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Quando Gandhi scrisse a Hitler – “crudele”, “mostruoso”
È scandalosa, anche imbarazzante, ma per l’ingenuità.
Una corrispondenza peraltro ridotta a due lettere, di cui una, la prima, di non
più di 130 parole, una decina di righe.
Se ne è fatto scandalo quando
sono emerse dagli archivi dell’amministrazione britannica in India, dove erano
rimaste sepolte, perché la censura le aveva sequestrate. Quindi lettere non
spedite. Perché Gandhi le ha scritte? Il motivo è come dice Chang, che “Gandhi
non poteva starsene fermo mentre vedeva l’imminente violenza che che un regime
autoritario stava per scatenare”.
Le lettere sono state pubblicate
qualche anno fa con scandalo.
Maliziosamente, da parte britannica, collegandole a un'annotazione di diario, il
12 dicembre 1931: “Alle 6 Mussolini”. Al ritorno da un viaggio a Londra, Gandhi
si era fermato a Roma e aveva chiesto udienza a Mussolini – che però non ne
tenne conto, pur annusando ogni brezza anti-britannica (si viaggiava allora in
treno, da e per Napoli, base marittima per i collegamenti con l’Oriente): la segreteria
di palazzo Venezia non ne tenne conto.
La prima lettera, del 23 luglio
1939, è per pregare Hitler, “la sola persona nel mondo che può prevenire una
guerra che ridurrebbe l’umanità a uno stato selvaggio”. Scandalo, perché è
indirizzata “Caro amico”. Ma il caro amico così prosegue: “Amici hanno insistito
perché le scrivessi per il bene dell’umanità. Ho resistito alla loro richiesta,
per il sentimento che una lettera da parte mia sarebbe un’impertinenza”. Ma ora,
aggiunge, “qualcosa mi dice che non devo calcolare e che devo fare il mio appello,
per quel che può valere”.
Il 24 dicembre replicò, con una vera
lettera, di due pagine abbondanti, 1.028
parole. Da intendersi, conclude, indirizzata anche a Mussolini: “In tendevo indirizzare
un appello congiunto a lei e al signor Mussolini, che ho avuto il privilegio d’incontrare
a Roma durante il mio viaggio in Inghilterra per la Conferenza della Tavola
Rotonda. Spero che prenderà questa (lettera) indirizzata anche a lui con i
cambiamenti necessari”.
Non un capolavoro di
retorica, insomma. Gandhi scrive anche dubbioso, e dispettoso. A metà lettera rompendo gli indugi, dopo
una disamina dello strapotere inglese
sulle colonie, lo appaia alla “umiliazione della Cecoslovacchia, lo stupro della
Polonia e il boccone della Danimarca”. Continua come se avese ricevuto un’offerta
di aiuto da Hitler contro gli Inglesi – che non c’era stata: lei ha sfidato il
potere mondiale della Gran Bretagna, ma “resta da vedere quale è meglio
organizzato, il tedesco o il britannico”. Precisando, benché sotto “il tallone
inglese”: “Non ci augureremmo mai di finire l’impero britannico con l’aiuto
tedesco”.
Non c’è alternativa alla non-violenza:
“La scienza della distruzione che lei ha portato a tanta perfezione, mi meraviglio
che che non veda che non è il monopolio di nessuno. Se non i Britannici, qualche
altra potenza migliorerà sicuramente i vostri metodi e vi batterà con le vostre
stesse armi”. A Hitler imputando “fatti
crudeli, per quanto abilmete pianificati”. L’esordio è non meno rude: “Molti
dei vostri atti sono mostruosi, immeritevoli di umana dignità”.
Rachel Chang, Gandhi’s surprising letters to Hitler
asking for peace, free online
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