Letture - 448
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Autobiografia – Fuorviante la dice Zanzotto nella postfazione a Leiris, “Età d’uomo”.
Zanzotto fra i tanti, ma lui con una ragione: il lettore “si troverà in
continuazione dirottato da illusorie prospettive, falsi fondali, giochi di
specchi, cartelli di cui è stata
cancellata la scritta o mutata la freccia direzionale” – senza contare le
“allucinazioni”, le “contraddizioni”, le “quinte” teatrali. Ricordi essenzialmente
narrativi – esumati ed elaborati in quanto artifici narrativi.
Eurocentrismo – “È un vezzo del nostro eurocentrismo,
un sintomo di presunzione oltre che di ignoranza, l’immaginare che tutti
i mali del mondo li abbiamo generati noi”, Federico Rampini, “Oriente
Occidente”, 170.
Italiano – Nasce giuridico, col “Placito” di Capua (“Sao ko kelle terre per kelle fini ke ki….”) nel
secolo X, ma è presto volgare, nel senso volgare della parola, “coatto”, se una delle prime diciture volgarizzate
rintracciate è quella di San Clemente a
Roma: “Fili de pute, trahite!”, tirate, “Gosmari, Albertel, trahite! Falite
dereto co lo palo, Carvoncele”, Carboncello, spingi di dietro col palò. Fatto
dire su un affresco datato tra il 1084 e il 1100 dal prefetto Sisinnio, accecato
da papa Clemente perché contrario al cristianesimo professato dalla moglie Teodora,
ai suoi servi, accecati anche loro dallo stesso papa, mentre sono impegnati a trascinare
una colonna di pietra adagiata al suolo.
Lavoro – Si direbbe laico. Disprezzato dalla
Bibbia – opera pastorale, di nomadi? - è lodato da Esiodo - “Le opere i giorni”
sono una defensio del lavoro. Ma già
Omero celebra nell’“Iliade”, luogo che pure si direbbe inappropriato, il “poema
della forza” di S. Weil (o la “forza include il lavoro?) – insieme, ancora una
volta, col famoso “mare colore del vino”: “L’arte, e non la forza, fa il buon boscaiolo;
con l’arte il pilota, sul mare colore del vino, guida la nave veloce, battuta
dai venti; con l’arte l’auriga vince l’auriga”.
Libreria – Allontana dai libri invece di avvicinarli? I librai, e i commessi di
libreria, sì, secondo Orwell (“Memorie di libreria”): personalmente amava tutto
dei libri, scrive, “ma appena andai a lavorare in una libreria ho finito di
comprarli”, se non occasionalmente, e solo libri di estremo interesse. “Visti
in massa, cinque diecimila insieme, i
libri divennero uggiosi e anche un po’ fastidiosi”. E poi, “un libraio deve raccontare
bugie sui libri, e questo provoca avversione”. Senza contare che deve passare
il tempo “a spolverarli continuamente e e a trasportarli su e giù, di qua e di
là”.
Nietzsche - “Non un filosofo”, lo decreta Camillo Langone sul “Foglio”, leggendo Sossio
Giametta – “l’immane «Saggio sullo Zarathustra»”. Perché, che altro è? Era
poeta e musico, anche filologo, ma ben un filosofo. Tutto a ruota libera, un
dilettante.
Orientalismo –All’opera è precoce e inesausto – almeno finché se ne sono fatte. Dominante. Rampini lo data da “Madame Butterfly”, quindi al primo Novecento – l’opera di
Puccini è del 1904. Ma un cospicuo catalogo figura già dal Settecento –
probabilmente il tema più frequentato dai librettisti d’opera – certo per venire
incontro ai gusti del pubblico.
Riprendiamo in
proposito quanto questa rubrica (“Letture”, 286) aveva pubblicato l’1 gennaio
2017:
“L’opera è mediorientale prevalentemente.
