Vecchia nuova Africa
“L’Africa, se Dio vuole, è il paese
senza alfabeti e scritture”. È un riflesso nel solco della “terra incognita”, o
“selvaggia”, dell’Africa dominio e testimone della natura dura e pura. Ma è
considerazione che, su altre prospettive, venivano facendo – avevano appena
fatte – Leiris e Lévi-Strauss, l’antropologia delle diversità.
Nell’estate del 1939, un anno
dopo l’America, Cecchi affronta l’Africa. L’Africa portoghese, dal Capo Verde fino
al Mozambico, a bordo del piroscafo portoghese “Colonial”. Partenza da
Siviglia, con tappe a Capo Verde, San Tomé, Luanda, Città del Capo, Mozambico.
E ritorno, si suppone: le corrispondenze che Cecchi ha pubblicato sul “Corriere
della sera” sono state raccolte come “appunti” per un libro, di cui, seppure
c’è stato un progetto, non ci sono tracce – era intanto scoppiata la guerra.
Si parte con Siviglia. E col
mercante fiorentino Francesco Carletti, “il mio concitadino”, che nel 1594 sostò
alle isole del Capo Verde. Che verde non erano e non sono, ma desertiche – popolata
dai portoghesi con le africane di Guinea, della costa. È vigilia di guerra, ma
non si sente.
Il primo impatto è con la
diversità. Com’è giusto – oggi si vuole omologare tutto, a fin di bene certo. La
butalità del canto locale, a fronte “della capacità d’invenzione polifonica
che, in uno «spirituale» di negri americani, dà carattere e voce ad ogni più
piccola parte”. L’Africa è tutta un afrore: umida, bagnata, appiccicosa. A volte
anche poco africana, il critico viaggiatore non si applica: a San Tomé si
sveglia, e si pensa “nel Virginia, nel Carolina del Sud”. Il “pezzo” centrale
della raccolta, i “Dansarinos” di San Tomé, che lo affascinano, non gli
riportano alla memoria Dioniso e i tanti misteri classici, compresi quelli dela
musica e della danza degli antichi greci. L’Africa è un’altra umanità. Ma senza
mai una nota di disprezzo o biasimo.
E quando è rondista, ricercato, non
smette di raccontare dal vivo, da inviato speciale, di cose viste. La vestizione
per la cena del governatore a San Tomé dà corpo alla liquefazione fisica
dell’europeo all’equatore. Molto anche riesce a vedere, seppure fuggevolmente.
Con l’aiuto di un fotografo compagno di viaggio, col quale la confidenza
stabilisce dandogli consigli pratici, da ex presidente della Cines. La verbena, i fuochi d’artificio portoghesi,
“una cerimonia” che dura anche tre e quattro ore. L’isolamento dei missionari.
La messa sul piroscafo, dal ponte, senza nessun fedele, senza nessuno nemmeno a
servire. Nell’economia della miseria le diseconomie del malgoverno. Il Mozambico
manca di manodopera, i mozambicani fanno più volentieri i frontalieri con la
Rhodesia e col Transvaal a regime inglese, dove guadagnano quel tanto che permetterà
loro di sopravvivere, e di pagare la tassa che il governo portoghese esige da
ogni vivente.
Un viaggio nelle solitudini e nel
silenzio: “Non appariva un’anima; ma di tanto in tanto sentivo tossire qualcuno
che non vedevo; ch’è il suono familiare dell’Africa, l’interpunzione dei suoi
tremendi silenzi”. Ha un lampo di genio anche, quando ritrova nei volti dei
giovani africani “l’origine di una pratica degli scultori egiziani, che davano
risalto e turgidezza all’attaccatura dei labbri”.
Un periplo da “civiltà
dell’impero”, ma con occhio partecipe, se non critico. In Africa c’era già stato
Gide a obiettare , e perfino Céline. Cecchi non lo sa, ma è buon cristiano, ed
è curioso. L’odore dell’Africa è ”lugubre e ubriacante”. La povertà va con la
bruttezza, e entrambe sconfinano nel caratteriale. La danza e il canto sono
poveri, e anzi miserabili. Ma l’approccio è diverso nella spenta letteratura di
viaggio italiana: è di cose viste. E si fa leggere, l’Africa c’è – anche ora
che è, forse, tutta cambiata. La prosa anche è moderna: spoglia, di cose – il
rondista dorme. riafiora
Uno dei pochi libtri di viaggio
sull’Africa che ancora si lege – si potrebbe, la riedizione Ricciardi è del
1955, per i settant’anni di Cecch. La prima e unica edizione delle
corrispondenze che Cecchi pubblicò al ritorno sul “Corriere della sera”.
Emilio Cecchi, Appunti per un periplo dell’Africa
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