo perché l’Italia non punti invece verso la Germania. Ma tutte le proposte di salvataggio dei grandi gruppi tedeschi a opera di imprese italiane, dall’offerta Pirelli per Continental a quella Fiat per Opel, e all’ancoraggio offerto da Generali a Commerzbank, banca perennemente alla deriva, non sono state nemmeno prese in considerazione. Mentre non c’è alcun limite per i tedeschi in Italia, compresa Volkswagen – dalla cui mire la Fiat ha avuto problemi a difendere Alfa Romeo.

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