In quantità se non in qualità. L’opera in musica, il melodramma. Specialmente agli inizi del genere, ma fino a tutto
l’Ottocento. Sulle tracce della letteratura d’evasione, dei primi romanzi -
seriali: “Artameno il gran Circasso”, 8.500 pagine, dieci volumi, “Almahide la
schiava regina” otto, “Ibrahim il gran Bassa” quattro.
“Semiramide è protagonista di almeno un centinaio
di opere in musica. Il solo Metastasio ha un catalogo interminabile di e
sul Medio Oriente – se ne può dire anzi uno specialista preventivo: “Adriano in
Siria”, “Alessandro nelle Indie”, “Achille in Sciro”, “Demetrio”, “Zenobia”,
“Ciro”, “Artaserse”, “Didone” e “Catone in Utica” (la questione mediorientale
copre anche il Nord Africa). Coi tanti Antigono, echi della maschia Antigone di
Sofocle, Armide, Zaire, Zaide, Zelmire e Giuditte trionfanti – che però è un
altro genere: l’amante nastratrice è universale. Händel gli fa concorrenza,
anche lui operista fluviale: “Almira”, “Radamisto”, “Giulio Cesare in Egitto”,
“Alessandro”, “Siroe”, “Jephtha”, “Serse”, “Tolomeo”, “Esther”, “Berenice”.
Anche Mozart ne fu contagiato: “Idomeneo”. “Thamos re d’Egitto”, “Mitridate re
di Ponto”, “Zaide”, “Il re Pastore”, “L’Oca del Cairo”, “Il ratto del
serraglio”. Di più Rossini, che però fu più prolifico: una “Semiramide”
ovviamente, “Demetrio e Polibio”, “Ermione”, “Adina”, “L’italiana in Algeri”,
“Maometto Secondo”, “Il Turco in Italia”, “Armida”, “L’assedio di Corinto”,
“Aureliano in Palmira”, “Ciro in Babilonia”, “Mosé in Egitto”, rifatto ampliato
in “Moïse et Pharaon”, “Ricciardo e Zoraide”, “Zelmira”.
Popper – Fu solo nel 1973
o 1974 che si tradusse infine “La società aperta e i suoi nemici”, trent’anni
dopo. Da editore specialista, di pedagogia. Quindi a uso dei magisteri?
Noi non vogliamo sapere che il
socialismo è totalitario, la colpa è di Stalin.
Scozzesi – Sono scozzesi alcuni dei maggiori scrittori e pensatori inglesi, che
caratterizzano le lettere inglesi – l’indipedenza della Scozia costringerebbe a
rivedere le varie “storie”: Walter Scott, Conan Doyle, Robert Louis Stevenson,
Cronin, James Barrie (“Peter Pan”), , Muriel Spark, Bruce Marsahll, Macpherson
(“Canti ossianici ”). E Duns Scoto, John Knox, David Hume, Adam Smith, Adam
Ferguson, Carlyle, James Frazer.
Stelle – Da una a cinque, in rete e sui giornali, dicono quanto una cosa è
buona e quanto nuova, un libro, un film, e da qualche tempo anche un piatto (alimento
cucinato). Generose in gastronomia, sparagnine per i libri e i film: non ce n’è
uno proprio buono. l critici più
generosi, quando un libro, un film, anche una messinscena a teatro sono proprio
buoni arrivano a quattro stelle.
Il critico ne sa sempre di più dell’autore? La stagione
– ma si direbbe il secolo, la parsimonia di stelle dura da decenni – non è propizia
alle arti? La prima è la giusta, è per la cultura come allo stadio, si va dal 4 al 6, non c’è mai
un calciatore che merita l’eccellenza - al più 8, quando ha fatto quattro gol,
da solo: il critico, solitamente nel calcio largo di sedere e un po’ obeso, è
severo.
Le stelle sono comunque più sincere, se non
veritiere, della recensione. La quale, prendendo una pagina, non può che essere
lusinghiera – non esiste stroncatura lunga una pagina: il critico dovrebbe
lavorare.
Ma, poi, la stroncatura non esiste: i media sono solo veicoli pubblicitari.
letterautore@antiit.eu
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