Letture - 456
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Asino
– Tomasi di Lampedusa lo vuole femmina in siciliano
(“Ricordi d’infanzia”): “Attorno caracollavano gli asini (anzi «i scecche»
perché in siciliano l’asino è quasi sempre femminile, come le navi in inglese)”.
Braciere
– I cugini Piccolo di Tomasi di Lampedusa a Capo d’Orlando
non avevano il riscaldamento né il camino, d’inverno si scaldavano al braciere –
“Quando conobbi i Piccolo (1953), la loro villa non aveva il riscaldamento centrale
e nel salone veniva portata la braciera”, ricorda Gioacchino Lanza Tomasi in nota
ai “Racconti” di Tomasi di Lampedusa.
Nella stessa nota GLT spiega il braciere, “braciera”
in siciliano, un artefatto indispensabile in tutte le famiglie che non
disponevano di una caminetto, in tutto il Sud fino a tutti gli anni 1950, e
anche 1960, che è utile ricordare a futura memoria: “Gran parte delle case
antiche nella mia giovinezza (GLT è del 1934, n.d.r.) erano ancora riscaldate
con la «braciera», consistente in una sorta di grande teglia bassa in lamiera
di ferro del diametro di 40-50 centimetri. Questo recipiente aveva bordi larghi
che poggiavano su un tripode di misura adeguata in ottone, con piedi a zampa
leonina”. GLT lo ricorda anche coperto da una “campana in ottone traforato”,
per mantenere e diffondere il calore, che però per lo più era sostituita da una
gabbia in ferro ottone, di spazi quadrati o rettangolari molto larghi, per
evitare cadute incidentali, specie dei bambini, sulla brace. “La teglia veniva
riempita con brace di carbone di legna”, continua GLT: “In inverno la famiglia
si disponeva attorno alla braciera: si posavano i tacchi su uno spesso fascione
a cerchio in legno di castagno e si appoggiavano le suole sulla campana”. Con l’avvertimento:
“Le esalazioni di ossido di carbonio dalla braciera erano evidentemente
tossiche, e si doveva stare attenti all’aerazione”.
Ma nessuna abitazione aveva – ha - le imposte a tenuta
stagna, gli spifferi possono anche essere notevoli. Si appoggiavano i piedi
senza scarpe, in realtà – da cui il rischio di geloni, che colpivano i talloni,
per i passaggi repentini dal caldo al freddo (malanno soprattutto dei bambini,
scomparso con la scomparsa dei bracieri).
Più spesso il braciere delle case di abitazione
aveva il bordo largo in ottone, sbalzato, con maniglie anch’esse in ottone che
consentivano di maneggiarlo. Era uno dei manufatti più ricorrenti degli zingari
“calderai – allora i rom, quasi stabilizzati in tutto il Sud, avevano mestieri
e funzioni: artigiani del ferro e dei metalli (del fuoco), cavallari (fiere di
cavalli, muli, asini), mediatori. Il braciere si ad agiava su una base ottagonale
o circolare di legno di castagno (il “fascione a cerchio in legno” di GLT), una
sorta di pedana larga giro giro, in modo da accogliere la famiglia, di
consentire a più persone di poggiare i piedi sul brodo rialzato, e\o tendere le
mani al calore della brace.
Camurria
– È gonorrea – Gioacchino Lanza Tomasi, nota 89 ai “Racconti”
di Tomasi di Lampedusa: “Adoperato per indicare una seccatura cronica”, la parola
sta per “malattia venerea (scolo, gonorrea) nel dialetto siciliano”.
Doc
– È spesso insincera, o di fantasia. Non solo per i
vini. Zuppa inglese, insalata russa sono i più comuni, che non hanno di che spartire
con l’Inghiltera e con la Russia. Pochade,
parola francese comune in italiano per
dire una commedia leggera, di avventure grasse, non è in uso in Francia, lo stesso
“articolo” viene chiamato vaudeville –
nel vocabolario francese pochade è “schizzo
a colori dipinto con pochi colpi di pennello”.
“All’inglese”, o “all’olandese”, per comportamenti scorretti, sono comuni
rispettivamente in olandese (e nelle lingue continentali: italiano, francese,
tedesco), e in inglese.
Gattopardo
– Un “libello storico” arriva a definirlo Gioacchino
Lanza Tomasi, nel suo continuo peregrinare attorno al padre adottivo e al suo
vero “figlio”. Forse in un momento di malumore. Però.
È il romanzo della delusione. Anche di chi patriota
non poteva essere al momento dell’unità - ma probabilmente non lo sarebbe stato,
anche a distanza da Teano. Dell’unità che è stata, dice incauto a un certo punto
il sabaudo Chevalley di Monterzuolo, “la felice annessione”.
