L’amore di Pavese divorante
Un piccolo canzoniere, “poesia
d’amore” è il sottotitolo. Tanto voglioso quanto disperato, fin dall’inizio.
Gia da ragazzo, come alla fine. Forte di un sentimentalismo che lo blocca, e lo
distruggerà, qui antologizzati: tutto quanto si rilegge alla luce del suicidio,
ma in questo caso, su questo terreno, quasi esplicito.
Il primo componimento, 1923,
quindici anni, è in –ure, ma è lieve e delicato, non è facile. Il secondo è già
di scuola, sulla “Beata Beatrice”, ma non
male – è la la Beata Beatrix un po’ estatica in punto di morte, dal
prognato forte, non proprio suadente, di Dante Gabriel Rossetti. L’ultimo, il
celeberrimo “The cats will know”, 10 aprile
1950, “i gatti lo sapranno”, dalla raccolta postuma “Verrà la morte e avrà i
tuoi occhi”, è epicedio, un dei tanti, per l’ultimo amore impossibile, con
l’attrice Constance Dowling, reduce da una notte di bagordi, e di letto?, con
altri: sono gli ultimi versi prima del suicidio ma senza acrimonia, “sotto la
pioggia leggere”, “nell’alba color giacinto”, il disamore è ora nell’ordine delle
cose.
Una raccolta “bruciante”, di un
bisogno di amare, di essere amato, mai soddisfatto, da nessun partner, in nessuna
situazione, da ragazzo e da adulto. Presago peraltro immediato, aprile 1924, di
fronte alla Beatrix rossettiana, che “l’amore\ del pauroso giovane non sente.
Succeduto nella dedica, dicembre dello stesso anno. “Per un’attrice di
cinematgrafo giovanissima, straniera, lontana”. Presto, diciottenne nel 1926,
“convinto io stesso che il mio sogno è stupido”, O, ancora prima: “Senza una donna da serrarmi
al cuore!\ Mai l’ebbi, e mai l’avrò. Solo, stremato\ da desideri immensi di
passione\ e pensieri incessanti, senza meta”.
Un diario, una testimonianza. Una
silloge si sogni, impossibilità, addii, prima di cominciare. Versi molto adolescenziali,
nell’adolescenza – i versi fino a vent’anni prendono i tre quarti della
raccolta – e negli ultimi mesi di vita – il restante quarto. Ballerine nude,
ragazze bionde, e solitudine, già a vent’anni: “Solo, senza neanche più me
stesso”.
Un canto continuo alla porta chiusa: “Tu sarai per me per
sempre\ la mia anima più vera\ che mai conoscerò,\ perché racchiudi in te\
l’ansia della mia vita,\ la limpidezza azzurra delle origini,\ il gran sogno
sereno,\ che si travaglia dentro l’esistenza\ e si trasforma nella febbre
atroce\ che mi rigetta e affascina”. Un’impossibilità quasi costruita.
Riscoprire
Pavese
Scadendo i diritti, le riedizioni
si moltiplicano, nelle forme più strane: questa raccolta, che non dichiara le
origini né le fonti, è tuttavia la più nuova. Propone, impone, un Pavese
diverso. I versi coetanei, un paio anche di questo sentito, amoroso, erano già
antologizzati in “Pavese giovane”, ma nessuno di questi componimenti.
Per troppi aspetti Pavese è da
riscoprire. Fuori dalla “Einaudi”, l’universo intellettuale e politico dentro
cui è stato finora imbozzolato. Pavese era molto altro, e anzi era altro. Walt
Whitman. L’impegno politico controvoglia. Gli innamoramenti infelici. I
“Dialoghi con Leucò”, sua riflessione preferita. Un figura solitaria, pur nella
Torino aperta sul mondo e informata malgrado il regime, libera, entro cui si è formato e ha vissuto,
da Augusto Monti e Pietro Chiodi a Calvino. Un outsider, sotto tutti gli aspetti. Compreso l’autodidattismo, la
fortissima componente formativa da isolato. Nell’apprendimento
(padroneggiamento) dell’inglese. Nello studio del tedesco. Nella folle storia
con il cinema e la Dowling.
Struggenti, è la parola giusta,
gli ultimi componimenti, già noti in “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, quasi
una maledizione – a questa volta estroversa. Si comincia dalla confidenza,
“From C. to C.”, da Cesare a Constance, in inglese – ma già con una riserva: il
dampled smile e il glowing laughter sono su un piano di ghiaccio,
tomorrow is frozen down in the plain.
E si comincia presto con le ansie. Sui
ritorni di lei all’alba, in the morning
you always come back, e non si capisce se è al risveglio oppure di ritorno
da una note di bagordi. L’estasi è di pochi giorno, dall’11 al 21 marzo.
Seguiti da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” – “sarà come smettere un vizio”,
dell’amore divorante. E dai settenari inflessibili di “You, wind of March”, una
macia funebre: “Il tuo peso leggero\ ha riaperto il dolore”.
Cesare Pavese, Il desiderio mi brucia, Garzanti, pp.
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