Il mondo com'è (426)
astolfo
Aborto di genere – L’esposizione,
quando non la soppressione, delle figlie femmine in India e in Cina, a lungo
parte dell’eugenetica tradizionale nella famiglia patriarcale, è diventata
aborto selettivo. In India non si sa – si sa che si pratica, ma non se ne hanno
le cifre. In Cina la pratica è confermata dalle statistiche demografiche. Nei quaranta
anni dacché è stata introdotta la legge del figli unico (1979), per limitare la
crescita demografica, il numero delle donne è risulta vieppiù ampiamente
inferiore alla parte della popolazione di sesso maschile. In contrasto col dato
quasi biologico, certificato dalla demografia ovunque altrove, che dà ovunque
una preminenza della popolazione femminile su quella maschile, attorno al 52-54
per cento. In Cina la proporzione si è presto rovesciata: per ogni 100 donne
106 uomini. Una discrepanza che, nei numeri della Cina, significa quaranta
milioni di donne in meno. .
Lo
squilibrio è ancora più accentuato fra le generazioni più giovani: si contano
115 uomini ogni 10 donne fra i i 15 e i 24 anni, e 117 a 100, fino ai 14 anni.
Cassa del Mezzogiorno – Un istituto
speciale che presiedette per
trentacinque anni, dal 1950 a tutto il 1985 (fu abolita a marzo del
1986) allo sviluppo del Sud dell’Italia. Modellata sulla Tennessee Valley
Authority creata dal presidente americano F.D. Roosevelt nel 1933, nel quadro
delle misura anti-crac de 1929, per lo sviluppo della regione depressa del Sud.
Con un obiettivo analogo, di riequilibrio territoriale e sociale. Dismessa con
l’insorgere del leghismo in Italia, con ignominia ma senza colpa.
Una storia
resta ancora da fare - a trent’anni da quando lo storico pavese Carlo M.
Cipolla ne lamentava la mancanza (“Storia facile dell’economia italiana dal
Medioevo a oggi”. Ma, si sa, con qualche merito. “È troppo facile liquidare la
Cassa per il Mezzogiorno come inefficiente carrozzone clientelare”, lamentava allora
Cipolla a conclusione della sua “Storia facile”, “sulla base degli esiti recenti
della presenza pubblica nel Sud”. E intendeva: al riscontro degli “esiti
recenti” di una politica che ha fatto a meno della Cassa. “In realtà”, continuava
Cipolla, “uno studio serio sul suo impatto politico-sociale oltre che economico
deve ancora essere effettuato e non potrà ignorare il fatto che, per la prima
volta dall’unificazione, il Mezzogiorno d’Italia uscì dal suo profondo
isolamento e sperimentò una crescita del reddito uguale alla media nazionale”.
Gournay – Scuola di
Gournay è la “scuola” di economia del primo Settecento in Francia che si
rivaluta da qualche tempo come iniziatrice - comunque teorica - del libero
scambio. Prima ancora della scuola scozzese, di Hutcheson e Adam Smith. Prende
il nome da un commerciante di export-import, poi anche Intendente di commercio,
(Jacques-Claude-Marie-)Vincent de Gournay, che nella breve vita (1712-1759)
elaborò il fondamento dell’economia attuale, basata sullo scambio – sul libero commercio
e il consumo: della globalizzazione. Autore supposto del celebre motto
“laissez-faire” – in origine “laissez faire, laissez passer”. Degli scambi cioè
senza restrizioni, né di tariffe (dazi) né di contingenti, come è al fondamento
della globalizzazione.
Gournay
è coautore certo del Tableau Économique del Quesnay, che si pone a fondamento
della scienza economica. E quindi suppostamente vicino ai fisiocrati, i teorici
che la ricchezza ponevano nella natura, cioè nell’agricoltura. Da cui però si
distingue in modo netto, teorico al contrario della “scienza del commercio”. Il
“Quadro” di Quesnay, delle interrelazioni che presiedono all’accumulo, alla
crescita della ricchezza, si ispirava alla teoria dei cicli che François Véron Duverger
de Forbonnais veniva di abbozzare. Ma si costruiva sullo “Zig-zag”, una raffigurazione
sinusoidale dell’accumulazione elaborata da Gournay con Richard Cantillon. In
anticipo su Adam Smith, i francesi Quesnay, fisiocrati e Gournay si occuparono
delle fonti e dei meccanismi di creazione della ricchezza.
Dai
17 ai 31 anni a Cadice, al fondaco di famiglia, membro influente dei circoli
finanziari della città andalusa, Gournay aveva frequentato la corte di Spagna,
allora fulcro del mercantilismo, e su questo background aveva cominciato ad elaborare l’idea opposta, del libero
scambio. Rientrato in Francia, aveva convinto il notabilato mercantile di Cadice
a rimpatriare gli attivi sudamericani per investirli più convenientemente in
Francia: 200 milioni di sterline furono investiti in Francia. Alla guida degli
affari di famiglia, studiò poi molto, specie gli economisti del Seicento,
l’inglese Josiah Child e l’olandese Johann de Witt, e viaggiò, per rendersi
conto delle novità economiche, in Austria, Olanda e Inghilterra, dove fu in
relazione con Robert Walpole, il whig primo premier, e per ben venti anni, con due re, e il diplomatico e intellettuale Lord Chesterfield.
