La bellezza è di tutti
Una delle lezioni di Eco alla
Milanesiana, il festival di Elisabetta Sgarbi, che lo scrittore animò fra il
2001 e il 2015 – pubblicate postune nel volume “Sulle spalle dei giganti”, con
i materiali visivi che proponeva nelle sue esposizioni.
Emerito all’università, Eco vi
riversa il suo insegnamento amabile, discorsivo e insieme preciso. La bellezza
è variabile, come il gusto. E apparentemente confusa: un “visitatore dal futuro”
troverebbe Hyeroymus Bosch contemporaneo di Antonello da Messina, e coloro che
visitano una mostra d’arte contemporanea, dell’arte che vuole rompere tutti i
canoni, “vestiti secondo i canoni della moda”, in jeans o firmati – “essi
seguono gli ideali di bellezza proposti dal mondo del consumo commerciale, quella
contro cui si è battuta per cinquanta e più anni l’arte delle avanguardie” (che
l’immagine così sintetizza: “La violoncellista e performer Charlotte Morman
coperta di telo di plastica - trasparente, n.d.r. - suona tenendo il puntale
nella bocca di uno sconosciuto”, sdraiato per terra).
Su questo tema, però, l’ironia Eco
esercita contenuta, non dissolvente: la bellezza ha varie forme, che alcuni
trovano brutte, ma una cosa assicura, la gratificazione universale. Se ciò che
ci sembra buono non ci appartiene, non può appartenerci, ci sentiamo impoveriti,
mentre “per quel che concerne la bellezza, pare che la gioia per le cose belle
sia decisamente separata dal loro possesso”.
Umberto Eco, La bellezza, “la Repubblica”, pp. 44, gratuito col quotidiano
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