Cronache dell’altro mondo - linguistiche e razziste (98)
“Il sogno
americano è «se lavori duro ce la fai». Cioè, se sei povero è solo colpa tua”,
Dale Maharidge, analista della povertà in America.
“Actress” per
attrice è dizione sconsigliata, perché sessista, “actor” è preferito. Anche “director”,
per maestro (d’orchestra), regista. Nella questione linguistica dei generi non
ci sono regole ma usi dominanti.
In chiave anti-razzista si va anche verso un
ritorno deciso, giuridico, delle razze. I movimenti di rivalsa delle minoranze,
afroamericani, latini, asiatici di varia etnia, richiedono prove specifiche dei
vaccini. Come pure criteri differenziati di insegnamento e apprendimento.
Il dibattito è invece aperto, anche se limitato ai linguisti,
sul fuck, vaffanculo, se va trattato
come un verbo o come un epiteto.
Degli 87
giornalisti stranieri che compongono la Hollywood Foreign Press Association e assegnano ogni
anno i Golden Globe del cinema, premessa agli Oscar, nessuno è nero. La cosa è
stata oggetto di una inchiesta-denuncia del “Los Angeles Times” – anche se gli
elenchi dell’Associazione sono pubblici. Subito dopo, ai Golden Globe 2021 di
domenica 28, tutti i premiati sono stati neri – qualcuno asiatico: gli 87 hanno
votato colorato. Compresa Laura Pausini, premiata per la canzone “Io sì”, del
film di Edoardo Ponti, che non è nera ma è donna – la HFPA ha voluto omaggiare
in qualche modo Sofia Loren.
I presentatori
dei Globe Awards erano presentatrici, Tina Fey e Amy Poehler. Bianchissime, si
sono fatte perdonare così scherzando sui votanti dei premi: “Si dice che il
membro tedesco sia solo una salsiccia, su cui qualcuno ha dipinto una piccola
faccia”. Tina Fey fa di secondo nome Stamatina, benché di madre greca di
origine, e di padre di origini scozzesi e tedesche.
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