Gournay, un nome si
direbbe innovatore. Gournay
è un nome evocatore anzitutto di Montaigne. Marie de Gournay, prozia dell’economista
(entrambi traggono il nome da Gournay-sur-Aronde, il feudo di cui l’economista
era marchese), era stata un secolo prima la “figlioccia”(fille d’alliance) di Montaigne. Ed è nella storia come la prima femminista,
autrice di un manifesto “Dell’uguaglianza degli uomini e delle donne” e di una “Lagnanza
delle donne”. Una ragazza non bella e presto in fama di “preziosa”, che giovanissima
aveva scritto a Montaigne per elogiarne la prima edizione dei “Saggi, ne aveva
suscitato la curiosità e quindi l’amicizia e una copiosa corrispondenza. Fino a
diventare la curatrice della sua opera - nel 1592, alla morte, la moglie e la figlia ne affidarono a
lei le carte, compresa l’opera sempre in
progress dei “Saggi”.
Montaigne
conobbe Marie de Gournay dopo la seconda edizione dei “Saggi”, 1582, i primi
due libri della raccolta. La diciottenne Marie de Gournay gliene scrisse
entusiasta, i due s’incontrarono più volte e Montaigne fu, oltre che lusingato,
sinceramente interessato dalle doti di carattere e d’intelligenza della
giovane. La dichiarò sua figlia spirituale e ne introdusse un elogio al cap.
XVII del libro secondo dei “Saggi”, che intitolava “Della presunzione”: “Mi
sono compiaciuto di dichiarare in molte occasioni le speranze che ripongo in
Marie de Gournay Le Jars, mia figlia spirituale: e certo da me amata molto più
che d’affetto paterno e inclusa nel mio ritiro e nella mia solitudine come una
delle parti migliori del mio stesso essere. Non considero più che lei al mondo.
Se dall’adolescenza si può trarre presagio, quest’anima sarà un giorno capace
delle cose più belle e tra le altre della perfezione di quella santissima
amicizia alla quale non abbiamo notizie che il suo sesso abbia potuto finora
innalzarsi. La schiettezza e l’integrità dei suoi costumi vi sono già di per sé
sufficienti, il suo affetto per me più che sovrabbondante, e tale insomma che
non c’è nulla da desiderare, se non che il timore che essa ha della mia fine,
poiché mi ha incontrato quando avevo cinquantacinque anni, la tormenti meno
crudelmente”. Più ancora è lusinghiero nel seguito: “Il giudizio che essa dette
dei miei primi Saggi, da donna, in questo secolo, e così giovane, e sola nel
suo paese, e lo straordinario ardore con cui mi amò e mi desiderò a lungo per
la sola stima che aveva di me, prima di avermi visto, è un fatto di degnissima
considerazione”. Questa professione di amitié amoureuse ricorre nell’edizione 1595 dei “Saggi”, postuma,
curata dalla stessa Marie, allora trentenne.
Marie de Gournay
vivrà fino a ottant’anni, età per i tempi prodigiosa, e a sessanta, in difesa
del “sesso malmenato”, avanzerà per le donne il diritto all’istruzione, il
diritto a governare, e il diritto al sacerdozio – anticipando il detto che sarà
attribuito a Voltaire: “Dio non è né maschio né femmina”.
Licantropia – Una patologia
di cui si sono perdute le tracce, che pure tanta letteratura, anche
scientifica, ha prodotto. Genericamente inteso come una forma di delirio, un “delirio
di trasformazione somatica”, che induce a credersi trasformati in animali – non
necessariamente in lupi, come la denominazione clinica sottende. A lungo
ritenuta una forma di magia, viene classificata tra le malattie mentali dal
1615, data di pubblicazione del trattato “De la lycantropie, transformation et extase des sorciers” cioè
dei maghi, del medico francese Jean de Nynauld. Che così la descriveva: la licantropia è una malattia
chiamata o malinconia, o follia lupesca, oppure licaonia, o cinantropia. I
licantropi escono da casa di notte e seguono i lupi come i cinantropi i cani;
sono pallidi e hanno gli occhi infossati; non vedono che oscuramente come se
fossero attorniati da tenebre; hanno la lingua molto secca; hanno sete; non hanno
alcuna saliva in bocca.
Paramnesia - È la penosa e brusca
impressione di avere già vissuto il tempo presente. Scientificamente
repertoriata come “disturbo della memoria”, e divisa in allomnesia, ricordi
incompleti, o allocati erroneamente nel tempo o nello spazio, e pseudomnesia,
ricordi di fantasia (affabulazioni, dejá vu, ricordi sbagliati, ricostruzioni
arbitrarie. Di fatto è alla base delle dottrine della trasmigrazione delle
anime, e del tempo circolare.
SS donne – Se ne
registrano almeno tre in Italia nel racconto storico “Partigia” di Sergio
Luzzatto. La “fantomatica” (p. 231) baronessa von Hodenberg, “direttrice della
Gestapo” a Torino e in Piemonte, secondo i collaborazionisti. Una Annabella,
reclutatrice di spie per conto dei tedeschi a Savona. E la sua “corrispondente”
a Pistoia, Albertina Porciani, maestra di scuola, che negli interrogatori alleati
è detta” stupid impressionable youg woman”.
astolfo@antiit.eu
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