Gli affari delle patrie
Il “Corriere della sera-L’ Economia” si chiede
perché i francesi possono comprare tutto in Italia, e gli italiani poco e niente
in Francia. “Negli ultimi anni,”, scrive Edoardo De Biasi, “si sono portati a
casa ben oltre 50 miliardi di asset italiani contro i poco più di 7 miliardi
messi a segno da Roma”. Con sberle ruvide, senza infingimenti, per gli investimenti
di qualche peso, di Fincantieri sugli Chantiers de l’Atlantique, peraltro sulla
via del fallimento. O quelle tentate, a lungo, con tenacia, contro Luxottica
per Essilor.
Ogni investimento italiano in Francia deve
superare barriere estenuanti, finanziarie, legali, politiche. Mentre tutto è
stato semplice per gli interessi francesi, prendersi senza alcuna difesa
banche, grande distribuzione, energia, latte, moda, una lunga e corposa lista
di aziende e marchi di peso, Bnl, Edison, Parmalat, e tutti i marchi della gioielleria
e della moda.
Il giornale non si chiede perché, e un perché
in effetti non c’è, un perché pubblico. Non si sa ancora perché Fincantieri,
cavaliere bianco della fallita Stx (società coreana….), sia stato bloccato. Ci sono in Francia
le Grandi Famiglie e le Grandi Massonerie, e questo è un fatto – la riprova è
il successo in Italia, sponsorizzato da Mediobanca, di un personaggio squalificato
in Francia come Bolloré (fino all’immediata diffusione in sala stampa alla Camera
di insinuazioni di ogni tipo, anche di letto e di corna, sul blocco disposto dal
secondo governo Conte al finanziere bretone in Mediaset). Ed è francese un sostrato nazionalista.
Non chiuso, nazionalista: si può vendere se il compratore è americano, o
tedesco, non se è italiano. Della gloriole
come grandeur. La Francia è ben la
culla dell’“Europa delle patrie”, degli affari – delle patrie
degli affari. È l’Europa, e non ce n’è altra.
De Biasi si chiede chiudendo perché l’Italia non punti invece verso la
Germania. Ma tutte le proposte di salvataggio dei grandi gruppi tedeschi a opera
di imprese italiane, dall’offerta Pirelli per Continental a quella Fiat per Opel,
e all’ancoraggio offerto da Generali a Commerzbank, banca perennemente alla
deriva, non sono state nemmeno prese in considerazione. Mentre non c’è alcun
limite per i tedeschi in Italia, compresa Volkswagen – dalla cui mire la Fiat
ha avuto problemi a difendere Alfa Romeo.
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