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Sognare ad Algeri, colorato
Un capolavoro di immagini, coloratissime, emzionanti. In
“piani” per risparmiare, americano, medio, primo e anche primissimo, ma una
goduria per l’occhio, un fuoco d’artificio. Su una sceneggiatura
veloce. Forme perfettamente calzanti al contesto, della creatività febbrile, e
determinata.
Nejma, una ragazza col viso
adolescente della trentenne Lyna Khoudry, studia moda in un college femminile a
Algeri, mentre crea suoi modelli, e li vende la notte nel bagno in discoteca,
evadendo dal campus. L’integralismo mussulmano è aggressivo, la propria sorella
di “Papicha” ne è vittima, sparata a freddo, ma Nejma non si arrende: non
emigrerà, pur avendone la possibilità, come tutti che vanno in Francia, e non
ha paura dei barbuti e le velate.
Un capolavoro anche politico. La
moda è femminile, “Papicha” è quindi un racconto di donne, ma dà corpo
finalmente alla donna nel mondo mussulmano. Che non è marginale, come si pensa
per pigrizia, che sciocchezza, soprattutto nel Nord Africa - o arretrata, quando
tutto va oggi all’unisono nel mondo, lacche e rossetti compresi. Ed è in primo
piano nell’islamismo aggressivo. Non da ora, sono state all’origine della a partire
dalla deriva feroce impressa alla “rivoluzione dei fiori” iraniana del 1978:
masse sterminate di donne in nero sono state all’avanguardia del khomeinismo già
nel 1979, e del suo imbarbarimento, a partire dall’assalto all’ambasciata americana
a Teheran. Le velate sono state perfino più aggressive in Algeria, non evitando
il contatto fisico, padrone di coltelli e kalashnikov.
Una realtà raccapricciante, che
Meddour sa raccontare senza enfasi, non di più ma non di meno di come è, fredda
e squallida – non c’è sentimento (trasporto, compassione, elevazione) nella
furia islamica, solo furia. Il fascino delle immagini è forse nel tema recondito
del film: la bruttezza non può uccidere i sogni, per quanto violenta.
Un film anche di distinta
connotazione algerina, benché non indulga in immagini da cartolina. Rapido,
sapido, di una mentalità e un linguaggio più volentieri autocritici e quindi
disfattisti. Ma non convinti: sardonici piuttosto. E robusti, benché in fuga,
di preferenza in Francia: non apocalittici e non rassegnati, fattivi. L’Algeria
aveva il capitale umano, le risorse finanziarie (gli idrocarburi, petrolio e
gas), e gli sponsor giusti, Francia, Italia, Stati Uniti, per diventare un paese
sviluppato rapidamente dopo la rivoluzione del 1954-62, ha già sprecato due o tre generazioni, tra
dirigismo sovietico e fondamentalismo islamico, con la corruzione endemica, ma
pensa sempre positivo.
Mounia Meddour Gens, Non conosci Papicha, Sky Cinema
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