mercoledì 31 marzo 2021

Appalti, fisco, abusi (199)

Unicredit paga otto milioni l’anno, salvo bonus e benefici, un amministratore delegato di cui si dicono meraviglie – lui stesso fa dire meraviglie, si sa come vanno queste cose : ci sono tecniche collaudate di image-building, costose ma non poi molto – che non ha nessuna esperienza di gestione di una banca retail. Con molte migliaia di sportelli in una mezza dozzina di paesi, vicini e lontani. 
 
Unicredit si dà come ad Orcel, a caro prezzo, un banchiere d’affari, senza dialogo con gli azionisti, col consiglio d’amministrazione. Che ora minaccia di votargli contro. La sua nomina è opera di un comitato nomine, presieduto prima da Andreotti poi da Micossi, che però non rappresentava nessuno? Le banche italiane, anche grandi e (finora) ben gestite, sono un mistero.
 
Acea fattura a fine 2020 consumi per euro 10,47 del periodo 1\12\2017-2\1\2018. Già prescritti cioè. Con abbondanza di dati – sei fogli. Segue una corrispodenza del peso di quasi un etto del tutto inutile - una ventina di fogli complessivamente. A cui Acea avrà delegato uno o più impiegati – oltre agli addetti alla consegna della corrispondenza. È un’azienda comunale, e lo spreco quindi si capisce – la burocrazia è invincibile, fine a se stessa. Ma è anche quotata in Borsa: nessuno ne controlla l’inefficienza?
 
È anch vero che per non pagare € 10,47 si spende più della metà, € 5,45, per la raccomandata di contestazione. Più un paio d’ore perse. La contestazione, secondo la stessa fattura, è possibile al numero verde o per email. Ma il numero verde dopo la solita congrua attesa si dice inabilitato. La mail dà “access denied”. Acea si fa propaganda contro?
 
Sugli “oneri di sistema”, i finanziamenti esosisssimi all’industria dell’ecobusiness che ogni utente elettrico paga bimestralmente, anche se non consuma un kWh, interviene finalmente l’Autorità Antitrust – nell’inerzia dell’Arera, l’agenzia incaricata della sorveglianza del settore energia. L’Antitrust chiede al governo “una riforma del finanziamento delle energie rinnovabili che miri a eliminare il peso improprio degli oneri di sistema dalla bolletta elettrica e a introdurre invece forme di fiscalizzazione  coerenti con i principi ambientali”. In modo cioè che “tali oneri gravino, in modo selettivo, sul consumo di combustibili fossili nel riscaldamento e nei trasporti”.
 
Si spreca – si perde nelle condutture, da decenni deteriorate – la metà della portata degli acquedottii. Il 43 per cento per l’esattezza, secondo l’autorità di settore. Ma il dato è vecchio e la media nazionale è alleggerita dal Nord-Ovest, che ha acquedotti migliori, nel resto d’Italia le perdite superano il 50 per cento. Non è una novità, la cosa è nota da almeno un trentennio. Ma non si investe negli acquedotti; si aumentano le tariffe per far pagare l’acqua dispersa.
 
Un settore pubblico incapace o corrivo favorisce l’acqua privata. In bottiglia. Un terzo delle famiglie in città è costretta a servirsene. L’Italia è terza al mondo per consumo di acqua imbottigliata (in plastica!): 190 litri a testa per ogni italiano. Dietro due paesi dell’ex Terzo mondo, quindi senza reti idriche nazionali, ma abbastanza ricchi, Messico e Thailandia.

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