letterautore
A
quel paese – La cantata di Sordi al Sanremo di quarant’anni fa,
ripresa da Ficarra e Picone, più digeribili di Grillo, è esercizio
intramontabile, insieme vago ma chiaro, fin da Omero. Che al canto 6 del’ “Iliade”
ha Elena sconfortata dalla guerra a lamentarsi di non essere stata gettata prima
da una tempesta “su un monte o sull’onda del mare risonante”. L’auspicio Plutarco
riprenderà in positivo nell’opuscolo “Come distinguere l’adulatore dall’amico”:
il vero amico è uno che ci correggerà, magari con un invito, a mandare il malfatto
o malpensato “al monte, all’onda del mare risonante”.
Erasmo da Rotterdam negli “Adagia”, al proverbio 3367,
ne fa grande caso, di Omero e di
Plutarco – e anche di Orazio e di Teognide, che il sentito, se non il verso, di
Omero avrebbero ripreso. Dando allo sconforto di Elena la funzione di invito, a
modo di scongiuro, apotropaico. Lo riprende a proposito dell’espressione “cacciar
via lontano”: “Quando vorremmo ammonire che bisogna cacciar lontano qualche
male o difetto sarà ben adatto quel verso, se non erro, omerico, mandare «al
monte o alle onde del mare risonante»”.
Cinema
– “Fatica senza faticare”, lo diceva Giacomo Debenedetti,
che s’immagina cultore arcigno della forma letteraria, mentre lavorò molto per
il cinema, soggettista e sceneggiatore, e gli piaceva farlo.
Critiche – Quelle letterarie erano scomparse già nell’ultimo del Novecento. Già dagli
anni 1980, arguisce Umberto Eco nel 1999 nella sua rubrica su “L’Espresso”, sotto
il titolo “Trionfo e tramonto della stroncatura” (ora in “La Bustina di Minerva
1990-2000”). Giudici critici sospesi o omessi, la recensione si pubblica solo
in positivo: “Sospetto che i critici italiani si siano accorti a un certo punto
che, a stroncare sempre, non venivano mai citati dalla pubblicità editoriale”.
Che è visibile, colorata e a grossi caratteri, e dà autorevolezza e fama - la
sola “ascesa al Parnaso” ora possibile. La gara, diceva Eco, ora è al blurb, alla citazione pubblicitaria, sulle
copertine dei libri, quindi a futura memoria, e negli annunci pubblicitari, a
grandi caratteri, a colori di richiamo: “Essere blurbista è segno di prestigio,
e non è indispensabile leggere”, c’è “un’arte consumata dell’elogio generico”. Il
top del top.
La pratica non è morale\immorale, spiegava Eco scherzoso – ma serio dal punto
di vista editoriale: “La pratica è molto morale, perché anche i lettori sanno
benissimo che un blurb è sempre e per definizione positivo… e si regolano di
conseguenza”. Con effetto comunque positivo: “Si è istintivamente portati a
stimare un autore per cui tante persone illustri sono disposte a mentire”.
Molto mora le? Semplicemente, non c’è più l’arte del critico.
Solo un inconveniente nel trionfalismo (ironico?) di
Eco: quando il blurb cita il giornale e non il critico. Il giornale fa più
colpo, più autorevole. E non contesterà l’esattezza dell’attribuzione – è pur
sempre pubblicità. Di un romanzo noioso si può leggere in copertina: “Un
romanzo meraviglioso” – “The New York Times”; “Il miglior romanzo del miglior
scrittore della sua generazione” – “The Guardian”; “Soltanto il geometrico,
cristallino XY poteva trascinarci con tanta sapienza in tale vertiginoso labirinto”
– “la Repubblica”.
Del critico non c’è bisogno. Anche perché non ci
sono più critici di nome, autorevoli.
Famiglie – Inutili alle arti? Lord Keynes, l’economista, in una delle sue
divagazioni stimava che un esordio letterario non è complicato, potendo contare
sulla sottoscrizione di amici, estimatori e familiari – una base di 400 copie, calcolava,
che avrebbe garantito l’editore della spesa. La nipote di Cesare Pavese, Maria
Luisa Sini, novantaduenne che è stata insegnante di Lettere, ha ricordato invece
con Maurizio Crosetti sul “Venerdì d Repubblica” che lo zio non era molto
quotato in famiglia, ancorché scrittore famoso, e appena premiato con lo Strega,
alla vigilia del suicidio – e ancora, per qualche tempo, dopo il suicidio, e il
grande rumore mediatico. Nessuno ne conosceva o ne leggeva i libri, ne sapeva l’esistenza.
Si sapeva che scriveva, ma come di un tipo originale. Lei sessa, allora 22nne,
e in procinto di laurearsi in lettere, lo scoprì alla morte, dedicandogli la
tesi.
Islamofobia – In un catalogo di rarità, di una libreria parigina, Intersigne, “Cabinet
de curiosités, II”, Umberto Eco trovava nel 1993 , accanto alle “analisi sulla
follia di Rousseau e E.T.A. Hoffmann”, un “Maometto considerato come alienato”,
cioè come pazzo, del 1842. Ma non ne dice di più.
Missile – Da “missus”, participio passato di “mitto”, latino per mandare,
inviare. Missile
in inglese è – era – il messaggio.
Montalbano
- Non se ne faranno di nuovi perché è morto Camilleri
o perché è morto Sironi, il creatore del Montalbano al cinema? Il Montalbano di
Camilleri è sempre lì, nei libri. Quello del boom tv è opera di Sironi, nelle
riprese e al montaggio (la sceneggiatura definitiva). Tutto, eccetto che nei
dialoghi: i colori, le luci, i luoghi. Esterni e interni, questi soprattutto,
magici, favolosi, anche quando sono una casupola in lamiera. E i personaggi caratterizzati,
i ritmi – specie le pause. Il linguaggio dei “Montalbano” è quello dei film.
Ombra – Cara a Borges,
Conrad, Hofmannstahl, Tanizaki, Aessandro Spina, è già in Pindaro: già l’uomo di Pindaro è “l’ombra di un sogno” - “Ottava
pitica”, 5.
Molta ombra è della Bibbia. Come dirà Origene, commento al “Levitico”: “La Scrittura è costituita, in un certo
senso, da un corpo visibile, da un’anima che si può conoscere attraverso il
corpo, e da uno spirito che è l’esempio e l’ombra dei beni celesti”.
La Bibbia si compone di visioni e profezie,
maledizioni, invocazioni, atrocità, storie d’amore fedele e d’amore infedele e
anzi assassino, eroismi, sublimi o banalmente quotidiani, tradimenti –
beneficiando dell’ombra della luce, dice Clemente d’Alessandria: “L’ombra della
luce non è tenebra, ma illuminazione”. Ma è ben artefatta. La stessa Palestina era,
è, un’ombra - come la stessa Scrittura.
Sinistra – “Non sono gli italiani che vanno verso la sinistra, è la sinistra che
va verso gli italiani… Essi faranno la sinistra a loro immagine e somiglianza.
Cioè, molto elegante”, Ennio Flaiano, “La solitudine del satiro”, 1972”.
Suicidi – Via internet erano già materia di una “Bustina di Minerva” di Umberto
Eco del Primo Maggio 1997, su “L’Espresso” (ripresa nella compilazione “La
Bustina di Minerva, 1990-2000”). Sono coevi di internet.
Del critico non c’è bisogno. Anche perché non ci sono più critici di nome, autorevoli.
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