Manomorta
– La “facile” costituzione della borghesia italiana
dopo l’unità, a danno del patrimonio ecclesiastico comodamente nazionalizzato a
favore dei “nuovi ricchi”, è spiegata da Tomasi di Lampedusa, seppure con
occhio reazionario, nel racconto “I gattini ciechi”. Il cannibalismo degli
Ibba, i nullatenenti diventati con l’unità grandi e grandissimi padroni, faticoso
e stentato i primi tempi, esplode con la manomissione dei beni ecclesiastici: “Raggiunto
il traguardo delle prime centomila lire tutto si era (poi, n.d.r.) svolto con la
precisione di un congegno meccanico: i beni ecclesiastici, acquistati pagando
le prime due rate del loro miserevole estimo, si erano avuti per un decimo del
loro valore; i caseggiati, le sorgive in essi contenute, i diritti di passaggio
che essi possedevano (e di servitù, n.d.r., si può aggiungere) resero quanto
mai facile l’acquisto dei beni laici circostanti, svalutati; i forti redditi accumulati
permisero la compra o l’esproprio di altri più lontani terreni”.
Questo, l’accumulo facile, è alla base della sostituzione
al Sud dell’economia criminale su quella legale, almeno fino a tutti gli anni
1990, malgrado i primi provvedimenti di confisca – fino a 20-25 anni fa le
condanne si si risolvevano amministrativamente in “sequestri”, che i beni lasciavano
nella disponibilità dei condannati.
Pavese
– È sempre hanté
dall’inadeguatezza. A lungo, oltre mezzo secolo, come uomo, per via del
suicidio. Ora, in questo revival favorito dalla liberalizzazione
dei diritti (ogni editore ha qualche Pavese in catalogo), per via del mancato
impegno in guerra: della mancata partecipazione ala Resistenza, benché
tesserato del Pci, e anzi della titubanza tra Salò e la Resistenza. Anche se di
questa titubanza si sa solo perché lui l’ha voluta testimoniare. In un “diario
segreto” che però ha lasciato – e che era noto da almeno trent’anni. Ma vale per
lui, come pure per Calvino su altra sponda, la tentazione di vederci il segno,
o l’emersione, di una delusione culturale e ideale, prima che ideologica, o
politica, a pochi anni dalla fine della guerra. Della caduta delle illusioni.
Più forte per gli intellettuali sensibili, Pavese, Calvino, se la speranza era
stata coltivata nel Pci, nella sua gabbia di ferro ideologica.
È marcato dal suicidio: la sua fine è la sua nascita,
come autore. Misterioso, minaccioso. Sotto il sigillo funebre. Di una vita
invece vivace, briosa, coraggiosa – perfino sfrontata, nella sicumera con cui
affronta Walt Whitman e i suoi scritti nella tesi di laurea, ad appena ventuno
anni. Nella scrittura, nel lavoro editoriale, nelle frequentazioni, i gusti. Ma
poi presto passiva, perfino impaurita. Scandita singolarmente dai rifiuti in
amore. Tutti registrati. Che ogni volta lo lasciavano perplesso, più che
reattivo - adirato, sprezzante. Per esempio quello di Constance Dowling,
scandito dalle poesie tristi, rassegnate, terribili già nel titolo, “Verrà la
morte e avrà i tuoi occhi”.
Piccolo
– I tre cugini di Tomasi di Lampedusa a Capo d’Orlando,
figli di una sorella dell’amatissima Madre, maiuscola, ricordavano all’autore
del “Gattopardo” in cerca di “casa” (la sua, comprata con la moglie, non gli
piaceva) l’infanzia felice a Santa Margherita Belìce, con l’accento sulla i, e
per questo li andava a trovare spesso.
Nelle
estati a S. Margherita, annota in “Ricordi d’infanzia”, “al mio capezzale pendeva
una specie di bacheca Luigi XV”, con la Sacra Famiglia. “Questa bacheca”,
spiega, “si è miracolosamente salvata e pende adesso al capezzale del letto
nella stanza della villa in cui dormo dei miei cugini Piccolo a Capo
d’Orlando”. Aggiungendo: “In questa villa del resto ritrovo non soltanto la
«Sacra Famiglia» della mia infanzia, ma una traccia, affievolita certo ma
indubitabile, della mia fanciullezza a S.
Margherita e perciò mi piace tanto andarvi”.
Gioacchino Lanza Tomasi ricorda, annotando i “Racconti”
di Tomasi di Lampedusa, che Lucio, il poeta, aveva “una serie di aneddoti
margaritani” su quella stagione.
letterautore@antiit.eu
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