venerdì 12 febbraio 2021

Quando Gandhi scrisse a Hitler – “crudele”, “mostruoso”

È scandalosa, anche imbarazzante, ma per l’ingenuità. Una corrispondenza peraltro ridotta a due lettere, di cui una, la prima, di non più di 130 parole, una decina di righe.
Se ne è fatto scandalo quando sono emerse dagli archivi dell’amministrazione britannica in India, dove erano rimaste sepolte, perché la censura le aveva sequestrate. Quindi lettere non spedite. Perché Gandhi le ha scritte? Il motivo è come dice Chang, che “Gandhi non poteva starsene fermo mentre vedeva l’imminente violenza che che un regime autoritario stava per scatenare”.
Le lettere sono state pubblicate qualche anno fa con  scandalo. Maliziosamente, da parte britannica, collegandole a un'annotazione di diario, il 12 dicembre 1931: “Alle 6 Mussolini”. Al ritorno da un viaggio a Londra, Gandhi si era fermato a Roma e aveva chiesto udienza a Mussolini – che però non ne tenne conto, pur annusando ogni brezza anti-britannica (si viaggiava allora in treno, da e per Napoli, base marittima per i collegamenti con l’Oriente): la segreteria di palazzo Venezia non ne tenne conto.
La prima lettera, del 23 luglio 1939, è per pregare Hitler, “la sola persona nel mondo che può prevenire una guerra che ridurrebbe l’umanità a uno stato selvaggio”. Scandalo, perché è indirizzata “Caro amico”. Ma il caro amico così prosegue: “Amici hanno insistito perché le scrivessi per il bene dell’umanità. Ho resistito alla loro richiesta, per il sentimento che una lettera da parte mia sarebbe un’impertinenza”. Ma ora, aggiunge, “qualcosa mi dice che non devo calcolare e che devo fare il mio appello, per quel che può valere”.
Il 24 dicembre replicò, con una vera lettera,  di due pagine abbondanti, 1.028 parole. Da intendersi, conclude, indirizzata anche a Mussolini: “In tendevo indirizzare un appello congiunto a lei e al signor Mussolini, che ho avuto il privilegio d’incontrare a Roma durante il mio viaggio in Inghilterra per la Conferenza della Tavola Rotonda. Spero che prenderà questa (lettera) indirizzata anche a lui con i cambiamenti necessari”.
Non un capolavoro di retorica, insomma. Gandhi scrive anche dubbioso, e dispettoso. A  metà lettera rompendo gli indugi, dopo una  disamina dello strapotere inglese sulle colonie, lo appaia alla “umiliazione della Cecoslovacchia, lo stupro della Polonia e il boccone della Danimarca”. Continua come se avese ricevuto un’offerta di aiuto da Hitler contro gli Inglesi – che non c’era stata: lei ha sfidato il potere mondiale della Gran Bretagna, ma “resta da vedere quale è meglio organizzato, il tedesco o il britannico”. Precisando, benché sotto “il tallone inglese”: “Non ci augureremmo mai di finire l’impero britannico con l’aiuto tedesco”.
Non c’è alternativa alla non-violenza: “La scienza della distruzione che lei ha portato a tanta perfezione, mi meraviglio che che non veda che non è il monopolio di nessuno. Se non i Britannici, qualche altra potenza migliorerà sicuramente i vostri metodi e vi batterà con le vostre stesse armi”. A  Hitler imputando “fatti crudeli, per quanto abilmete pianificati”. L’esordio è non meno rude: “Molti dei vostri atti sono mostruosi, immeritevoli di umana dignità”.
Rachel Chang, Gandhi’s surprising letters to Hitler asking for peace, free online

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