La Sicilia dipinta
Un libro vecchio ma vivo sul Sud, e onesto - intelligente. Sulla Sicilia e, di
passaggio, la Calabria. Su eventi drammatici: l’assassinio del sindacalista dei
contadini Carnovale, il primo sciopero nelle miniere di zolfo. E di colore: la visita
al paese natale del sindaco di New York Impellitteri. Con un scrittura
applicata e misurata. Con un occhio specialmente felice, anche a distanza di
quasi settant’anni.
Carlo Levi fu in Sicilia inviato
speciale nel 1951, nel 1952 e nel 1955. Gli scritti poi raccolse in volume,
sotto questo titolo, nel 1955.
Un capolavoro di reportage su un f atto di cronaca nera,
ben prima di Truman Capote, è la terza parte del volume, il racconto degli
incontri con Francesca Serio, la madre del sindacalista Salvatore Carnevale, fatto
uccidere dai principi Notarbartolo, direttamente o per tramite della mafia.
Implacabile accusatrice al processo, assistita da Pertini, in qualità di
avvocato del sindacalista socialista. Di grande memoria e imbattibile logica. Eversive
allora le accuse di malcostume ai Carabinieri, da parte dello scrittore più che
di Francesca Serio, ancora oggi inconcepibili per coraggio.
La seconda parte, 1952, è il reportage dello sciopero dei minatori
dello zolfo di Lercara Friddi, e della riforma agraria che (non) si faceva a
Bronte, feudo dei discendenti di Nelson. Lo sciopero dei minatori è così
sintetizzato da Levi nell’introduzione, tre anni dopo: “Continuò ancora e finì
col loro pieno successo”, dopodiché il padrone Ferrara avrà troncata la carriera
politica nella Dc per le intemperanze dei suoi “sorveglianti-aguzzini, accusati
di maltrattamenti sui ragazzi che lavoravano nella miniera”. Cronache ad
effetto.
La prima parte, colorista ma non
superficiale, è la cronaca della vista di Impellitteri a Isnello, il paese dove
era nato. Giocata sul Sindaco-Messia, giacché la visita capita giusto nella
Settimana Santa. E si svolge proprio come un rito. Che una “una voce isolata e
acutissima”, entro la folla muta, interrompe a un certo punto: “Vincenzino!
Bedduzzo di mamma! I fìmmini di Isnello qua stanno! Guardaci, Vincenzino! – Era
una donna vestita col velo nero delle contadine, che protendeva le braccia. La
guardai e la riconobbi: era una autorevole deputatessa, componente valorosa del
nostro Governo”. Era, a una piccola ricerca, la sottosegretaria Cingolani, che
poi si farà avanti in “abito più ministeriale”, per accogliere il Sindaco come
Autorità – Angela Maria Guidi Cingolani, Dc, sottosegretario all’Industria, romana,
eletta in Liguria, slavista, animatrice nel partito Popolare nel 1919 del movimento per
il suffragio femminile, una delle poche donne alla Costituente.
Una sguardo critico nella giusta
misura, e spontaneamente, culturalmente, partecipe. Sulla miseria, che confronta Levi ovunque, anche nei momenti di esilarata beatitudine, della luce, della
vista, delle maniere, dei linguaggi. Sul “mafioso”. Sulla mafia. Sui duchi, e
le duchesse, di mafia. Sulla questione meridionale, che non nomina ma descrive:
un uomo in coma, di cui tutti parlano e nessuno si occupa.
Molte note di viaggio resistenti.
Danilo Dolci, “l’architetto triestino”. La vecchia statua di santa Rosalia, “la
Protettrice” di Palermo, sul monte Pellegrino, “dal collo lunghissimo e dallo
strano viso di capra”. Villa Palagonia a Bagheria una “cineseria”: le statue
gigantesche, il giardino circolare circondato da un muro, gli alberi contorti. Pippinu
u’ Lombardu, “un maestro milanese calato in Sicilia per esercitarvi il suo mestiere”,
che fu il primo pentito, caso celebre del 1860, prima di Garibaldi. La visita
notturna al fioco lume di una canela al Cimitero dei Cappuccini a Palermo. Le
“sciare” pietrificate dell’Etna polverose ancora di fumo. “La nera Catania
costruita di fumo”, che è “la più bella città di Settecento”. Trapani, “Assisi
del Mezzogiorno”. Il Canale di Sicilia, “il più antico dei mari”. Mentre ad
Alcamo non c’è nessun segno di Ciullo d’Alcamo.
Un viaggio sempre in terra
conosciuta, senza sdegni, o sorprese fa vergine inconsunta. Dappertutto ritrovando
la Grecia. Nelle “tipizzazioni” di cui si gratificano i giovani di Catania, per
il gusto di creare delle figure attorno
ala persone. Nella scena del cantastorie nei “giardini incantati di palme” di
Palermo, che col solo ritmo di un bastone canta. gli occhi socchiusi come un
cantore cieco, lunghissime storie di Ruggero, una “narrazione senza fine”, a una “folla di popolani,
vecchi, bambini” immota. Un viaggiatore colto al Sud.
In sintesi anche uno squarcio della
Calabria, al ritorno dalla Sicilia nel 1952: una breve indagine sull’occupazione
delle terre semiabbandonate del marchesato, in compagnia di Rocco Scotellaro.
Una prosa pittorica. Una serie di
quadri. Su basi politiche solide e non vuote. Carlo Levi non era simpatico –
non a Sartre, che pure si ra recato ad omaggiarlo, proprio in quei primi anni
1950. Ma del Sud nel primo Novecento è testimone e cronista esemplare: benevolo
(“empatico”) ma acuto, critico – l’unico probabilmente fuori dai cliché della feudalità e della mafia. Da
antologia la pagina sul “nero velluto degli occhi” che lo segue a Palermo - gli
occhi neri, di uomini e donne, “di un
nero insieme vellutato e lucente”, e “pieni di un fuoco, di nero fuoco sfavillante,
teneri insieme e feroci, languidi e miti e drammatici…”. O le pagine sui fuochi
d’artificio a Palermo sul mare per santa Rosalia, “due ore continue di fragori
e bagliori” – in una Palermo non ancora penitenziale.
Con intenti scoperti, a volte, di costruzione lirica, per un suo
personale stato euforico. “C’è qualcosa oggi nell’aria di insolito, di festivo…”.
Ma il più del tempo disteso, aneddotico, il Sud lo stimola in questo senso. Ai
tanti squarci accumulati nelle corrispondenze altri ne aggiunge nella presentazione.
Bellavita, la vacca carissima della Riforma Agraria, “la sola che fa la bella
vita”. Il nuovo vescovo di Santa Severina in Calabria, appena sceso da Torino,
che ha urgente bisogno di confidarsi col torinese Levi. L’assassinio
dell’assassino di Carnevale, avvicinandosi il processo. La caccia organizzata in
suo onore da una banda siciliana di briganti-contadini – due racconti in uno,
compreso anche come si passa da pacifici a
briganti.
In questa edizione con una presentazione lirica, cioè
piena di aggettivi, di Consolo. Ma Levi è stringato.
Carlo Levi, Le parole sono pietre, Einaudi, pp. XXXV + 158 € 11
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