Proust dantesco - ma razzista
La
“Recherche” come un inferno, nel quale, come in quello di Dante, profanazioni
parentali, vendette, spergiuri, umiliazioni si susseguono. La presentazione è
tassativa: “Proust è un alfiere del rancore che dopo avere radunato i suoi
personaggi nel terribile salotto Guermantes li ha sottoposti a umiliazioni che
ricordano per crudeltà i castighi danteschi”. Le pene “hanno la divina e
implacabile giustizia di una legge del contrappasso”.
Niente
diavolo né Dio, Proust è un nichilista, il suo romanzone è un’opera nichilista,
ma per il resto si direbbe un Dante, anche se limitato all’inferno: dal suo
esilio casalingo ha scritto un libro crudele. La memoria può essere crudele,
non conforto ma dannazione, la “Recherche” è un libro crudele: “È il libro
scritto da un uomo che cerca la verità. E chi cerca la verità con la violenza con
cui Proust l’ha interrogata non può che essere un uomo crudele”.
Proust
come Dante per “la forza rabbiosa” - altro che svenevolezza, “simulacro di
fragilità e deliquescenze morali” – e per “il vigore muscolare”. Forse anche
peggio, cioè più violento, perché la sua “Recherche” è un libro di storie – di
memorie – ma solo dell’autore, i suoi personaggi non avendo vita autonoma,
spessore storico. O allora, si direbbe, in chiave selfie, camuffata in Albert-Albertine, o appena dissimulata nel
barone Charlus.
L’inferno
proustiano nasce da una mancanza, anzi da due, argomenta Piperno. Dall’incapacità
degli ebrei, e degli omosessuali, di riconoscersi, di affermarsi.
L’antisemitismo del titolo Piperno trova nei personaggi dichiaratamente ebrei
della “Recherche”: Swann, Bloch, Rachel. Diversi tra di loro, ma tutti imprigionati
in un “modulo mimetico”: Rachel è attrice, Bloch scrive commedie, Swann è
“attore” di se stesso, lo conosciamo solo come su un palcoscenico. Bloch si
spingerà a cambiare nome, Gilberte, la figlia di Swann, pure. Di più - di peggio?: Proust è razzista nel senso pieno del termine, per lui i Swann e i Guermantes sono razze diverse, irriducibili.
L’argomento
è controvertibile. Guardando fuori dalla “Recherche”, questo rifiuto che il
filosofo Theodor Lessing definirà dopo Proust “l’odio-di-sé ebraico” era
diffuso. Lessing lo condannava, da sionista, ma era la rinuncia, non ingiusta
anche se a volte solo opportunista, a un marchio etnico. Piperno lo condanna in
Proust in quanto sarebbe un “gradus ad Parnassum”, il passo necessario per
essere accettato da quella high society alla quale più di tutto ambiva. Che di fatto
però lo accettava: lo invitava, lo coccolava perfino - Proust padre era un
professore importante, e nessuno gli rimproverava di avere sposata una donna
ebrea. Non lo apprezzava: ma perché ebreo e non piuttosto perché (ritenuto,
volersi) fatuo?
E
non è detto che non bisogni dare al signorino Proust, così dabbene, un po’ di
fuliggine. Anche se era un mite, nella scrittura (i pastiches, gli scherzi, le ironie, le lettere) e personalmente – a
parte la foia uranista documentata da Gide e Jacques-Émile Blanche. Uno
scherzosone.
Inoltre Proust non si riteneva inadeguato – limite ricorrente in
psicoanalisi ma di qualche decennio dopo. Era ben pieno di sé, e voleva,
fortissimamente voleva, forse a costo di uccidersi, lasciare una traccia. Dopo il
ciclone Balzac, dopo Flaubert e la frase giusta, dopo Zola e lo tsunami verista,
insieme col più fiacco (in volontà, determinazione) Gide, voleva lasciare una
impronta riconoscibile nelle lettere. Un’altra conclusione di Piperno gli si
attaglia meglio: “Proust ricerca faticosamente una scrittura che non si pieghi
in nessun modo al fascino confortevole del definito e del dimostrato. Una
scrittura incompiuta, che sposti il più possibile la verità, o meglio che
sappia scoprirla non in un approdo estremo ma in un’insaziabile rincorsa, dove
l’Oggetto viene raggiunto per subito sgusciare via, tutto questo all’infinito”.
Quello che si dirà “opera aperta”, fino al “flusso” ininterrotto, di coscienza
e non. Faticosamente, giusto.
È
il debutto di Piperno francesista vent’anni fa, critico con l’inevitabile
odiosamato Proust. Robusto, molto.
Alessandro
Piperno, Proust anti-ebreo, Franco
Angeli, pp. 176 € 10
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