venerdì 26 febbraio 2021

L’alfabeto dell’eros impossibile

Una sorta di libro d’ore: 24 brevi testi, in prosa raffinata, “poetica”, nei quali ogni frammento corrisponde a una lettera dell’alfabeto, in ordine: A è il sonno, B il risveglio, fino alla Z, zenit. Senza la K e la W. Con una J, “Je”, io, una doppia O, “Ora, ci fu per qualche tempo”, e “Si (On in francese) tace”, e una doppia T.
Un poema in prosa che Valéry elaborato con cura, centellinato negli anni in cui fu legato sentimentalmente a Catherine Pozzi, conosciuta nel 1920, e che non considerava finito. Ma impossibile da finire, stando ai canoni che si era dato. Sul presupposto che la prosa è troppo facile e va regolata, come la poesia. All’insegna di quello che nei “Quaderni” chiama C.E.M., “Mon Corps, Mon Esprit, Mon Monde”, una sorta di insularità nel macroscosmo, di soggettività riconosciuta. Riconoscibile, nella razionalità. Di fatto però leggibilissima e significante. Per la seconda metà di fatto narrativa.
Un poema d’amore, nei limiti di Valéry: l’alfabeto è di fatto dell’eros, pur misterioso. Di brillantezza, sorriso, indiscrezione anche. E eccezionalmente intimo, personale. Delle due “T”, la seconda è una  dichiarazione: “Tu se bella come una pietra”. Che non sembra un complimento, ma a seguire sì: “E la tua forma si chiude così perfettamente che chiama le due mani a sposarla e seguirla…” Le due lettere “O” erano state la constatazione dell’unione possibile di due anime e non possibile: “Si tace. In silenzio…”
Lui parla e io parlo, e le nostre parole non si scambiano, Valéry fa dire alla Lust, la passione, del “Mio Faust”. Qui, in questo alfabeto dell’eros, vede alla lettera O “una figura ordinata e odorante di giardino”, scossa da “un abisso mobile, in marcia, errante”, in cui “due anime diverse si muovono separatamente verso la loro somiglianza”. Se non che ognuno “si tormenta a causa dell’allontanamento interiore del suo altro sé”, e la somiglianza “se la crea, se la ricrea in sé indefinitamente come supplizio, facendosela ora troppo cattiva, ora troppo amabile”. Così, “ora troppo odiato, ora troppo amato, l’amore inquieto compone e lacera l’immagine”.
Una volta, fuori di poesia, il coniugio era necessariamente incesto - ancora Zeus genera Persefone con la madre Rea, e con la figlia Persefone genera Dioniso. Ci fu un tempo, che Frazer ha esplorato in quattro volumi, in cui l’uomo sposava solo donne della sua tribù. Per non dire dei faraoni, che sposavano le sorelle. Oppure non sposava, eros è un tormento.
Paul Valéry, Alphabet, Livre de Poche, pp. 156, ill.  € 7

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