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L’alfabeto dell’eros impossibile
Una sorta di libro d’ore: 24
brevi testi, in prosa raffinata, “poetica”, nei quali ogni frammento
corrisponde a una lettera dell’alfabeto, in ordine: A è il sonno, B il
risveglio, fino alla Z, zenit. Senza la K e la W. Con una J, “Je”, io, una doppia
O, “Ora, ci fu per qualche tempo”, e “Si (On
in francese) tace”, e una doppia T.
Un poema in prosa che Valéry elaborato
con cura, centellinato negli anni in cui fu legato sentimentalmente a Catherine
Pozzi, conosciuta nel 1920, e che non considerava finito. Ma impossibile da
finire, stando ai canoni che si era dato. Sul presupposto che la prosa è troppo
facile e va regolata, come la poesia. All’insegna di quello che nei “Quaderni”
chiama C.E.M., “Mon Corps, Mon Esprit, Mon Monde”, una sorta di insularità nel macroscosmo, di
soggettività riconosciuta. Riconoscibile, nella razionalità. Di fatto però
leggibilissima e significante. Per la seconda metà di fatto narrativa.
Un poema d’amore, nei limiti di
Valéry: l’alfabeto è di fatto dell’eros, pur misterioso. Di brillantezza,
sorriso, indiscrezione anche. E eccezionalmente intimo, personale. Delle due
“T”, la seconda è una dichiarazione: “Tu
se bella come una pietra”. Che non sembra un complimento, ma a seguire sì: “E
la tua forma si chiude così perfettamente che chiama le due mani a sposarla e
seguirla…” Le due lettere “O” erano state la constatazione dell’unione
possibile di due anime e non possibile: “Si tace. In silenzio…”
Lui parla e io parlo, e le nostre parole non si
scambiano, Valéry fa dire alla Lust, la passione, del “Mio Faust”. Qui, in
questo alfabeto dell’eros, vede alla lettera O “una figura ordinata e odorante
di giardino”, scossa da “un abisso mobile, in marcia, errante”, in cui “due
anime diverse si muovono separatamente verso la loro somiglianza”. Se non che
ognuno “si tormenta a causa dell’allontanamento interiore del suo altro sé”, e
la somiglianza “se la crea, se la ricrea in sé indefinitamente come supplizio,
facendosela ora troppo cattiva, ora troppo amabile”. Così, “ora troppo odiato,
ora troppo amato, l’amore inquieto compone e lacera l’immagine”.
Una
volta, fuori di poesia, il coniugio era necessariamente incesto - ancora Zeus
genera Persefone con la madre Rea, e con la figlia Persefone genera Dioniso.
Ci fu un tempo, che Frazer ha esplorato in quattro volumi, in cui l’uomo
sposava solo donne della sua tribù. Per non dire dei faraoni, che sposavano le
sorelle. Oppure non sposava, eros è un tormento.
Paul Valéry, Alphabet, Livre de Poche, pp. 156, ill. € 7
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